Il gonfaloniere dei poveri di Giulio Caprin

Il gonfaloniere dei poveri LA PIRA SINDACO SENZA PACE Il gonfaloniere dei poveri La Messa del pane e delle suppliche - A passeggio come un sovrano senza una lira - Lo riveste, quando non ha più abito o mantello, un sarto che gli è amico ■it niiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiii'iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitii(Dal nostro inviato speciale) Firenze, dicembre. Giorgio La Pira, deputato democristiano a Roma e quindi sindaco a Firenze, ascolta sempre i cittadini e le cittadine che hanno qualcosa da dirgli: generalmente raccontargli un loro guaio, chiedere soccorso a una loro miseria. Pendano che l'uomo popolare per la vita cristianamente caritatevole, divenuto sindaco abbia la potenza provvidenziale di consolare ogni afflizione, di sanare ogni plaga di povertà e ingiustizia. Non gli lasciano il tempo di fare il sindaco di Firenze; amministrare una illustre vecchia città che ha un grande e dispendioso bisogno di mettere a nuovo i suoi invecchiati servizi. Una grande città italiana di umori non facili, e responsabile, verso il mondo, della sua bellezza e tradizione spirituale. Un momento per afferrare la mobilità di un tale sindaco, è, la mattina delle domeniche, alla Messa dei Santi Apostoli, chiesa antica nel centro antico di Firenze — dice di essere stata fondata ancora da Carlo Magno, presente Orlando Paladino. Qui è la sua Messa, < la Messa iiiiiiiiiifiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiuiiiiiiiidei poveri >. (Anzi delle povere donne: per gli «omini poveri segue un'altra Messa nella Chiesa di Badia, che è anche convegno con La Pira. C'è a tutte e due, dopo il rito, la distribuzione di grandi ceste di pane, e la raccolta delle lettere in cui le inesauribili miserie umane chiedono confusamente di essere riconosciute e aiutate). E' una Messa più intima delle altre, perchè, tra il rito sacro e la folla degli umili inginocchiati sulle panche, accoccolati sui gradini, fa più comprensione comunicante. Detta, per il mistero, in latino, è, via via, tradotta in italiano: la lettura e il commento del Vangelo, le preghiere e le cantilene che i fedeli riprendono in italiano. In paramenti è solo il sacerdote officiante: serve, nei suoi soliti pannil un giovane alto e magro, di volto un po' sofferente. Un altro giovane, quasi uno speaker, traduce a voce chiara i Vangeli, e intona i canti che l'organo accompagna discreto: Così si ristabilisce la partecipazione e comunicazione che, fra i primi Cristiani, faceva la ecclesìa, la riunione dei credenti intorno a un loro pastore. Cosi la Messa cattolica può anche richiamare la comprensibilità di un culto evangelico. Ai suoi tempi, Rosmini metteva fra le piaghe della Chiesa Cattolica anche la misteriosità degli uffici mormorati in latino, a cui i fedeli, distanti, rispondono meccanicamente: Ameri. Un po' d'amore Di fianco all'aitar maggiore è inginocchiato un laico: un uomo di mediocre statura, giovanilmente agile, di occhi intelligentissimi nel volto un po' inquieto. Ogni tanto qualcuno viene a mormorargli qualche cosa. Fa segno di aver inteso e ritorna al suo raccoglimento sul libro di preghiere. E' lui, La Pira, che finita la Messa si avanza alle transenne dell'altare, a discorrer - con * fedeli: della settimana chiesastica, dei Santi di questa settimana. Familiarmente, anche con qualche amenità, che resti impressa: sempre fa sentire la comunione perpetua, dei vivi e dei morti, nella unità della Salvazione in Cristo. In una specie di litania si prega non solo per i martiri di ogni guerra, per gli ammalati e per i disoccupati e per tutti quelli che soffroiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiitiM no, ma anche per quelli che fanno soffrire. Idea religiosa e opera pratica convivono e si armonizzano nel pensiero attivo di quest'uomo, popolare per sue virtù esemplari, che la parte democristiana ha portato a capo del Comune. Uomo di pietà palese, senza famiglia nè bisogni propri, cuore da intendere i bisogni degli altri, mente da penetrare nel fondo ambiguo dei cuori. Nessuna compunzione sacerdotale in questo terziario francescano, che, quando non era sindaco senza pace, ogni tanto spariva in una cella di convento, senza trascurare la sua cattedra di diritto romano. Il suo sacerdozio è in panni di laico: a rivestirlo quando non ha più il mantello da coprirsi, perchè lo ha dato a qualcuno, pensa un sarto che gli vuol bene. Può girare, come un sovrano, senza una lira in tasca: trova sempre chi rimedia al suo imbarazzo. Dopo la Messa, in sagrestia sono riuscite a circondarlo alquante donne: visibilmente povere, ma con decenza, perfino con qualche consunta pretesa di eleganza. Le conosce una per una, le vecchie vedove, le malazzate in abbandono. Lasciatemi un appuntino. Tutte hanno il loro foglietto che decifreranno i segretari, non comunali, ma i volontari di un'amministrazione di carità. cristiana che da ogni parte accatta per dare a ogni parte. Sta bene la solidarietà sociale, anonima e magari tassatrice. Ma la carità cristiana vorrebbe conoscere e soccorrere, uno per unot anima per anima, i bisognosi. Un po' di amore del prossimo nella beneficenza organizzata a funzione sociale. Nel suo stesso, multanime, partito democristiano, credo che La Pira senta anzi tutto l'impulso socialeJ anche in forme socialistiche. Il che non toglie che la opposizione socialcomunista, nel Consiglio comunale, lo combatta con la ingenerosità con cui combatterebbe un sindaco duramente capitalista. Anche scioccamente: come quando lo accusò di consumare il danaro comunale in ricevimenti (si trattava di aver ricevuto in Palazzo Vecchio un convegno internazionale per una pace cristiana). Il paziente uomo rispose documentando ogni spesa, mostrando che non era stata sui fondi pubblici, e dovette ricordare che lui non riscuote nemmeno le 60.000 lire mensili assegnate da Firenze al suo sindaco. Cattiverie politiche che fatino perdere tempo e lasciano un fondo di amarezza. — Dunque è vero, onorevole, che Lei sta per dimettersi da sindaco t Dispiacerebbe ai fiorentini, forse anche a qualcuno che in Consiglio comunale lo ha tormentato. Moltissimo a tutta la povera gente: e tutti, quando ex guardiamo dentro, ci accorgiamo di essere, per un verso o per l'altro, povera gente. Minacciano la rivoluzione — A volte, si, mi domando se non ho diritto anch'io a un po' di requie. Contentarmi di fare il professore universitario. A sentire che La Pira non sia più sindaco di Firenze, le donnette dicono che farebbero una mezza rivoluzione. Ci si svincola e, sempre seguiti, da un loro gruppetto, ci si avvia, a piedi, per le strade mattutine, domenicalmente vuote, st contìnua il discorso. Delle dimissioni di La Pira si è cominciato a parlare, appena fatto sindaco. O sindaco o deputato. Incompatibilità. La Pira, professore di diritto, nega che la norma costituzionale vietante il cumulo degli uffici imponga questa alternativa. In regime democratico, egli dice, la costituzione non può essere interpretata per analogia> e in senso restrittivo. C'è, invece, la norma che vieta a un sindaco di presentarsi candidato a elezioni politiche. Nornia di diffidente prudenza, perchè, in questo mondo di politicanti poco scrupolosi, qualche sindaco potrebbe abusare della sua autorità municipale per manovrare la sua elezione al Parlamento. Così può darsi che, nei termini voluti, La Pira si dimetta da sindaco — funzionerebbe un vicesindaco — per ripresentarsi alle elezioni politiche. Non per il piacere della medaglietta. Ma perchè egli pensa che un sindaco, per ottenere dal Governo aiuti sostanziali alla sua città, ha bisogno di farsi valere con l'argomento al quale sono sensibili i ministri rispettosi del Parlamento: un'autorità parlamentare. Dal che resulterebbe che Giorgio La Pira, anche se il Sindacato gli ha dato più amarezze che dolcezze, è pronto a riprendere l'ufficio. E che, per esercitarlo meglio gli giova essere rieletto deputato. Perchè con tutte le pene che può dare il Sindacato tra i fiorentini, uomini non facili, questo siciliano florentinato — del Catanese gli è rimasta una certa rapidità eccitata — di Firenze, nella sua personale umiltà sente l'orgoglio. La vede come una città unica in cui la bellezza è anche missione universale dello spirito. Una Atene che sia anche una Gerusalemme cristiana. France- scano ammiratore del dome- nicano Savonarola, egli cerca, all'azione temporale, una concorde ispirazione religiosa. Nel gonfalone bianco,, rosso gigliato del Comune fiorentino, La Pira idealmente vede anche il monogramma dt Cristo. Se la norma unitaria italiana non chiamasse tutti i capi eletti da tutti i comuni sindaci — il nome di podestà, fascista, richiamava un ufficio da giustiziere — piacerebbe che il sindaco di Firenze riprendesse il bel nome comunale di Gonfaloniere. Giulio Caprin llllll!lllilll![lllllllll!lllll!llllllllllllllllllinilll