Un milione di giovani voteranno per la prima volta di Vittorio Gorresio

Un milione di giovani voteranno per la prima volta LE «NUOVE LEVE,, ALLE ELEZtONl DEL 7 GiVGXO Un milione di giovani voteranno per la prima volta Sono i nati dal 1928 al 1932, quando il Tribunale Speciale fasciata ristabilì la pena di morte e furono sciolte le organizzazioni cattoliche - La fucilazione di chi "pensava,, di attentare al ''dittatore,, - Le sedi cristiane devastate dalle "squadre punitive,, Roma, 13 maggio. Circa un milione di elettori giovani il 7 giugno voteranno per la prima volta nella loro vita, essendo nati tra il 1928 e il 1932, e quindi avendo toccato la maggiore età, che la legge richiede, nel quinquennio che va dal '48, la data delle ultime elezioni, al cominciare dell'anno in corso. Sembra difatti, stando ai rilevamenti dell'Istituto Nazionale di Statistica, che siano circa 200 mila i giovani e le giovani che in Italia diventano ógni anno maggiorenni. Ma non è tanto la esattezza della cifra che interessa, quanto piuttosto il fatto che giusto attorno ad un milione è valutato dagli esperti il numero dei voti a riguardo dei quali. non si possono fare previsioni. La nostra esperienza Io non- dico con .questo che si debba immaginare che saranno i voti « freschi » degli elettori giovani a determinare una soluzione invece di un'altra nella battaglia che si sta combattendo: ma questa cifra o del milione si fissa nella mente come un numero magico, e dal pensare che essa corrisponde al contingente degli elettori di leva può nascere nell'animo un sottile turbamento. Che cosa abbiamo detto ed insegnato al milione dei nuovi giovani?, che cosa abbiamo fatto perchè capissero il significato della nostra esperienza? Forse neppure sanno, t nati del '28, che, quando nacquero, in Italia si inaugurava la pena di morte. Michele Della Maggiora, un bracciante della Valdinievole venne difatti fucilato il 18 ottobre del 1928 contro il muro del cimitero di Ponte Buggìanese. Tubercolotico di guerra, bastonato da intrepidi squadristi tutte le volte che si compivano le spedizioni punitive nelle campagne pistoiesi tra Pescia, Ponte Buggianese e Borgo a Bug giano, era stato bandito dal paese ed aveva cercato per disperazione rifugio in Francia. Tornato in patria per uguale disperazione, si trovò « boicottato » nel paese. « Riga diritto, se no ti mandiamo al confino!>, si sente dire. Per lui non c'è lavoro, perchè è un eretico. Deve vivere di sotterfugi, di contrabbandi e d'inganni. Un giorno, esasperato, sparò due colpi di rivoltella contro due suoi persecutori e li ammazzò. Era un delitto paesano che doveva restare nel quadro di una spicciola criminalità politica, ed il suo autore comparire alla Corte d'Assise per duplice omicidio; da condannarsi Quindi a trent'anni o magari all'ergastolo: « Ma Mussolini — scrive Cesare Rossi — si struggevi dalla voglia di inaugurare la pena di morte. Aveva pensato di scegliere un capo comunista* ma non erano apparsi idonei alla bisogna i capi d'accusa elevati contro Terracini, Gramsci, Scoccimarro... Occorreva ripiegare su un qualsiasi imputato. Così quel povero bracciante disoccupato Della Maggiora fu sottratto ai suoi giudici naturali, portato avanti al Tribunale Speciale, imputato di < avere freddamente calcolato di uccidere i fascisti » (cosi all'ingrosso) e condannato a morte. Spezzati i crocifissi E passarono gli anni, e gli infanti crescevano, ed ai 6ini> bi del '28 altri se ne aggiungevano. Cosi vedevano là luce gli elettori che oggi contano 22 anni, nati nel 1931, che fu la data di una seconda condanna a morte pronunciata dal Tribunale Speciale contro l'anarchico Michele Bchirru, colpevole, confesso, di aver avuto l'intenzione di attentare alla vita di Benito Mussolini. Per questo, appunto, lo fucilarono': perchè bastava, come disse il Pubblico Ministero del Tribunale Speciale, la « preordinazione », anche perchè la confessata tendenza alla violenza corroborava la volontà omicida dell'imputato. Fu riferito allo: ra dai giornali, anzi esaltato, il contegno della sorella di Michele Schirru, Antonietta Licheri. Era la segretaria del fascio femminile di Noragugume. ne, e in tale veste scrisse una lettera al segretario federale di Sassari per ottenere che < quel rinnegato assassino, non sardo e non italiano », fosse radiato dalla famiglia. A questo punto, tutti i giovani elettori italiani che giustamente si sono scandalizzati, tempo addietro, alla notizia che figli e familiari degli ul timi impiccati di Praga avevano chiesto la condanna dei loro parenti, dovrebbero meditare sul caso di Antonietta Lichen, segretaria del fascio femminile di Noragugumene riconoscendo la assoluta equivalenza fra tutte — nessuna esclusa — le dittature. Tanto per completare questa specie di elenco, aggiungeremo ancora i nomi dì Angelo Pellegrino Sbardellotto e di Domenico Bovone, ambedue accusati di aver avuto la solita intenzione di attentare alla vita di Benito JrfussoWni e per aues'o reato di pensiero condannati a mirte, e fucilati in dtemzipCdlaigr1cscbfeilslustqqlclfigbcnscscgcPmspiglndrdaveiclstorzgdcscllsrsmt■rl—ldarnoaeeuno stesso giorno, 17. giugno ' del 1932, nel recinto di un forte del Comune di Roma, come fu precisato da una notizia affissa negli albi municipali di tutti i Comuni d'Italia. Così si può concludere il ciclo di quegli anni che hanno visto la nascita degli elettori nuovi, ignari del passato, che hanno raggiunta la maggiore età nel 1953. C'è la tendenza, tuttavia, a considerare che qualunque cosa si faccia contro avversari come i comunisti, sia fatta bene, perchè lo scopo di difendere una società costituita, ed i suoi vai-ori tradizionali, ed il suo retaggio di civiltà, giustificherebbe senz'altro qualunque procedimento di lotta senza esclusione di colpi. La tesi è discutibile, ma non è questo il luogo per discuterla: qui sarà il caso, invece, di parlare di quegli altri obbiettivi che in quegli stessi anni quella medesima dittatura si prefiggeva di colpire. Anno 1931: in quello stesso mese di maggio durante il quale si celebrava il processo contro Michele Schirru, e precisamente nei giorni fra il 22 e il 31, in sedici città e quattro provin ce venivano devastate dai fascisti le associazioni cattoliche, spezzati i crocefissi, sfregiate sacre immagini, stracciati e calpestati ritratti del Papa tra grida di abbasso e di morte. « Fucilare i vescovi » Il Papa stesso, allora Pio XI, si fece cronista di quelle imprese in una enciclica, che è intitolata *Non abbiamo bisogno », scritta direttamente, fra le poche, in una lingua moderna anziché in latino, perchè ai destinatari arrivasse più chiara ed intelligibile. Era stato deciso lo scioglimento delle associazioni giovanili ed universitarie dell'Azione Cattolica, ed esso fu eseguito — scrisse il Papa — « per vie di fatto e con procedimenti che dettero l'impressione che si procedesse contro una vasta e nerico tosa associazione a delinquere... Quante durezze e violenze fino alle percosse ed al sangue, e irriverenze di stampa, di parola e di fatti, contro le cose e le persone, non esclusa la Nostra, precedettero, accompagnarono e susseguirono l'esecuzione dell'improvvisa poliziesca misura... E tutto otte sto triste contorno di irriuerenne e di violenze doveva essere con tale intervento di elementi e di divise di partito, con tale unisona da un capo al¬ l'altro d'Italia, e con tale ac quiescenza delle autorità e forze di pubblica sicurezza da far necessariamente pensare a disposizioni venute dall'alto ». In questi giorni i giovani elettori sono invitati dalla stampa cattolica a scandalizzarsi ver le iniziative che i comunisti, reiteratamente, vanno prendendo col denunciare all'autorità giudiziaria i vescovi italiani ritenuti colpevoli di abuso nelle lóro funzioni di ministri di un culto, in quanto esorterebbero i fedeli a votare per questo anziché quel partito. Il presidente dell'Azione Cattolica, professar Gedda, ha definito l'iniziativa di simili denunce come « blasfemo atteggiamento », per contro assicurando l'esistenza nel cattolici di « un sentimento di ammirata solidarietà per questi vescovi che hanno l'onore di soffrire la persecuzione da parte dei nemic\ della Chiese e che subiscono una calunniosa diffamazione*. Il professore avverte ancora che questo fatto delle denunce « è un indice di quale sarebbe il comportamento del comunismo verso la religione e verso la Chiesa se potesse in qualche modo afferrare il timone della vita pubblica ». Nessun dubbio su ciò: ma un bravo difensore della Chiesa, dei vescovi e del Papa avrebbe forse potuto cogliere questa buona occasione per avvertire i giovani elettori nati nel 1931 che neppure ai fascisti si può far credito, poiché fascista era il giornale La Gazzetta che uscì il 12 luglio di quell'anno con questa frase: « Vogliamo dare la misura della nostra cieca devozione: se il duce ci ordinasse di fucilare tutti i vescovi non esiteremmo un istante. Se nelle nostre file Cè qualcuno che per avventura non fosse di questa tempra, il Papa se lo prenda pure ». Sarà blasfemo il denunciare un vescovo, come stanno facendo quei miscredenti di comunisti, ma offrirsi in massa per fucilarli tutti è qualcosa di peggio. Non ci sembra possibile che il professor Gedda non sia d'accordo su questo punto, anche perchè, stando alla giurisprudenza del Tribunale Speciale, è sufficiente la « preordinazione » a stabilire l'esistenza di un delitto. Perciò facciamolo sapere agli elettori giovani, nati negli anni delittuosi della rimpianta dittatura. Vittorio Gorresio