l bosco invisibile

l bosco invisibile l bosco invisibile Apparizioni, messaggi, interventi surreali di ogni genere, sono frequenti, a Napoli, come i sorci, gli scarafaggi e le pulci. Se non è Lucifero, è un suo valletto; se non è la Madonna, è San Vincenzo; anime beate o purganti o sardoniche scendono continuamente dalle nubi, volteggiando, oppure continuamente affiorano dagli abissi: le pietre delle antiche viuzze sono imperlate, vi giuro, di umidità e di soprannaturale. Io non mancai di abitare, undicenne, in una topaia visitata da bizzarri folletti: si componeva di una stanza il cui balconcino galleggiava sul vico Neve, e di una esigua cucina illuminata da una feritoia nella quale rammento di. aver sempre visto un ragno, un bicchiere incrinato e una cipolla. Era il 1913, che tempi. Don Andrea Garullo, il nostro portinaio, affermava solennemente che quelle mura, prima di noi, erano state le più leali e socievoli del mondo. « Gesù, allora voi affacciate l'ipotesi che qui gli spiriti li ho portati io da fuori? » obiettava mia madre, sottintendendo che lei era una vedova con tre figli, quieta, umile, afflitta, e come tale ignoratissima dal Cielo e dall'Inferno. « Signora mia, che posso dirvi? Cercate bene fra i vostri defunti » insinuava il Garullo, rituffandosi nel suo nero sgabuzzino. I fenomeni, in casa, erano preoccupanti. Mani invisibili aprivano o chiudevano il rubinetto dell'acqua, spegnevano o accendevano il torpido lume a petrolio, occultavano gli oggetti, ci strappavano le coltri e ci svegliavano, facendoci cadere, per lo sgomento, la lingua in gola. Nemmeno di giorno avevamo pace. Si udivano fruscii e scoppi nei mobili; dondolava un quadretto e tintinnava il campanello; trovammo un biglietto da cinquanta lire in una pentola, ma era falso; una mattina mia madre distinse vagamente, nel sole tarlato del cortiletto, un individuo alto e nebuloso... gridò: «Chi è?», gridò: « Aiuto! » e subito la enigmatica figura svanì. Ogni ricorso all'aspersorio del parroco, ai segni di croce, alla preghiera metodica e organizzata (ci spallegiarono validamente, con le loro strenue coroncine del rosario, molte donnette della zona) risultò inefficace. Proprio mentre divampavano le orazioni, mia sorella, recatasi per bere in cucina, fu bloccata e ammonita da un indice fosforescente. Giacque svenuta, povera Ada; e l'incorporeo aggressore ne approfittò per sistemarle in grembo la macchinetta del caffè, deturpata e resa inutilizzabile da venti o trenta forellini. Basta così. Il portinaio Garullo, accorso lentamente, ebbe pietà di noi. Egli annunziò che l'indomani avrebbe interpellato un • dotto, un professore, una celebrità in materia. « Il ragazzo mi accompagnerà », decise; ed ecco perchè io sono in grado, oggi, di rievocare fedelmente l'inaudito consulto. L'ufficio del tecnico, dello scienziato a cui aveva alluso don Andrea, era situato nelle caverne delle Fontanelle, in una propaggine, cioè, dell'enorme Ossario dove furono allineati e sovrapposti e intrecciati con opinabile senso artistico gli innumeri lavoretti del famoso colera napoletano del 1836. Presso una cavità ' della roccia quattro scugnizzi si giocavano a carte un pugno di cicche; il più fortunato ci sbirciò e disse: — Buongiorno a voi. Cercate un morto o un vivo? II mio compagno: — Dipende. Sta qui, don Michele Scippo? Il- malandrino: — E pure questo dipende. Voi chi siete, on cliente? Don Andrea: ■ — In prova. Lo scugnizzo: — E allora favorite... accomodatevi. t Accese un candelino da sacrestia e ci guidò nel cunicolo fino ad un antro laterale che ci sbalordì. Vi si mescolavano inconcepibilmente una tana di fattucchiera e uno studio notarile. C'era una scrivanietta e c'erano due slabbrati canapè. Su una mensola naturale, offerta dai capricci del tufo, un cartello tenuto fermo da una tibia, avvertiva perentoriamente:- «Visite brevi » Ulteriori cartelli informavano: «Si declina ogni responsabilità pet i terni male interpretati », « Guarigione della sciatica, solo il martedì », « Unguenti e balsami si pagano all'ordinazione », eccetera. Ma lui, ma don Michele Scippo? Era un ometto rarissimo, scorcentante, dai grigi capelli furibondi, le guance dirupate, gli occhi paragonabili a spiragli di forno; indossava una specie di manto, ricavato da qualche lacera tenda di velluto blu. — Salutiamo — borbottò. — Vi ossequio ma l'onorario è an ticipato. Una lira d'argento, _o come la preferite, e cominciamo. Non a me, prego, io non tocco denaro... mettete qua. Alzò un cencio che nascondeva, sul tavolo, un teschio dotato di fessura superiore, un ma_ cabro salvadanaio; il Garullo vi abbandonò fremendo la moneta. Don Michele: — Bene. Veniamo a noi. Di che si tratta? Don Andrea: — Spettri in una civile abitazione. Don Michele, astraendosi: — Bene bene. Trattamento spiriti. Quelli, egregio amico, si dividono in due categorie: sim psnzzanti e nemici. Dunque par late chiaro: volete licenziarli o trattenerli? — Gesù... Ce n» dovete lice rare! — E cosi sia. Niente di più facile, caro don Andrea. Voi principiate con l'uscio d'ingresso. Vi premete fortemente i pollici, questi, e ripetete sette volte': « Se sei ala vola e se sci piombo sprofonda ». Poi v'inoltrate nell'appartamento. Su ogni muro strofinate uno spicchio di aglio. « Gratta con intenzione, fino a totale consumazione »... mi spiego? Indi gettate un pizzico di sale macinato alle vostre spalle e un pizzico di farina bianca davanti a voi. Indi ancora bruciate sette granelli di incenso, nonché sette penne di colombo, sette lische di alici e sette peli di barba di gobbo. L'effetto è incomparabile. Ho terminato e grazie. — Un momento. E non potreste agire voi, di persona? — Che domande... Tre lire sul fatto e sarete servito a domicilio stasera, con tutto l'occorrente. Il « professore » giunse puntualissimo, non appena l'oscurirità gli parve abbastanza fitta. La notizia s'era sparsa. Gente col fiato sospeso gremiva pianerottoli e scala. Il vico Neve palpitava di curiosità e di timore. Don Michele si drappeggiò nel manto azzurro e ci scacciò, affinchè non lo disturbassimo. Aveva un po' di carbonella in un barattolo, per i fumi propiziatori; sul braccio, come una stola, reggeva una treccia d'agli. Sbrighiamoci. Nella tenebra densa, lanosa, calda, risuonarono come attraverso il bendaggio di una mummia i suoi ritmici scongiuri. Ala o piombo? Cedevano 0 s'irrigidivano i nostri diafani persecutori? Quell'astrusa liturgia si protrasse per un'ora, se non due; il tanfo generato dalla combustione dei peli di barba di gobbo fu rivoltante, fu inenarrabile. iVia non ferì a morte 1 nostri olfatti soltanto. Poiché il grande esorcizzatore aveva, è indubbio, vinto e stravinto l'ineguale battaglia. Da allora, ci si creda o no, vivemmo tranquilli: gli spiriti di ogni ceto si erano dileguati, lasciandoci ai nostri guai terrestri. Ero già un uomo quando riacciuffai, un caso, don Michele Scippo. Non esercitava più; una paralisi degli arti inferiori lo aveva cucito a una poltrona; fumava la pipa e contemplava, dall'orlo del suo basso, le Fontanelle. Discorremmo Gesù, che mente lucida., non aveva dimenticato nulla, accettò i miei fervidi elogi, ammise di essersi coperto di gloria, nel 1913 al vico Neve, ma tutt'a un tratto disse: — E con ciò, bello mio? Gli spettri' non esistono... altrimenti dove lo pigliavo, tanto coraggio nel mestiere? Datemi retta: gli spiriti sono i brutti pensieri della gente. Rammentate che folla c'era intorno alla vostra casa? Ognuno seguì la terribile procedura... chi vi odiava se ne spaventò... con aglio e incenso, con farina e sale gliela feci smettere., non adoperai nè ingiurie né coltellate! Io, stupito: — Ma la mano luminosa, la banconota falsa, la caffettiera bucata? Don Michele: — I brutti pensieri corrodono le montagne. Ebbene, perchè no? Sono tuttora perplesso. Che la Napoli di qualunque miracolo non sia possedimento d'angeli nè contea di Belzebù, ma esclusivamente un giardino dei nostri affetti e una selva dei nostri rancori? M'invaghisco dell'idea che il vecchio Scippo avesse ragione, ossia che anche il sangue di San Gennaro, prima di sciogliersi nella preziosa teca, fra le abbaglianti luci dell'altare, debba risorgere nel nostro buio e rozzo cuore. Giuseppe Maratta n ] 1111 11 111 ì i 111111 ! 1111M111111111 11 11111MIM1111111M M j 1

Luoghi citati: Fontanelle, Napoli