Fuga dall'Inghilterra delle opere d'arte

Fuga dall'Inghilterra delle opere d'arte Fuga dall'Inghilterra delle opere d'arte La "bilancia dei pagamenti artistici,, è anche più passiva che non quella commerciale (Dal nostro corrispondente) Londra, 29 ottobre. Una commissione parlamentare britannica ha raccomandato oggi che venga posto fine alla fuga dei capolavori d'arte verso l'estero, soprattutto verso gli Stati Uniti. La «bilancia dei pagamenti artistici » — secondo l'espressione coniata dal membri della commissione nel rapporto ora pubblicato — è anch<> più passiva che non quella commerciale. Le importazioni sono minime mentre la fuga dei quadri, delle sculture e di altri oggetti di grande valore è documentata da statistiche Imponenti: dal 1913 han no lasciato le gallerie private di Gran Bretagna — ossia i vecchi castelli e le antiche case patrizie — 45 Rembrandt, 48 Gainsborough, 40 Rubens, 12 Holbein, 10 Velasquez, un Correggio per non parlare dei « minori >. A queste cifre si accompagnano le dichiarazioni dei vari specialisti del museo Victoria and Albert. Il sovrintendente alle sculture in legno dice che « 11 paese ha ormai perduto gli oggetti di maggiore importanza »; quello alle armature afferma che « due terzi di quelle che avevamo nel 1918 se ne sono andate >. E 11 bibliotecario di Bodley a Oxford aggiunge: «Questa è forse l'ultima generazione che possa comperare in Gran Bretagna libri del XVT e del XVII secolo » Il quadro generale della situazione non è però così tragico come potrebbe parere da queste semplici statistiche. I capolavori che sono partiti hanno lasciato un paese tuttora immensamente ricco di opere d'arte: per secoli l'aristocrazia, i mercanti, la corte, il clero e anche i ricchi intellettuali inglesi hanno collezionato opere raffinatissime di tutte le civiltà, epoche, scuole e continenti, per cui anche dopo queste fughe sensazionali il direttore generale dei musei di Francia può affermare — e con certezza di non sbagliare — che l'Inghilterra possiede tuttora le più grandi collezioni d'arte private del mondo. Questa dei resto, afferma la commissione, è proprio la ragione per cui è giunto il momento di proibire l'esportazlo ne d opere importanti. Il rap oorto consiglia al Governo d'stltmre una commissione nuo va coll'lncarico di vagliare la importanza delle opere che sono state offerte ad acquirenti stranieri. Ma proibire le esportazioni significa spesso compiere una ingiustizia verso i connazionali venditori. Il rapporto cita il caso di un inglese che aveva messo all'asta un'opera di valore; l'ultima offerta di un amatore inglese era stata di 1700 sterline; uno straniero ne offrì 1800. Quando l'organismo che funziona ora (ed è definito imperfetto) gli proibì Ve sportazione, il prezzo dell'oggetto cadde immediatamente a 800 sterline. Così il povero venditore perdette esattamen- te mille sterline. La ragione e semplice: i prezzi internazio nali sono assai più alti di quelli inglesi. Il mercato interno britannico di opere d'arte non soltanto è saturo: è in costante diminuzione. La gente nelle condizioni attuali deve vende re anche se non vuole, mentre di acquirenti in Gran Breta gna ne sono rimasti ormai pochissimi. In America invece dove i compratori sono molti, la scarsezza delle opere d'arte determina prezzi affascinanti. La commissione dichiara che per non fare torto ai venditori inglesi non c'è che l'antica e storica soluzione per cui spetterebbe al Governo di garantire un giusto prezzo, r. a.

Persone citate: Gainsborough, Holbein, Rembrandt, Velasquez

Luoghi citati: America, Correggio, Francia, Gran Bretagna, Inghilterra, Londra, Oxford, Stati Uniti