Guerra nei reticolati di Giovanni Artieri

Guerra nei reticolati Guerra nei reticolati La rivolta del prigionieri nel campo di Pongam non è un buon segno per chi voglia derivare speranze ottimistiche dal viaggio del generale Eisenhower in Corea. Il numero delle vittime, le modalità della insurrezione, la tattica adoperata e sovrattutto lo strabiliante disprezzo della morte mostrato da masse compatte di uomini che hanno fronteggiato il fuoco dei mitra, dimostrano quanto e come i campi di Alo spinato in cui si addensano i soldati cinesi e nordcoreani catturati sui campi di battaglia, costituiscano una continuazione di quei medesimi campi dì battaglia e perpetuino, sotto altra forma, la guerra contro le truppe delle Nazioni Unite. In poche parole: la rivolta di Pongam come quelle di Koje si rivelano manifestazioni, eseguite perfettamente, della onnipresente influenza dei comandi comunisti all'Interno del territorio avversarlo e persino dove meno dovrebbero avvertirsi. Cioè nei recinti del prigionieri. Alla ventilata minaccia di Eisenhower di «risolvere » col consiglio del generale Mac Arthur, radicalmente, il conflitto in Corea ecco la notizia della rivolta di Pongam; e non è inutile rammentare qui che le rivolte dell'isola di Koje vennero effettuate in circostanze analoghe: alla vigilia di una nuova fase della politica americana in Giappone. E così la questione del prigionieri di Corea resta una piaga aperta e insanabile nel non confortante panorama del rapporti tra Nazioni Unite e mondo comunista. Sarà forse utile rammentare schematicamente i termini. Durante le trattative per un armistizio tra gli eserciti degli S. U. e Nazioni collegate e le due repubbliche popolari della Cina e della Corea, svoltesi a Pan Mun Jon, « raggiunto un accordo soddisfacente su ogni punto », si venne alla determinazione delle modalità per il rilascio dei prigionieri di guerra. Gli Stati Uniti sostennero il diritto di ogni singolo prigioniero a disporre di se scegliendo la via del ritorno: o ancora nel mondo comunista o in quello «libero» della Repubblica sud-coreana di Singman Rhee. Inoltre venne precisato — e fu una anticipazione tanto inutile quanto grave di funeste conseguenze — che il numero dei prigionieri, sia cinesi che nord-coreani — optanti per il mondo libero s'aggirava sugli 80 milaQuesta massa.di soldati sarebbe risultata da una prima cernita (screening) compiuta unilateralmente dagli americaniLa commissione comunista presieduta dal generale nordcoreano Nam II e dal generale cinese Pieng Chang Wu dovette immediatamente rifiutare queste conclusioni. Venne ri fiutato per primo il concetto di « libera scelta » applicato nella discriminazione dei prigionieri. « Essi — dissero il ci nese e il nord-coreano — sono soldati o « volontari » dell'esercito popolare nord-coreano « debbono essere restituiti al medesimo esercito ». La cifra di 80 mila uominche avrebbero scelto la libertà apparve ai generali comunistpoco meno che ridicola. « Non e possibile — essi affermarono alla commissione delle Nazioni Unite allora presieduta dal generale Hendcrson — che i nostri soldati abbiano data una prova così diffusa di tradimento. Noi vi proveremo, invece, che l'opinione dei soldati comunisti è del tutto diversa ». Si vide subito, dopo una dqueste drammatiche sedute dPan Mun Jon, in quale modo si volesse dimostrare la fedeltà dei prigionieri rossi alle loro patrie comuniste. Nell'aprile e nel maggio il ritmo delle rivolte, delle ribellioni, delle manifestazioni di scioperi e resistenza passiva nei compounds di Koje aumentò. Il 7 maggio, con un raggiro, venne catturato dai propri prigionieri lo stesso comandante dell'isola dei prigionieri, generale Dodd, col suo aiutante colonnello Nicolson. A questi due militari, appartenenti all'Esercito degli StatUniti, venne inflitta una detenzione, tanto più umiliante inQg^rti»^^aii-.goii>pound n. 76. Il capo riconoscato del 140 mila prigionieri dell'isola, il colonr.elio coreano LHak Ku, dettò al due ufficialcatturati condizioni di resa da potenza a potenza, come un capo di una repubblica sovietica del compound n. 76. Era, in sostanza, una farsa, ma una farsa vastamente tinta di tragedia. I lettori ricorderanno quanto seguì: il rilascio del generale Dodd e del colonnello Nicolson; le repressioni violente; il frazionamento (split) dei campi ribelli. Chi scrive ebbe occasione di testimoniare, nell'isola maledetta, alcune di queste operazioni all'Interno delle « gabbie » dove i prigionieri comunisti, armati di larice di bambù, di rudimentali pugnali di ferro ricavati da cerchi di barili e da fusti della benzina, di flonde e di mazze puntute, combattevano quasi quotidianamente contro 1 soldati' americani, inglesi, greci e turchi, chiamati a sorvegliarli e a incolonnarli in numero ridotto verso altri compounds e altre sedi. Dalla rivolta di Koje a questa di Pongam — che è una iaoletta del grande arcipelago al BUd della Corea, presso l'isola maledetta — alcuni fatti nuovi ai sono verificati: le trattative di armistizio sono state sospese indefinitamente e, forse, non verranno riprese più; il generale Dodd, già retrocesso a colonnello da un Consiglio di guerra, è stato ripristinato nel suo grado e rimandato a comandare una sezione del campo di Koje; il colonnello Li Hak Ku, obiettivamente un uomo di straordinario coraggio e di terribile pertinacia in un compito disumano come quello suo, è stato catturato (11 soldato americano che primo lo prese, lo ghermì per 1 capelli gettandolo con la faccia nel fango) e si trova precisamente a Pongam. Ed è di qui che, subito dopo il viaggio di Eisenhower e la minacciata soluzione radicale della questione di. Corea, è scoppiata la insurrezione di ieri, compendiata nel bilancio di ottantadue morti. E' un gioco terribile e mortale sulla corda tesa di una situazione mondiale ogni giorno più inquietante, questo della Corea e del prigionieri di guerra. Gli Stati Uniti commisero a suo tempo il grave errore di denunziare «preventivamente» alla firma dell'accordo di armistizio, una cifra precisa e notevolissima (80 mila su 140 mila) di prigionieri decisi a non ritornare nel mondo comunista. Commisero l'altro errore di affidare, solo in un primo momento, però, alle autorità militari sud-coreane la cernita (screening) dei prigionieri. Era, allora, una necessità perchè in oriente la molteplicità dei dialetti e delle lingue .rende difficilissimo il controllo di vaste masse e la possibilità di entrare in comunicazione con i singoli. L'esercito americano ha dovuto procurarsi almeno una cinquantina di interpreti per interrogare nuovamente tutti 1 prigionieri e rendere così indiscutibile la discriminazione tra gli aspiranti al ritorno in patria e quelli che lo rifiutano. Adesso, però, non si sa esattamente quale sorte i prigionieri avranno; e questa incertezza fertilizza l'influenza del nuclei di attivisti all'interno dei campì; produce, come si legge dai telegrammi da Pongam, persino fenomeni di sacrificio in massa, di « muraglie umane», cioè, che riparano frombolieri e lanciatori di oggetti, di frecce, di giavellotti, e via dicendo. Contro queste muraglie inermi 1 soldati sono costretti a sparare. La propaganda di Pechino e di Mosca avrà in queste prossime sere ottimi argomenti di trasmissioni radio. Giovanni Artieri «-<>-•

Persone citate: Dodd, Eisenhower, Mac Arthur, Nicolson, Rhee