Che cosa mangeremo stasera ? di Riccardo Aragno

Che cosa mangeremo stasera ? — LA RIVOLUZIONE IN CUCINA — Che cosa mangeremo stasera ? Le domestiche sono scomparse dall'Inghilterra - Il trionfo della meccanica Speranze per l'avvenire: i pranzi trasportati in camioncino - Si prevede uno scambio internazionale di piatti fatti - Anche le Ambasciate se ne interessano (Dal nostro corrispondente) Londra, 8 novembre. Nell'atrio della immensa Royal Festival Hall hanno allestito diciannove stands e in ciascuno di questi tre € massaie * provenienti da diciannove Paesi diversi, questa settimana, hanno cucinato i piatti caratteristici del loro Paese per € stimolare la fantasia di coloro che sono responsabili della preparazione dei pasti familiari e dar loro idee nuove per usare gli alimenti disponibili in Gran Bretagna ». Un problema mondiale Le massaie della seconda epoca elisabettiana procedevano lentamente dinanzi agli stands e guardavano con un misto d'interesse e di sospetto quelle tre creature che in ciascuno degli stands sembravano muoversi con una destrezza alquanto insolita e una gioia o una disinvoltura leggermente artificiosa. Ogni stand consisteva in una cucina moderna e per cosi dire fondamentale: frigorifero e scaffale per stoviglie a sinistra, acquaio con armadietto per le pentole sul fondo, fornello e scaffale per i cibi sulla parete di destra. La quarta parete era formata, come sempre avviene durante gli spettacoli, dal pubblico: in questo caso dalle massaie britanniche evidentemente sotto la solita accusa — (del resto sono «ree confesse ») — di abuso di verdura lessa, salsicce fritte, pesce bollito e dolci bruciacchiati. Era uno spettacolo a « luoghi deputati », in cut si passava dagli aromi spagnòli a quelli indonesiani, dalle delizie della cucina turca a quella di Israele, dalle insalate avventurose americane a quelle danesi, accompagnate da un cartellone stampato che dava — ultimo degli orrori — i € valori nutritivi ». L'intenzione degli organizzatori era di mettere sotto processo la cucina inglese. Ma a mio parere il risultato è stato assai più importan- te; quello di mettere a fuoco un problema mondiale che sta maturando'di giorno in giorno: il problema della cucina in un mondo che cambia di aspetto, di forma, di idee e di dimensioni. Durante la prima epoca elisabettiana, un briliante saggista chiamato John Earle scriveva a proposito del cuoco: «Lo cucina è il suo inferno ed egli vi regna come un demonio. Le carni e il cuoco vi vanno arrosto insieme*. Descriveva la fucina grande, nera di fumo, con qualche riflesso rossastro, provocato dalla luce che scendendo da una finestrella batteva su una pentola di rame, per puro caso non anneiita da una spessa fuliggine. Le diciannove cucine esemplari sistemate nell'atrio della Festival Hall somigliavano a quell'antro tanto quanto un moderno gabinetto scientifico somiglia alla bottega di un alchimista medioevale: pareti lavabili, bianche, oppure in tinte pallide, un frigorifero smaltato, un acquaio smaltato, un tavolo smaltato, e un forno a gas smaltato. E ancora: all'epoca della prima regina Elisabetta un altro saggista poteva scrivere: € L'arte della cucina consiste nel saper preparare e cuoctre la carne in modo gustoso e abbondante*. Ma dai tempi in cui Gervase Markham pubblicò «La massaia inglese » ad oggi, l'arte di mettere, qualcosa in tavola è divenuta, nello stesso tempo immensamente più semplice e più complessa. Forse è l'imbarazzo della scelta, forse la gente che si mette intorno al tavolo è divenuta più noiosa e quindi più insofferente della monotonia: certo è cambiata profondamente, e soprattutto in questi ultimi trent'anni, la figura di coloro che si muovono in cucina. Diminuisce la gente disponibile per questo genere di lavoro — le « domestiche » sono praticamente scomparse in Inghilterra —, diminuisce il tempo disponibile per queste attività, mentre aumentano gli altri interessi, gli altri lavori, le altre attivita; aumenta la varietà degli alimenti e dei condimenti disponibili sul mercato. E' rimasto, nell'economia generale della cucina, un solo elemento eterno: la € domanda * continua imperterrita: mattino, mezzogiorno e sera, ogni giorno dell'anno, senza festività o vacanze, gli stomaci reclamano e i palati mettono condizioni difficili. Trituratrice provvidenziale Nel mondo inglese e in quello americano, dove le donne partecipano sempre più attivamente alla vita commerciale, industriale, politica, sociale e culturale del Paese, • il problema della cucina — di quando farla e come farla — sta diventando un problema serio che, probabilmente, a scadenza di qualche decennio rivoluzionerà almeno un'industria: l'industria alimentare che è ora, in paragone alle altre, estremamente primitiva. E porterà a un immenso sviluppo un'altra industria: quella degli utensili di cucina che, almeno da questa parte dell'Atlantico, è notevolmente ■arretrata. Già le massaie inglesi si chiedono ad esempio perchè mai non debba essere disponibile anche per loro l'ultima invenzione americana: una trituratrice sistemata sotto lo scolo del lavandino che macera bucce, rifiuti, tozzi di pane e rimasugli di verdura e rende così immensamente più semplice tenete pulita la cucina. Ma anche se ci si immagina nhe questo problema della meccanizzazione della cucina venga risolto, resta sempre vivo, tre volte al giorno, l'altro: quello che si ripete ossessionantemente in gitasi ogni famiglia del mon¬ do: « Ohe cosa si fa da mangiare t ». Un recente libro di cucina inglese stampato in varie centinaia di migliaia di copie è dedicato alla massaia <che vuole cucinare cibi gustosi e non ha molto tempo da dedicare alla cucina». La fretta, che in questo secolo sembra pervadere ogni ambiente, è dunque giunta anche in cucina. Presto immagino sconfiggerà quasi completamente i vecchi sistemi: si arriverà senza dubbio ai pasti già preparati tenuti in frigorifero e riscaldati al momento. La cosa è già in parte possibile in Inghilterra. Si passerà poi ai pranzi ordinati e consegnati a domicilio da un camioncino. Si concluderà senza dubbio con i pasti importati ed esportati. E non mi stupirebbe di vedere che l'Italia troverà un mercato importante in questa nuova forma futura di scambi internazionali. Quello che è certo è che la rivoluzione in cucina qui è arrivata ormai da tempo. Bastava osservare le fredde occhiate rivolte' dalle massaie inglesi alle « esportatrici » di questa mostra. Non v'era traccia di golosità e tanto meno di invidia. V'£ra soltanto, a mio parere, l'occhio freddo dell'ingegnere che calcola i tempi sulla catena di produzione. Se una sfumatu¬ ra di gusto richiede dieci minuti di tempo jiiù del solito in cucina, non sarà la lettura del giornale o del romanzo o il programma della televisione o lo spettacolo al cinematografo che sarà sacrificato: sarà certamente la salsetta o il condimento speciale. E tuttavia i palati delle nevrasteniche generazioni moderne vanno alla ricerca di sensazioni nuove. Ed ecco l'interesse per il suggerimento offerto da un piatto spagnolo o da un'insalata israelita; da un riso condito alla indiana o da un pollo fritto all'italiana, da un pesce preparato al modo norvegese od a quello giapponese. Il tè della regina madre Un notevole segno dei tempi in questa mostra curiosamente rappresentativa era l'elenco stesso delle partecipanti alle dimostrazioni: in quasi ogni stand nazionale erano rappresentate direttamente le ambasciate dei vari Paesi. Alcune ambasciate europee avevano mandato la moglie di un addetto, di un consigliere o di un segretario accompagnata dalla propria cameriera. Negli stands dell'Asia vi erano mogli di professionisti e giornaliste, anche queste accompagnate da cuoche, ma già nello stand americano vi erano, oltre la moglie dell'addetto culturale, quella dell'addetto stampa e quella dell'addetto cinematografico. La servitù di casa è ormai scomparsa negli Stati Uniti. La .Russia non era rappresentata. Nello stand italiano:'la moglie di un celebre cuoco di ristorante londinese. « A casa mia — egli disse — è molto facile far da mangiare. Io mangio solo pollo arrosto oppure pollo bollito ». « Sicché non brontola poi anche lei, come tutti gli altri mariti di questo mondo t ». Non iH fu tempo per la risposta. La regina madre Elisabetta stava compiendo la sua visita inaugurale e riconobbe con interesse gli spaghetti alla bolognese. Ma compiuti pochi passi arrivò allo stand della Gran Bretagna dove — manco a dirlo — era stata preparata una eccellente « tazza di tè ». La regina fu lieta di quella sorpresa e il suo sorriso rassicurante si trasmise rapidamente a tutte le buone massaie inglesi che le stavano intorno. Pareva di sentire un colossale sospiro di sollievo: come se d'un tratto fosse passato l'incubo di dover abbandonare per sempre la sana abitudine delle verdure bollite, delle salcicce fritte e del dolce impietrito e bruciacchiato. Riccardo Aragno

Persone citate: Elisabetta, John Earle, Markham