I soldati americani che non vogliono uccidere

I soldati americani che non vogliono uccidereL'USO DELLE ARME IX COMBATTIMENTO I soldati americani che non vogliono uccidere Soltanto una metà della truppa fa fuoco • L'inibizione civile e religiosa • Esperienze in Corea - Pareri di psichiatri ed ecclesiastici - Il combattente dovrebbe disfarsi della propria identità individuale ed accettare una "psicologia di gruppo,, (Jli americani hanno scoperto che, in un'unità di fanteria impegnata in combattimento, meno della metà dei soldati di cui è costituita fanno uso delle armi. Un articolo uscito nel periodico « Colliers » dell'8 novembre 1952 aveva dato una visione d'insieme del problema. Il suo autore, Bill Davidson, aveva interrogato In proposito un gran numero di ufficiali e di sottufficiali, di storici e di critici militari, di medici e di psichiatri, e (manco di ecclesiastici. Ma il suo studio si fondava soprattutto dui risultati delle ricerche del generale di brigata S. L. A. Marshall, che per primo si avvide di tale fenomeno e che fu incaricato dalle autorità militari di studiare il problema, in collegamento con gli specialisti dell'«Operatlon Research Office». Poco dopo il suo sbarco sull'isola di Makin, durante la guerra del Pacifico, il 3° battaglione del 165° reggimento americano di fanteria cadde, durante la notte, in un'imboscata tesagli dai giapponesi. Esso sfuggi all'annientamento grazie all'azione del soldato Morris Schwartz, che, impadronitosi d'una mitragliatrice abbandonata, decimò, durante l'intera notte, le file degli assalitori. Il giorno dopo, il generale Marshall ricevette intorno all'azione i rapporti più contraddittori. Un tenente affermò di esser stato lui a dare allo Schwartz l'ordine di adoperare la mitragliatrice; Schwartz sostenne, invece, che il tenente non si trovava nemmeno nei paraggi e che egli aveva agito di sua iniziativa. Deciso a stabilire la verità, Marshall radunò l'intero battaglione e ordinò a ciascun soldato di riferire quel'che aveva visto e fatto durante l'azione. Ne risultò non solo che Schwartz aveva detto la verità, ma che il metodo cui era ricorso Marshall era un ottimo metodo per ricostruire con esattezza lo svolgimento d'un combattimento, perchè ogni soldato si ricordava di qualche coaa, che trovava poi il suo posto nella ricostituzione del puzzle. Fatto ancor più importante: Marshall constatò che '— circondato dai suoi commilitoni e ossessionato dal ricordo di quelli caduti — il soldato non poteva mentire. Senza sparare un colpo Inoltre, egli si rese conto che, sul migliaio circa di uomini che componevano il battaglione, trentasette soltanto avevano sparato. Vero è che si trattava d'un battaglione poco agguerrito. Ma, alcune settimane dopo, nell'isola dì Chance, nell'arcipelago delle Marshall, egli condusse un'inchiesta analoga a proposito di un'azione compiuta dal gruppo di ricognizione della 7* divisione di fanteria: gruppo veramente d'elite. Orbene, su cento uomini che avevano preso parte all'azione, quattordici soltanto avevano partecipato alla sparatoria che aveva messo in rotta il nemico. Qualche tempo dopo, il generale Marshall ebbe occasione di fare le medesime .osservazioni sul fronte europeo. In Normandia, egli constatò che solo il venticinque per cento dei paracadutisti (che pur sono truppe scelte) facevan fuoco nel corso del combattimento. Un po' prima della fine delia guerra, egli ebbe modo d'interrogare collettivamente molte centinaia di unità via via che tornavano dalla prima linea; e rilevò che la percentuale dei tiratori oscillava tra il dodici e il venticinque per cento. Nel dopoguerra, egli scrisse sulla questione un'opera che spinse i capi dell'esercito americano a Introdurre alcune delle sue raccomandazioni nei programmi d'istruzione militare. Quando scoppiò la guerra di Corea, Marshall fu inviato al fronte per riprendervi la sua inchiesta. Questa volta, egli rilevò un certo miglioramento: «Nella compagnia di fanteria tipica in Corea, dal dodici al venti per cento dei soldati non solo partecipano al tiro, ma dimostrano un 'certo spirito di iniziativa; inoltre, dal venticinque al trentacinque per cento prendono una certa parte al combattimento, facendo fuoco più o meno Irregolarmente >. Le testimonianze indirette raccolte, a sua volta, dal Davidson presso dei sottufficiali di fanteria distintisi per il loro eroismo in Corea giungono alla stessa conclusione. « Quante volte — ha dichiarato per esempio un sergente, John Williams, — mi sono dovuto trascinare carponi da una buca (foxhole, tana da volpe) all'altra per ottenere che metà della mia sezione facesse fuoco! Spesso dovevo prender io la mira e premere io il grilletto del fucile di questo o quel soldato». Gli istinti repressi Il Davidson cita il caso di una intera sezione del 38° reggimento di fanteria, che aveva reso possibile al nemico una rottura del fronte per la semplice ragione che dalle sue file non era partito un solo colpo; e quello, particolarmente drammatico, della 2' Divisione di fanteria, metà dei cui effettivi si sono lasciati sterminare dai cinesi, sul colle di Karhion, senza sparare un solo colpo: eccezion fatta per un sergente del 3° reggimento che, impossessatosi di un mortaio da 81 mm., lo piaz¬ zò in mezzo alla strada su cui crepitavano le pallottole nemiche, e si mise a sparare da solo. Secondo 1 psicologi interrogati dal Davidson — e, in particolare, secondo il prof. Raymond W. Waggoner, capo della sezione di psichiatria all'Università di Michigan e consulente pBichiatrico del direttore del cSelective Service», e il dottor Prohlich, insigne specialista dei traumi mentali dei combattenti, — le ragioni di questo singolare fenomeno sarebbero le seguenti. « Ogni bambino nasce avendo tendenze aggressive. Ma i suoi istinti violenti vengono subito repressi dai suoi genitori e dai suoi congiunti. Man mano ch'esso cresce, le inibizioni traggono nuova forza e alimento dal tabù culturali (« la persona educata non va mai in collera»), dagli imperativi religiosi («Tu non ucciderai ») e dal timore delle sanzioni della legge. L'animo del ragazzo non cessa, nel corso del suo sviluppo, di lavorare inconsapevolmente a reprimere In sè qualsiasi desiderio di uccidere. Poi, un bel giorno, diventato uomo, gli si fa Indossare una divisa militare e gli si comanda di recarsi ad ammazzare I suol simili. Un giovane su due non riesce a superare l'Inibizione acquisita ». Gli stessi psichiatri suggeriscono tre metodi, da combinarsi insieme, per condurre i combattenti a far uso delle loro armi: 1) condurre I soldati a « disfarsi delle loro identità individuali favorendo la formazione e il funzionamento di una psicologia di gruppo o di massa (mob psychology) »; 2) far sentire a ciascuno che, « poiché veste l'uniforme e fa parte integrante di un gruppo che esso ama e rispetta, in un modo o nell'altro è bcptpcmsovncvsiqbmcresnfmazdgofadrmssaasdmcnsldpèni n 11 ; n 1111 n 111 mi li i Mii i r il li ili 111111111 ! i < 1111111 il ri bene (somehow it is Tight) che si unisca agli altri nel'superare le inibizioni concernenti l'atto di ucciderei; 3) dotare i soldati di « capi paterni (fatherlike leaders), ch'essi considerino come sommamente forti, saggi e giusti, sicché essi ne accettino gli ordini anche quando questi vadano contro i tabù concernenti l'atto di uccidere ». In accordo con queste indicazioni, l'esercito americano va prendendo attualmente disposizioni che concernono sia il metodo di reclutamento dei quadri che la tecnica del combattimento. Tali disposizioni mirano a selezionare i capi secondo le loro attitudini naturali di condottieri di uomini; e a evitare al combattente il sentimento della sua solitudine. Così gii ufficiali e sottufficiali dovranno fare continuamente la spola tra i foxholes, allo scopo di assicurare il funzionamento della « psicologia di gruppo». Se possibile, bisognerà che almeno due uomini occupino lo stesso foxhole. Infine, -è opportuno che i soldati abbiano a gridare e a cantare durante 11 combattimento. Il fenomeno del non sparare è un fenomeno specificamente americano? A tale quesito il generale Marshall risponde: «In Russia, dove si attribuisce minor importanza alla vita individuale e la morte violenta è più frequente, i soldati acquistano, nel corso della loro educazione, un numero minore d'inibizioni concernente l'atto di uccidere. Ma non credo che II cento per cento dei soldati russi sparino; non credo anzi che una simile percentuale sia possibile in nessun esercito del mondo. Ritengo che il massimo cui possiamo sperare di giungere è di portare la nostra percen- i iiisii i il 11111 h ) i n 11 il il i ri 111 n i m il il n in 111 ( Mi in b tuale di tiratori al settantacinque per cento ». Il Davidson, che è molto sensibile agli aspetti etici" del problema, ha consultato, su questi molti ecclesiastici. Tutti gli hanno risposto: « In una lotta di vita o di morte, è talvolta necessario' spezzare l'involucro di moralità e di civiltà che avvolge l'animo umano. Ma, passata la crisi, se l'involucro è solidamente concepito costruito, esso si ricostituirà facilmente di nuovo, in guisa da ricoprire per sempre l'essere primitivo e barbarico che sopravvive nel fondo di ciascuno di noi ». Michel Vinayer

Persone citate: Bill Davidson, John Williams, Makin, Michel Vinayer, Morris Schwartz, Raymond W. Waggoner, Schwartz

Luoghi citati: Corea, Normandia, Russia