Un viandante di Natale di Giulio Caprin

Un viandante di Natale Un viandante di Natale Con un vecchio amico coevo si rammemoravano i nostri, tanti, passati Natali. I soliti Natali in famiglia, briosi o melensi, qualche Natale fra stranieri, ospiti di festa altrui, nostalgici. Convenimmo che, alla nostra età, alla festa della Natività è preferibile la Pasqua, quando il divino Infante, nato in una notte d'inverno, è già vissuto, morto in crcce, e in un sole di primavera risorge. Ciò che al cristiano dà il coraggio di—vivere per morire, è l'idea cne Uno, nato e morto nella n.^ira stessa carne, è risorto. Però — disse l'amico - fra j miei vecchi Natali, che rammento e non rammento, ne ritrovo uno, da ragazzo, che mi ritorna come una favola di Natale. Me la rileggo volentieri. Ero, a nove anni, un ragazzo a cui piacevano le favole dove succede qualche cosa che a me non succedeva mai. Da poco mi trovavo in un paese nuovo, figlio unico, con i miei genitori. Sono morti così presto i miei genitori che me li rivedo giovani, stupiti di avere un figlio così vecchio. Da una città, che allora mi pareva indicibilmente lontana, eravamo dovuti venire a stare lì in una campagna toscana. Era il primo inverno che ci passavamo, in una villa antica e scomoda, con stanze, per me, troppo vaste e nude, lungo una strada in collina che arrivava attraversando un bosco di pini e di cerri. E per i campi, da ogni parte, i cipres-: si, ai quali non avevo ancora fatto l'occhio e mi facevano pensare ai cimiteri. Quel primo Natale come in esilio, senza i compagni, i parenti, i volti degli altri anni mi si annunciava festa poco festosa. Li quel paese non usavano allora gli abetini con le candeline accese tra cascami di argento che fingono la neve. Avrei voluto che per Natale nevicasse. Invece era un freddo sereno con belle ore di sole. Spogli erano i campi, ma sugli stecchi delle s : : alitavano allegri degli uc..; minuscoli, che erano Sv.i-Lilili. La vigilia, sul tramonto, ritornavamo a casa, Papà e io, per la strada del bosco. Dalla mattina il cielo era tutto ingrigito e l'aria pungeva. Anche Papà, che rammento uomo di umore gioviale, era sopra pensiero. Certo la Mamma ci aveva preparato qualche sorpresa: ma non mi aspettavo — non eravamo ricchi — gran doni. Presentivo che poca allegria natalizia si poteva fare in quella casa troppo grande per noi tre, io senza compagni. Il luogo mi pareva più silvestre che non fosse: di lontano venivano a quando a quando come urli soffocati, forse di volpi. Avevo un po' di p.iura. Per la strada deserta, improvvisamente ci era apparso vicino un uomo lungo, immantellato, un po' curvo. Papà, che non aveva paura, si fermò a guardarlo in faccia. L'uomo immantellato, curvo perchè aveva sulle spalle un sacco da alpinista, chiese in tedesco, con una voce umile, se andavamo anche noi a Roma Gli fu risposto, nella sua lingua, che quella era, sì, strada per Roma, ma che per arrivarci a piedi, a tappe, ci voleva una buona settimana. Non ne fece meraviglia, e ci chiese intanto di fare un po' di strada con noi. Non aveva nulla di sinistro il viandante, ma un che di trasognato. Era uno di quei tedeschi, Arme Reisende che, per povertà e per fantasia viaggiavano il mondo a piedi, e le notti pernottavano più spesso nei fienili che in un letto. Per quello che afferrai dalle parole scambiate andando insieme, capii che lo straniero aveva fatto voto di arrivare a Roma per l'anno nuovo Ora cominciavano a volteggiare e a fermarsi sui nostri mantelli stelline di ghiaccio, neve. E quell'uomo lo vedevo continuare, sotto la neve, la sua strada fino a Roma. Invece, quando fummo al cancello di casa nostra, entrò con noi. Mi piacque che Papà gli avesse offerto ricovero. Non so quanto piacere potesse fare alla Mamma trovarsi quell'ospite sconosciuto, ma presto gli fece buon viso. Sbarazzato del mantello e del sacco, ne venne fuori un giovane che a me parve magrissimo e altissimo, con un viso appuntito da un pizzo biondiccio. Forse perchè era così alto ogni poco doveva piegarsi: m.i dovevano essere anche inchini di cerimonia: baciò la mano a mia madre, si curvò anche pe- dire qualche cosa a me, che doveva essere gentile perchè i mici genitori sorrisero di compiacimento: io ci afferrai, ripetuta, la parola: Jesus. Sempre meno aveva aria da mendico. A tavola, affamato come doveva essere, si contenne come un ospite della nostra condizione. Dal discorrere fitto che fece con i miei genitori, immaginai anche che fosse un loro conoscente ritrovato. Un fuoco di querce ardeva ne! grande caminetto di pietra. In un angolo della stanzona, in ombra, la Mamma ci aveva preparato la sorpresa, l'abetino di Natale. Lo accese e distribuì i p.-.cchetti dei doni: ne trovò uno anche per lo straniero. Guardava beato l'alberello tre¬ molante di piccole luci. Sommessamente intonò la sua canzoncina di Natale : O Tannenbaum, o Tannenbaum, Wle grilli slnd delne Blatter... Ne conoscevo anch'io il ritmo ondulante e nostalgico. Poi ci fu, tra i grandi, una conversazione di proposte e risposte, in seguito a cui infilammo i nostri mantelli e uscimmo fuori. Continuava a nevicare leggermente. Poco sotto casa c'era una cappella, dove entrava la Messa di mezzanotte. I contadini infagottati ci fecero posto sulla prima panca. Sopra l'altare, illuminato a cera, campeggiava un grande tondo di ceramica bianca e blu — ora so che è un Robbiano puro, un Luca — con l'immagine di Maria che adora il Bambino. Ero contento di trovarmi lì fra quei contadini, in quel calduccio, con i miei genitori e con quello straniero. Se non ci fosse stato lui, probabilmente non saremmo andati alla Messa di Mezzanotte. Rifacemmo la strada nella notte schiarita dalla neve che cominciava a fermarsi per terra. A un ragazzo, trovarsi a occhi desti dopo la mezzanotte fa sempre un'impressione di miracolo. Rientrati in casa, ravvivato il fuoco, la Mamma preparò il ponce, e anch'io ne ebbi un sorso. Ci sentivamo tutti in affettuosa confidenza. Non mi pareva dì aver più sonno, ma anche nella notte di Natale viene il momento di andare a letto. Io il primo; ma prima che la Mamma mi ci accompagnasse, volle anche lui darmi un bacio e dirmi qualche cosa in cui entrava la parola: Jesus. Mi addormentai contento all'idea che il giorno dopo lo avrei ritrovato a farci compagnia. Il mio sonno fu quieto e lungo. Mi destai tardi in una mattinata chiara chiara. Non nevicava più: la neve caduta faceva quel lume bianco e quieto al giorno di Natale. Con il bacio del mattino la Mamma subito mi disse che quello straniero, un austriaco molto religioso, era voluto assolutamente ripartire, per essere a Roma il ^i. imo giorno dell'anno. Doveva essere ancora poco lontano. Dentro di me ne rimasi contrariato. Forse anche i miei genitori, che di lui non fecero parola per tutta la giornata, che fu lenta a passare, come tante giornate di Natale. Gesù era ormai nato e nella stalla aperta, lo scaldava l'alito di un bue e di un asino, povera creaturina, aspettando i re magi dell'Epifania. Il pio straniero fermatosi un momento al nostro focolare era dileguato. Ora mi pare di averlo soltanto sognato, fantasma di viandante cristiano, in una notte di Natale. Giulio Caprin

Persone citate: Blatter, Gesù, Infante, Mezzanotte, Natali, Robbiano, Spogli, Tannenbaum

Luoghi citati: Roma