Una clamorosa scenata tra il Tassoli e il Ratti

Una clamorosa scenata tra il Tassoli e il Ratti IL PROCESSO Al DUE REDUCI DELL'ARMIR Una clamorosa scenata tra il Tassoli e il Ratti "Brutta faccia, avanzo di galera„ urla Tassoli - Gli ribatte Ratti: "Non vorrei aver nemmeno un solo capello dei tuoi „ - Anche i reduci Broggi, De Lisi, Man eucci, pallidissimi, si agitano - Contumelie e minacce volano per l'aria (Nostro servizio particolare) Bologna, 28 ottobre. La serie dei testimoni a difesa s'interrompe stamane per lasciare il posto a due nuovi accusatori, a due reduci che giorni or sono scrissero al Tribunale, e che il Tribunale ha puntualmente convocato. Questo non è solo il processo contro Tdssoli e Bucco, ma è anche una piccola radunata di ex-prigionieri che vengono qui a contarsi, a ricordare, spesso a rinfacciarsi i minuti, infiniti patimenti In cui si logorò la loro giovinezza, di qua e di là degli Urali. Se il teste divaga, e 11 cancelliere alza la penna dal verbale, l'uomo che parla può interessare sempre: si sente che l'immagine d'una certa baracca, il ricordo d'una certa patata, fanno talmente parte della sua personalità che non si può resistere alla tentazione di conoscere, annotare questi particolari accanto al nome e al cognome. Anche se più tardi dovremo tutto cancellare la baracca, la patata, le cimici, eccetera e attenerci all'essenziale. Nel campo di Ciamin Uno che divaga, ad esempio, ma che divaga sul « suo », cioè sulla propria dolorosa esperienza, è l'ex-caporale Alberto Meconi, di Cordano, l'autore della prima lettera al Tribunale. Meconi riconosce subito Bucco (<è questo magro ») e gli rinfaccia, una dopo l'altra, molte cose, con la ostinazione del contadino. Bucco che era capo-campo a Ciumin, fece l'appello dei suoi uo mini sotto la pioggia e il ne vischio, poi, bagnati come eraiilliiiiliiililllllilllllllllllllllllllllllllllllllllilllil o o e r o a o e o i . a o e a a o o e i e e r no, 11 cacciò dalla baracca e li ficcò in prigione. Bucco si scontrò con 11 cuciniere Maddalena, Bucco spronava con le botte al lavoro, Bucco picchiò anche lui Meconi, e lo punì con la prigione una notte che per il gran freddo egli aveva abbandonato il suo posto di guardia. « Sono piccole beghe di un campo di concentramento », interloquisce l'avv. Fusaro scrollando le spalle, ma il testimone insiste. Anche Bucco perde la pazienza e dà un'occhiata a Meconi (« Si, mi ricordo questa fisionomia a Ciumin»), si dilunga in una pittoresca descrizione di quel campo, con 1 romeni che venivano a lordare le baracche degli italiani e che si disputavano 1 buoni posti in cucina, mentre lui, il « brigadiere » dei nostri, aveva la responsabilità di Ciumin e non poteva esaudire ogni richiesta. « Io alla pulizia ci tenevo, signori del Tribunale > esclama Bucco, fra 1 commenti divertiti del pubblico < e come potevo cacciare trenta persone in prigione, che era una prigione ambulante, un gabbiotto di due metri' per due, che veniva spostato di qua e di là? », < Ci mettesti l'uno sopra l'altro » ripete cocciuto il Meconi. Comunque l'igienista Bucco esce abbastanza bene dal confronto e l'avv. Fusaro si affretta a presentare due lettere recentissime e favorevoli al suo cliente. Una è del sergente maggiore Luigi Marsano di Genova, l'altra è di Alvio D'Alba di Schio. «Non potrò mai dimenticare il buon alpino italiano che mi diede da mangiare e che mi salvò a Ciumin. Sono alto m. 1,82 e pesavo allora 42 chilogrammi. Se sono tornato in Italia lo devo a te », scrive il Marsano. « Sei uno del pochi della Russia che ricordo più volentieri », fa eco il D'Alba. Brutte campane fa suonare Invece per Tassoli il secondo reduce, Aurelio Broggi di Milano, un uomo alto, grosso risoluto. Broggi fissa con ostilità Tassoli e poi Incomincia con tono concitato: « Conosco benissimo tutti e due gli imputati. Bucco è quello che mi chiese le generalità all'ingresso nel campo, faceva da scrivano, ma di lui non posso dir niente». Buttato vivo tra i morti « Tassoli l'ho conosciuto sul treno di Kallas, era un capotradotta, ed è stato disumano con tutti. Durante 11 viaggio ha levato da un vagone un soldato stremato di forze, ma ancora vivo, per buttarlo nel mucchio del morti. < Ha bastonato un certo Provera di Pavia, un mingherlino, perchè si era sporto dal vagone per prendere un po' di neve. Bastonava gli ufficiali, dimezzava le razioni viveri, faceva il padrone e non* voleva essere disturbato». Quanto alla morte del capitano Albanese e dei tenenti Pilati e Colombo, il teate afferma con più calma di averne sentito parlare dal proprio ufficiale, il tenente Chiappini, all'ospedale, < ma ero allora In uno stato d'incoscienza, per la malattia, e non ricordo nulla di preciso ». Ricordo benissimo invece quando all'ospedale di Tuia, Tassoll lo sbattè a terra con due ceffoni e gli levò dal dito la fede d'oro dicendogli brutalmente: < Dà qui, tanto tu sei un cadavere». Tassoli — Non riconosco il teste. E poi come fa a dire che aveva la fede al dito, se i russi avevano già portato via tutto? Broggi (scattando) — Eri tu che pigliavi gli anelli. Io ero riuscito a nascondere il mio, così come sono riuscito a nascondere e a portare in Italia i foglietti sul quali avevo scritto i nomi dei morti. Nemmeno quelli avrei potuto portar via, eppure eccoli qui! Tassoli — No, no, io non ho mal preso niente a nessuno. Broggi — Hai preso il mio anello e anche quelli degli altri. Quando andavamo al bagno, Tassoll ci frugava nelle tasche e se vedeva qualcosa se ne impadroniva subito. Come uno sciacallo. Peggio, anzi. Silvio Ratti che poco prima ha riconosciuto in Broggi un soldato del tenente Chiappini torna sulla pedana. < Tassoli sapeva benissimo che 11 capitano Clerici e il tenente Vagninl avevano conservato i loro anelli perchè glie 11 aveva visti addosso», egli spiega. < Clerici aveva messo 11 suo anello nel cappello alpino, dietro 11 fregio, e Vagnini nel ri¬ sIlrrlgrpttsvalsmptmèsntttRc svolto del suo berretto di pelo. Io stesso li alutai a nasconderli. Tassoli lo sapeva, tanto è vero che appena 1 due ufficiali furono morti venne a cercare 1 loro cappelli». Succede il pandemonio. < Brutta faccia, avanzo di galera » urla Tassoli. < Non vorrei avere nemmeno un solo capello dei tuoi », gli grida Ratti. Anche Broggi torna ad agitarsi sulla sedia, anche De Lisi e Matteucci sono pallidi, il viso contratto dall'ira, molte altre contumelie e minacce volano per l'aria e il Presidente sospende l'udienza per qualche minuto. Un nuovo testimone Quando l'atmosfera sì è un po' rasserenata, arrivano due testi a difesa, meravlgliatissimi di essere stati citati. Uno è il tenente colonnello in pensione Achille Mazzitelli, che non ha niente a che fare con il tenente colonnello dei 277" Fanteria e barone calabrese Mazzitelli, già superiore di Tassoli in Russia. L'altro è l'ex-sottotenente Nicandro Bazzanl, che con l'ufficiale veterinario conosciuto dal maggiore imputato ha In comune soltanto il cognome. Il evero» Bazzani è purtroppo morto in Russia, come si viene a sapere poco dopo. Il colonnello Giulio Cesare Salvi, ex-comandante del 877° Fanteria, non si ricorda in modo particolare di questo suo caporal maggiore. Ci pensa lui, Tassoli, a rinfrescargli la memoria citando con esattezza nomi di ufficiali e di località, posizione dei reparti, perfino una punizione avuta al fronte. Tutto quadra, ma questo e quell'ufficiale seno morti, il colonnello ■ (iiliiiiiiiirtiiiliilEiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiii n e o e l , l a i e o o ititiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiililtiiiiiiiliiltllSalvi può dire ben poco. Una cosa egli può asserire di certo,' che pare stia a cuore della Difesa, e cioè che al Reggimenti non pervenivano segnalazioni speciali, di natura politica, a carico dei militari. E' una circostanza confermata anche dal maresciallo Alfio Bozzi. Il caporalmaggiore < sovversivo » Tassoli esisterebbe perciò soltanto nel rapporti odierni della Questura. Il Tribunale ha poi citato per 11 giorno 31 un nuovo teste: l'ing. Albanese, fratello del povero capitano, ed ha rinunciato all'irreperibile barone Mazzitelli. Non è facile ritrovare tutte le persone che servirei) bero: i più sono morti, gli al tri non si sa dove siano andati a finire. L'avv. Fusaro seguita a ricercare con ansia l'alpino Rinaldi o Grimaldi sceso alla stazione di Parma un giorno del 1946, mentre l'avv. Marulll invita, per mezzo della stampa, il signor Giovanni Radaelli (che il 24 u. s. gli mandò a Milano una lettera < molto interessante ») a farsi vivo di persona o, almeno, a comunicargli l'indirizzo. «I superstiti della baraccateatro — ha detto questa mattina Matteucci al Presidente — siamo noi: io, Ratti, De Lisi, Donnarumma, Bruno Rasen se è vivo, e alcuni altri che andarono poi al lazzaretto. Ma ritengo che non siano sopravvissuti ». Erano una domanda e una risposta pertinenti alla causa, un « dato » già acquisito che il Presidente voleva soltanto ribadire, ma che ha fatto grande impressione, come e più del primo giorno. Giorgio Vecchietti smrddaNmcpdnncpdtttlcm