La pena di Pia Bellentani ridotta a 7 anni e 10 mesi di Antonio Antonucci

La pena di Pia Bellentani ridotta a 7 anni e 10 mesi SENTENZA AL PROCESSO PER LA TRAGEDIA DI VILLA D'ESTE La pena di Pia Bellentani ridotta a 7 anni e 10 mesi L'imputata uscirà di carcere fra 8 mesi, entrerà quindi in una casa di cura per un periodo di 3 anni -1 difensori soddisfatti pare non si appelleranno nuovamente - Le ultime appassionate arringhe - Il verdetto emesso dopo tre ore e 45 minuti in Camera di Consiglio (Dal nostro inviato speciale) Milano, 21 novembre. La Corte d'Assise di Milano, sezione di Appello, visti gli articoli 52.1, 89 e 65 del Codice Penale, in riforma parziale della sentenza impugnata dalla signora Pia Caroselli in Bellentani contro il giudizio di primo grado della Corte d'Assise di Como che la condannava a 10 anni di reclusione diminuiti di 3 anni e con l'internamento per 3 anni in una casa di cura, operata la diminuzione di un terzo anziché di un settimo per vizio parziale di mente, riduce la pena inflitta dai primi giudici ad anni 7 e mesi 10, ferme restando le pene e pronunce accessorie. Condanna la parte appellante alle spese di giudizio verso la Parte Civile compresi gli onorari nella misura di 150 mila lire. Questa la sentenza letta oggi alle ore 20J.0, dopo una permanenza di tre ore e quarantacinque minuti in camera di consiglio, dal dott. consigliere Marantonio presidente della Corte e dopo tre giorni di dibattimento. Ecco la cronaca dell'ultimo giorno. > L'incidente della Cozzi Preludio all'udienza antimeridiana. Si parla dell'incidente Mimi Cozzi-avv. Luzzani, avvenuto nel pomeriggio di ieri. La Mimi Cozzi attese il difensore della Bellentani all'uscita dall'aula e spiegando ai carabinieri che aveva qualche cosa da dirgli, gli si scagliava ad- i o o i e i o i o n . n i dosso <in uno stato d'ira» diventato « impeto d'ira » (per dirla in termini di questo processo) con l'intenzione di colpirlo al viso e facendo del proprio meglio per riuscirvi. Covava nella Cozzi un rancore sordo risalente al processo di Como dove l'avv. Luzzani esaminando la testimonianza di lei e la sua condotta di donna nella vicenda Bellentani-Sacchi usò termini da lei giudicati insopportabili. L'avv. Luzzani domanda la parola per fatto personale. Eleva una protesta contro l'aggressione subita dall'uomo in servizio della legge, riconducendo tuttavia l'episodio ai termini esatti: « Mentre mi avviavo per uscire — egli dice — una non più giovane donna, la vedova morganatica di Carlo Sacchi, forse perchè indispettita dalla mancata pubblicità di non essere stata ascoltata in questo secondo processo, ne ha cercata una di rimbalzo tentando di avventarmisi contro con un braccio alzato, mentre dalla sua bocca uscivano ingiurie plateali ai mio indirizzo e di altri. Il fatto è una piccola miserevole cosa se riguarda l'uomo in se stesso, ma, per quanto il colpo non mi abbia raggiunto, è gran cosa come offesa alla giustizia ». La Parte Civile si associa calorosamente alla protesta. Il Procuratore Generale aveva già stigmatizzato il gesto della Cozzi in termini alti e solenni, sottolineandone tutta l'inciviltà. Esaurita l'eco dell'episodio riprovevole si ritorna al prò cesso. Nell'aula gremitissima non c'era ancora la vedova Sacchi che verrà più tardi, non c'era la Cozzi che non verrà affatto. La parola è all'avv.to Dentala, il cofirmatario del ricorso d'appello. Sembrava che egli dovesse limitarsi a brevissime dichiarazioni, invece sviscererà l'intero tema per oltre quattro ore. Siamo ai soliti tre punti omicidio volontario oppure no; seminfermità di mente, sì quanto; provocazione, sì e quanto. Resti precisato quanto ebbe già ad esporre il Presidente consigliere Marantonio c che sottolineò l'avv. Luzzani; qui non si riapre un processo, ma se ne ridiscute qualche aspetto limitatamente (e con rigore) a quelli prescelti dalla Difesa come unica appellante La sentenza di Como ammette per esempio la provocazione definendone gli esfremi in termini duri: questo fatto è acquisito, non lo si rimette sul tavolo anatomico. E del pari l'infermità di mente. Cominciamo da questa. La sentenza di Como, concedendola, procedette come attenuante alla diminuzione della pena in una misura che praticamente si riduce ad una beffa. Attraverso calcoli minuti l'avv. Dentala conclude che non vi fu in pratica la applicazione di una attenuante, ma fu inflitta invece una aggravante. Si diminuì, sì, la pena, ma la diminuzione fu riassorbita dall'aggiunta della permanenza della condannata in un manicomio criminale per un minimo di tre anni. Ingiuria atroce Secondo tema. La provocazione. La sentenza di Como la giudica gravissima e la deplora con parole di sdegno. La provocazione comincia nella famosa lettera-circolare del gennaio 19+8 indirizzata dal Sacchi a sei donne con le quali egli manteneva contemporaneamente una relazione d'amore (o fac-simile) e dove ognu na di queste donne era messa in condizione di sapere tutto sulle altre. Ingiuria gravissima, atroce, dice l'avv. Dentala; essa esponeva la Caroselli al pericolo della divulgazione della sua avventura e « se la car ne qualche volta ha tale imperio dittatoriale da farci superar: una educazione informata ai più rigidi principi morali restava sano nella Bellentani il culto per il nucleo familiare, certamente offeso dal suo peccato, ma che non doveva essere messo in balia di una cattiveria altrui». Da segreto il suo peccato minacciava di uscire all'aperto Donde l'inizio di un rancore che la successiva condotta del l'amante ingigantirà fino alla catastrofe Sottolineiamo questa parola rancore. Sarà di nuovo portata in causa. Il rancore, precisa l'avv. Dentala può accumularsi goccia a goc eia anche tra parentesi di oblio A aò il Sacchi non ha pensato. Egli aveva amato oppure no quella donna, in ogni caso l'aveva avuta in nome dell'amore, contraendo automaticamente un debito di cortesia, almeno di cortesia, che bisognava pagare in ogni circostanza anche minima. Invece che cosa succede t Egli ir¬ ridmsqcasDSumgbhqricilcVadrdvnicpDfflrn ride e schernisce la donna. C'è n atto quella famosa lettera di lei all'amica due giorni prima del dramma: «Sai che cosa mt ha telefonato Carlo in quel modo che tu conoscit Sai che mt deride? Che della mia anima parla come di cosa che si trangugia c si digerisce T ». D'accordo, come ha detto l'avv. Sbisà, della Parte Civile, che una donna isterica è un tormento per sé, ma anche per gli altri. E però gli altri debbono sopportarla se con essa hanno quel debito, almeno quel debito di cortesia. Più il risentimento cova e più si fa implacabile. Se poi su questi carboni accesi si getta un olio infiammabile di occasione, se la Bellentani che aveva peccato per amore, quella sera a Villa d'Este si vede posposta ad altra donna che pecca « per disonestà professionale », o si ricorre a rimedi di estrema dolcezza o. la provocazione diventa irreparabile. Ultima questione. Noi sosteniamo, dice l'avv. Dentala, che il delitto non fu volontario perchè soltanto la responsabilità piena determina una volontà. D'altronde, non spetta alla difesa dimostrare che U delitto fu volontario. E' compito dell'accusa provare che fu volontario. L'accusa dice: « Ha sparato, ha ucciso, quindi... ». Non basta. Coscienza e volontà sono inscindibili. L'accusa avrebbe dovuto portare una prova precisa, rigorosa, sicura, salvo un limite ragionevole di dubbio. Ci si dice che la Bellentani avesse minacciato il Sacchi. Ma ciò riposa soltanto sulla testimonianza della Cozzi (avv. Luzzani: «Sfai attento, Delitala!») l'ilarità,)... e su certe lettere anonime che per la loro stessa natura non pos sono essere prese in considerazione ». Finisce così l'udienza antimeridiana. Nel pomeriggio breve replica dell'avv. Sbisà della Parte Civile. Egli legge alcuni articoli di codice per precisare quale e come sia la volontà di uccidere per concludere che la Bellentani si trovava nel loro raggio, discute gli estremi del la provocazione, ma domanda soprattutto due cose: 1) se est ste quella lettera circolare del a gennaio, la quale provocò uno stato emotivo pilastro di una parte del processo, questa lettera sotto un certo profilo non appartiene in esclusiva a chi la possiede, ma appartiene alla legge. La sua divulgazione può nuocere ad altre famiglie t Eb bene, non la si divulghi. Si chiudano le porte e la si legga a porte chiuse; S) la Parte Civile ha denunciato un furto di documenti: < Per la nostra pace morale, per le quattro creature innocenti che questa tragedia ha travolto, si faccia luce sul furto. L'intero processo potrebbe risultarne influenzato ». Gpaa e e a l Replica pure il Procuratore Generale dott. Fabrizi ancora più brevemente. « Ci si è domandato, egli dice tra l'altro, di precisare la causale dell'atto omicida, e poi se escludiamo o ammettiamo la provocazione. Ebbene, essa è nelle parole dell'avv. Delitala: «Il rancore può accumularsi goccia a goccia >. La causale è quel rancore. // Procuratore Generale conclude per la conferma della sentenza di Como. «Io non volevo uccidere...» Per ultimo replica Angelo Luzzani, avvocato appellante. Egli ricorda che la parola rancore propriamente significa < stato d'ira determinato da fatto ingiusto altrui », sfiora polemicamente ancora una volta le interpretazioni di provocazione e la volontà di uccidere, precisando tuttavia che egli nel suo triste privilegio di avere potuto accostare la Bellentani poche ore dopo il delitto e successivamente almeno una volta al mese la sentì dire più volte: < Ho chiesto perdono a Dio e ai miei parenti. Fate di me quello che volete, ma io non volevo uccidere... >. E l'avv. Luzzani conclude con le parole di Sant'Agostino invocando una € severità che perdona, una misericordia che punisce ». I giudici popolari aprano il codice, ma aprano anche il cuore sulla grande tragedia. (Voci dal pubblico: «Bravo! Bravo! >). Alle ore 16,25 la Corte si ritira in camera di consiglio. Folla, avvocati e giornalisti si abbandonano alle previsioni più svariate. Si calcola su un giudizio rapido se la Corte di Como potè stilare la sentenza originale in sole due ore e anche meno. Bisognerà invece attendere fino alle ore 20J.0. La sentenza suscita impressioni varie, è accolta da qualche applauso. Pia Bellentani, riconosciuta degna di maggio re clemenza, non per la provocazione subita e nemmeno per i pareri discordi sulla sua volontà di uccidere, ma soltanto per lo stato di caos al quale un amore scelto male e guidato peggio aveva ridotta la sua mente già impreparata per ere dita infelice alle imprese com plcsse, uscirà dal carcere tra otto mesi circa per entrare nella casa di cura per il periodo irrogato dalla sentenza. Gli ap pellanti sembrano soddisfatti e anche no. Ho chiesto loro se appelleranno di nuovo. L'avv. Luzzani mi ha risposto sorridendo: « Dobbiamo pensarci. Forse ricorreremo per motivi raffici >. Non saprei dire di preciso che cosa siano questi motivi, ma è opinione pressoché generale che la cosa finirà per essere considerata come giudicata per sempre. Antonio Antonucci

Luoghi citati: Como, Este, Milano