Gettate ei pozzo ti allo zio impazzito

Gettate ei pozzo ti allo zio impazzito Spaventosa morte di due bimbe nell'Astigiano Gettate ei pozzo ti allo zio impazzito Nel suo frenetico delirio il folle ripeteva che c'erano troppe bocche da sfamare-Lo strazio della madre che scopre per prima l'orribile strage - "Ora staremo meglio,, borbotta il povero mostro ai carabinieri (Dal nostro inviato speciale) Pino d'Asti, 3 dicembre. Alle 18 di oggi — era già notte e la nebbia si addensava su Pino d'Asti — la piccola folla che gremiva via Olivasso, nei pressi della casa dei Del Mastro, si aprì lentamente. Una bimba gridò forte: < Addio, Graziella! »; un'altra scoppiò in singhiozzi: passava l'autoambulanza che portava all'Istituto del Valentino le salme di Graziella e Maria Angela Del Mastro, di tre e sei anni, vittime della ferocia dello zio Cesare, che le aveva scaraventate nel pozzo di casa. I fari della macchina illuminarono i vol¬ ti dei presenti, contratti dalla commozione, molti solcati da lacrime, poi si Immersero nella nebbia. L'autoambulanza passò per Castelnuovo.Don Bosco, proseguì per Chieri; ed intanto la seguiva, a distanza, un'altra macchina, che portava tre carabinieri ed un uomo ammanettato, dal volto segnato con le stigmate della bestialità: l'assassino feroce e demente, l'uomo che aveva affogato le creaturine. Cesare Del Mastro veniva tradotto alle Carceri Nuove: così il carnefice seguiva le sue vittime nel loro ultimo viaggio. La fiamma della demenza Cesare Del Mastro, l'assassino-pazzo, ha 36 anni. E' alto, scheletrico, ingobbito; negli occhi Infossati gli brucia la fiamma della demenza. Sulle mascelle gli cresce la barba come una selva. Compiva i gesti più strampalati: gli offrivano cibo e non ne accettava, pur essendo talvolta così affamato da non reggersi in piedi; aveva un po' di terra, e non la coltivava; era capace dì percorrere i più lunghi giri di strada pur dì incontrare nessuno; e, quando la fame lo vinceva, arrivava ad asaiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiii azzannare ciò che gli veniva sotto mano: polli, gatti, persino topi, e li divorava crudi. Nel '48, suo padre si era impiccato. Nella stamberga di via Olivasso erano rimasti Cesare, il fratello Angelo di 44 anni, la moglie di questi Fanny Scusat, di 38 — una contadina di Belluno, che aveva lavorato qualche tempo nel vicino paese di Ranello — e le loro figlie: Maria Angela di 6 anni, e Graziella dì 3. < Cinque bocche da sfamare: sono troppe! — andava ripetendo Cesare Del Mastro, nel suo frenetico delirio. — Bisogna farne fuori qualcuna! ». La Fanny l'aveva udito ed aveva messo in guardia le piccole: «State attente: se lo zio si avvicina, scappate e gridate forte! ». Ma ieri l'assassino.pazzo ha attuato il suo proposito. Erano le 12,30. Maria Angela stava per andare a scuola: ci va solo al pomeriggio, frequenta la prima da ottobre, a primavera avrebbe fatto anche la prima Comunione. Le sorelline erano sull'aia, giocavano; poco lontano, lo zio, torvo e muto, affilava una vanga. Venne la mamma e disse: «State buone; vado a dar da mangiare ai conigli... ». Prese alcune manciate di fieno e girp dietro la casa. Nessuno vide la scena atroce che si svolse nei pochi minuti che la donna stette lontana; nessuno, forse nemmeno l'assassino, che deve aver agito come in un incubo, totalmente sprofondato nell'abisso della più spaventosa pazzia. Quando la mamma tornò, incrociò il cognato: andava verso ì campi, la vanga in spalla, 10 sguardo al suolo. Sull'aia, le bimbe non c'erano più. Diede una voce: nessuno rispose. Allarmata, cercò in ogni angolo, poi la attanagliò un sospetto: 11 pozzo! Si affacciò all'apertu- iiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiimiiiMiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiii ra, alta quasi un metro da terra. Vide affiorare qualcosa di bianco; comprese e, fuori dì sè, urlando e singhiozzando, si precipitò in strada. ratto inutile Incontrò dapprima Giuseppe Molaretto, impiegato al Municipio. Gli urlò: < Le mie bimbe sono là, nel pozzo! ». L'uomo non capiva, cercò dì calmarla, poi arrivò altra gente e tutti corsero verso la casa, verso il pozzo. L'acqua è profonda almeno venti metri, non si vedeva nulla. Qualcuno vi calò una candela, legata all'estremità di una fune: così si scorse affiorare la veste di una bimba; sembrava che si agitasse, forse era ancora viva. Subito un giovane animoso, l'elettricista Carlo Borio, di 27 anni, si offre dì scendere. Lo legano con j una fune, passata per sicurezza attorno ad una spranga di ferro fissata in fretta all'imboccatura del pozzo, e nei preparativi intanto si perde tempo. Il Borio scende lentamente. Attimi lunghi di attesa, poi risale con un fardello tra le braccia: il cadaverino della più piccola, Graziella. Ma l'altra, dov'è? Forse è riuscita a fuggire? Per un momento si accende la speranza. Tutti cercano Maria Angela, nessuno la trova. Si ritorna al pozzo. Questa volta vi scende un altro giovane, Luigi Berrà, e riporta alla superficie il secondo corpicino. Mentre la piccola Graziella non reca tracce di ferite, la sorella maggiore ha una lesione alla fronte. Effetto della caduta o di un colpo ricevuto dallo zio? La seconda ipotesi sembra che sia avvalorata dalla impronta di due dentini, che i carabinieri hanno trovato suliiiiiiiiiiiitiiiiiiniiitiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiap iitiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiuiiiiiiitiii la mano dell'assassino. Forse Angela Maria ha lottato per salvare sè e la sorellina, si è battuta disperatamente. Intorno ai due piccoli corpi adagiati nel cortile, vi è ora tutta la popolazione di Pino, atterrita e commossa. La mamma, disfatta, viene portata via da alcune vicine; altre si in caricano di avvertire il padre, che giace in casa, malato di polmonite. E' giunto anche il medico dì Castelnuovo, dottor Cottino: pratica la respirazio ne artificiale, ma ormai tutto è inutile. I carabinieri cercano Cesare Del Mastro. Nel campo non c'è più, vi ha abbandonato la vanga. Lo trovano appoggiato al muro di una ca sa del paese, di Vincenzo Brìi no: batte i pugni e il capo contro la parete, grida che ha fame. Quando gli mettono le manette, urla come un animale che stiano scannando. Nella stazione dei carabinieri di Castelnuovo Don Bo sco, dove lo interroga il tenen te Brovida, di Villanova, il pazzo non tenta di negare. Ciò che ha fatto, gli pare logico: « Eravamo in troppi, a man giare! — borbotta. — Ora staremo tutti meglio... ». Parole che bastano da sole a classi Bearlo fra i paranoici totali, come confermerà più tardi il prof. Tovo, giunto con il pretore di Chieri, dott. Tedeschi per le constatazioni di legge Lo stesso prof. Tovo ha ordinato in serata il trasporto delle due piccole salme all'I stltuto di medicina legale di Torino: l'autopsia dirà se le creaturine sono state anche percosse e seviziate. A questo proposito, l'assassino tace. Con trae il volto in un ghigno e ripete: «Ora tutti avremo da mangiare! ». c. m. Il pazzo-assassino nella vettura ohe lo conduce al carcere

Luoghi citati: Belluno, Castelnuovo, Chieri, Torino