Kenyatta capo dei Mau Mau tra la civiltà e la barbarie

Kenyatta capo dei Mau Mau tra la civiltà e la barbarie rwi STUAonnixAniA rir;rin dm negro Kenyatta capo dei Mau Mau tra la civiltà e la barbarie Ha studiato antropologia a Londra, ha scritto un bel libro, ha sposato una bianca - E' sua la più lucida spiegazione della "fame di terra,, degli indigeni del Kenia - Era conciliante e amichevole; poi mutò, si diede al terrorismo aizzando le tragiche superstizioni della sua gente (Dal nostro corrispondente) Londra, 25 novembre. A Kapinguria, un piccolo centro amministrativo nella provincia settentrionale del Kenia, a poca distanza dal confine con l'Uganda, e poco a nord del Lago Vittoria, la polizia coloniale britannica ha ora in custodia un prigioniero della massima importanza: è un uomo dall'età, indefinita, dal nome indefinito, dalla professione indefinita e soprattutto dal carattere indefinito. E' nato, di certo, nel nuovo secolo: ma di preciso non si sa quando, perchè nella riserva dei Kikuyu, nel Kenia del nord, a quell'epoca — e ancoro oggi — i libri anagrafici non erano molto precisi. Avrà, si dice, una cinquantina d'anni. E questo crede anche lui. Quando si presentò, a una età che i missionari giudicarono di circa dieci anni, alla cappella della chiesa di Scozia di Fort Hall, disse d'essere orfano e di chiamarsi Kamau Wa Ngengi. Lì lo operarono di una malattia all.i spina dorsale dalla quale guarì completamente. Ma quando cominciò a lavare piatti nella cucina di un piantatore, il suo nome divenne « Qiovannino il cinese y (John chinaman) perchè aveva gli occhi obliqui, a mandorla. Quando passò a impiegarsi negli uffici dell'acquedotto di Nairobi cambiò nome e fu battezzato *Jonstojie >. Ma fu la carriera po¬ litica che lo portò al suo quarto nome. Jomo Kenyatta è il nome col quale sarà condotto lunedi dinanzi al giudice per rispondere di varie accuse. La prima imputazione è di < avere diretto una società illegale > (cioè il MauMau) e implica un massimo di, sette anni di carcere. La seconda è di avere costretto altri < con minacce o intimidazioni, a prestare un giuramento > e anche questa implica un massimo di sette anni di carcere. La terza accusa è di avere diffuso malcontento verso il Governo e astio <fra le diverse classi della popolazione* (sic) e implica un massimo di due anni di carcere. Compromesso di razze E' un uomo alto, grosso, robusto, dalle labbra e dal na.j enormi, dalle narici immense, dalla barba corta, riccia, e ormai con molti fili grigi in mezzo al nero cupo. Hi gli occhi macchiettati di sangue e impiccioliti da grosse borse gonfie, come di chi conduce vita disordinata. Veste preferibilmente all'europea, anzi, si direbbe, alla francese, con un abito completo di velluto spigato. La sua carriera politica comincia in Kenia nel 1922 quando — impiegato circa ventenne, di notevolissima intelligenza e di grande ardore intellettuale — entrò a far parte dell'associazione dei Kikuyu. Sali rapidamente nella scala organizzativa e ne divenne presidente. Sei anni dopo dirigeva un giornale. L'anno seguente, 19S9, veniva mandato, coi fondi della tribù, in Inghilterra per discutere del problema della terra. Il problema della terra, per i cinque milioni e mezzo d'indigeni del Kenia, è una ossessione da decine e decine d'anni. Kenyatta, nella sua prima missione a Londra, non riusci a ottenere nulla per la sua tribù; ma durante i sei mesi di soggiorno provò il sapore del pane dei bianchi. E decise di tornarvi.. Due anni dopo venne a Londra e vi restò per 1S anni. Cominciò collo studiare antropologia all'Università. Da quegli studi ebbe origine un libro; Di fronte al monte Kenia, che è forse la più lucida spiegazione della fame di terra degli indigeni di quella colonia. I Kikuyu — egli spiega — credettero che i bianchi fossero giunti nella loro terra soltanto di passaggio. Per questo, permisero agli europei di occupare le parti più fertili del territorio. Gli europei, d'altra parte, vedendo gl'indigeni intenti nella loro misera agricoltura primitiva, in poche chiazze di terra, non s'accorsero che i Kikuyu avevano bisogno di tutto il territorio. Così li spinsero nelle < riserve > insediandosi nel fertile altopiano per le grandi culture. Kenyatta enuncia il « problema > in questi termini di breve equivoco amichevolmente risolvibile non per ingenuità, ma per convinzione. .Egli dice anche che i bianchi avrebbero qualcosa da assorbire dagli africani, così come gli africani hanno molto da imparare dai bianchi. E' una dichiarazione importante, per un uomo che, negli anni recenti, è divenuto uno degli esponenti della intransigenza africana, del nazionalismo indigeno, il campione della < cacciata dei bianchi y. Del resto, tutta la vita che Kenyatta trascorse in Gran Bretagna è improntata al « compromesso y fra le due razze. S'era riuscito a sistemare in una famiglia inglese, dopo aver trovato le solite difficoltà a causa del colore della sua pelle. S'era interessato, come tanti studenti neri, del problema della posizione della sua razza nel mondo moderno ma, nello stesso tempo, si innamorò di una bianca. E la sposò. E ne ebbe un figlio. Trascorse gli anni della seconda guerra mondiale in Inghilterra, rispondendo a un appello^ famoso: < Give a hand to the land > (date una mano alla terra). I manifesti del Ministero dell'Agricoltura di un Paese senza contadini. E da molte indicazioni si capisce che Jomo Kenyatta non era un africano povero, costretto a fare questo lavoro per mangiare, ma un intellettuale di pelle nera che credeva nella collaborazione e nella partecipazione allo sforzo bellico. La strada della violenza Anche in Inghilterra raggiunse una presidenza eminentemente politica: quella, del congresso della Pan-Afrlcan Federation, che fu tenuta a Manchester nel 1945. Suo segretario era all'ora Nkrumah, oggi primo ministro della Costa d'Oro (la folla, dopo le elezioni, andò a prelevarlo dal carcere per portarlo alla Presidenza del Consiglio). Dal 1946 ad oggi Jomo Kenyatta, tornato in Kenia, è sceso lungo la strada della violenta demagogia e — a quan¬ to la Corte dovrà accertare — perfino al terrorismo politico. Ha abbandonato ogni idea di cooperazione, di collaborazione e di comprensione. Ha abbandonato la moglie bianca e il figlio nato in Inghilterra. Ha abbandonato, a quanto pare, quella visione mondiale — pan-d/ricana — del problema dei neri per sfruttare rettoricamente le tragiche superstizioni dei suoi compatrioti. Egli resta tuttavia una delle tre figure più interessanti dell'Africa d'oggi. Nkrumah — suo amico e collega — ha raggiunto, per il proprio Paese, la Costa d'Oro, molte delle mete di autonomia e autogoverno predicando una fede politica non molto dissimile dalla sua, ma mantenendo un'integrità personale assai più alta. Ha studiato come lui nell'Occidente bianco, ha militato, come lui, nelle file della sinistra democratica (ambedue sospetti di comunismo, ambedue schivi del dominio spirituale o temporale di Mosca, come la maggior parte degli intellettuali di colore), ma non ha sposato una bianca e non ha sfruttato volgarmente gli istinti più < ne- ri> o c primitivi > del proprio Kenyatta ha qualcosa in comune anche con Seretse popolo. Vita spendereccia Khama: il capo della tribù della Beciuania che il Governo britannico ha proscritto a vita dalla propria terra per avere sposato una bianca in¬ glese. Anch'egli vive fra gli ? * ' y indigeni i» una casa «euro- ndigi pea >, e anch'egli ha abbandonato i gusti, gl'interessi, la cultura del proprio Paese. E' insomma, come si dice, in bilico fra le due civiltd. « L'africano che viene civilizzato guarda alla civiltà con grande paura mista con sospetto y, scrisse Kenyatta nel suo eccellente libro, aggiungendo che < è sospeso in bilico fra due forze sociali >. Queste due forze possono essere riconosciute molto chiaramente nella posizione attuale di questo straordinario imputato africano. Presso i neri egli gode di prestigio e autorità enormi, ma non immuni da critiche: gli rimproverano la vita < spendereccia > e le abitudini europee. Presso i bianchi egli è considerato nello stesso tempo una colossale minaccia (un funzionario coloniale britannico ha dichiarato tre giorni fa che « forse il 75 per cento dei Kikuyu ha prestato il giuramento dei Mau-Mau >) e una grande possibilità: come nemico egli può scatenare contro i bianchi una immensa massa umana, come alleato egli può assicurare la collaborazione della stragrande maggioranza degli abitanti neri del Kenya alla piccola — e necessaria — minoranza dei dirigenti bianchi. Questa alternativa è aperta proprio nelle due cariche che — secondo l'opinione corrente, — egli ricopre: quella di presidente dell'Unione africana, un'organizzazione politica perfettamente legittima, e quella di organizzatore dei Mau-Mau, un'organizzazione terroristica criminale. Nessuno meglio di lui simboleggia il dramma dei popoli soggiogati e l'alternativa alla soluzione del tradizionale < sistema coloniale > che è ora in palese disfacimento. La prima delle due presidenze lo potrebbe identificare coi nuovi e ammirati capi politici dei Dominions di recente creazione o delle colonie ad amministrazione indipendente. L'altra potrebbe farlo identificare coi tbanditiy contro i quali le truppe inglesi e francesi sono impegnate in vari territori. Il processo, che sarà ripreso il S dicembre nel piccolo centro amministrativo della provincia settentrionale del Kenya — dove non arrivano nè strade nè ferrovie — è un bivio di grande importanza. Sarà seguito con profonda attenzione da milioni e milioni di neri e di gialli, di uomini soggetti e di uomini liberi. Un uomo dell'età, del nome e del credo incerto, ma dalla pelle inconfondibilmente nera, sarà portato dinanzi a una corte bianca. Ed è questa una delle occasioni cui spetta agli uomini di pelle bianca di tenere alto il prestigio della loro civiltd basata sulla giustizia. Riccardo Aragno li capo del Mau Mau

Persone citate: Jomo Kenyatta, Kenyatta, Riccardo Aragno