Tumultuoso scontro nell'aula tra gli accusatori e gli imputati

Tumultuoso scontro nell'aula tra gli accusatori e gli imputati IL PROCESSO Al DUE REDUCI DELL'ARMIR Tumultuoso scontro nell'aula tra gli accusatori e gli imputati La cauta deposizione del generale Emilio Battisti - La requisitoria d'un teste: "Siamo saliti in 52 sul convoglio alla partenza da Kallas e siamo discesi in tre. Tutti morti gli altri, tra cui il tenente Marchisi impazzito, causa la fame e le feroci bastonature,, (Nostro servizio speciale) Bologna, 24 ottobre. L'uniforme, le decorazioni a) valore, la greca e il pizzetto alpino di un generale in servizio attivo, che fu generale anche sul fronte russo e condivise poi da prigioniero le sofferenze dei prigionieri di ogni grado, hanno avuto per effetto di riportare stamane un po' di calma, di rinnovare il ricordo della disciplina militare fra questi ex militari, che hanno accumulato troppo odio e troppe crudeli esperienze per fare caso a un gallone. L'effetto, però, è durato poco. Uscito il generale, reduci accusati e reduci accusatori, sono insortì, veementi e minacciosi, e la piccola aula del Tribunale si è quasi trasformata per qualche minuto in una baracca del '43 o del '44. Il primo testimone è oggi il generale Emilio Battisti, la cui deposizione è importante pei dmdnelmcgtBclgSuTvcdcpCIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIUIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII due motivi: perchè, come comandante il Territorio Militare di Bologna, diede corso alla denuncia contro Tassoli e Bucco e poi, come ex comandante della Divisione Cuneense esperimentò'la vita dei campi di concentramento e vi conobbe, fra gli altri, l'alpino Ratti. Quanto al primo punto, il generale Battisti spiega che un suo vecchio amico e compagno d'armi, il tenente colonnello Springolo, lo venne a trovare a Bologna per sapere qualcosa del genero, il tenente Vagnini, della cui morte non era ancora convinto. In quella occasione Springolo mostrò al generale un rapporto di Ratti contro Tassoli e il generale ritenne doveroso, data la gravità delle accuse, di passarlo al capitano dei carabinieri Fabbroncini, che iniziò le indagini condotte, poi a termine dal maresciallo Chiapperini. < Ho conosciuto IIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII Ratti nel febbraio del 1944 nel campo 160 di Susdal — ha continuato il generale Battisti — là ritrovai una quarantina di miei ufficiali e ne conobbi anche altri che non erano ufficiali ma che passavano per tali dinanzi ai russi. Un" di questi era l'alpino Raw. che, de) resto, me lo disse '» . oito, spiegandomi che i suoi stessi superiori egli avevano consigliato di farsi passare per tenente nella speranza di un trattamento migliore. Le informazioni che raccolsi su di lui furono tutte favorevoli. Ratti veniva spesso da me per consigli o altro, come facevano molti prigionieri, specialmente i più giovani. Tre mesi dopo fu assegnato a un altro campo e prima di partire mi volle regalare una cinghia per i pantaloni che conservo ancora». Due lettere e un plico Su richiesta del Tribunale e della difesa il generale Battisti fornisce poi qualche ragguaglio sui prigionieri che egli distingue in tre gruppi opposti: i più disciplinati, che anche in prigionia seguitavano a comportarsi come soldati, ed erano detti dagli altri < i fascisti », 1 pavidi che si prestavano a tutto, anche alla delazione, pur di avere qualche vantaggio, ed erano detti < i cascisti » (dalla cascia, una polenta di miglio) ; e il terzo gruppo infine composto dai più violenti, che si abbandonavano ad ogni eccesso. Per la delazione di un cascista il comandante russo del campo chiamò un giorno il generale Battisti e gli proibì di continuare a redigere l'elenco dei morti e dei dispersi, avvertendolo che tanto le carte gli sarebbero state sequestrate, come difatti avvenne. Aggiunse che a tali comunicazioni aveva già provveduto il governo sovietico. Sulla diversa sorte toccata ai prigionieri, il generale Bat tisti ha dichiarato di averne sentite tante, di voci, ma di essere sicuro soltanto di ciò che potè ' controllare di persona < Durante i quattro mesi in cui rimasi al campo ufficiali — egli ha concluso — non morì nessuno, ad esempio ». Congedato il teste, il presidente, generale Ravenna, co munica che sono arrivate al Tribunale due lettere di reduci e un plico dei carabinieri di Monopoli in Puglia. E' una po sta che promette poco di buo no, gli imputati e i difensori sono sulle spine. Nella prima lettera infatti Aurelio Broggi di Milano, un altro del treno di Kallas, scrive che Tassoli il quale figurava come il capoconvoglio, < dimezzava le razioni viveri degli ufficiali » a proprio vantaggio. A lui, Broggi, continua la lettera, Tassoll cercò in seguitò di strappare dal dito, a suon di ceffoni, la fe de d'oro con queste parole: « Dammi qui, non vedi che sei già un cadavere? ». . La seconda lettera, a firma di Alberto Meconi, di Corchiano, riguarda invece Bucco. Si parla delle botte che Meconi e certi Petriz e Maddalena eb bero da Bucco nel campo 58 di Ciumin. Il plico dei carabinieri inoltre contiene una vecchia deposizione del sergente maggiore Giuseppe Guarnieri, sul capitano Albanese (< Fu malmenato da vari italiani e "poi imiiiiiiiiimiiiiNiiiiim morì ») ; e un'altra del tenente Donnarumma, già sentito nel processo, sulla morte del tenente Colombo. Il Tribunale fa citare questi nuovi testi nonostante che l'avv. Fusaro, difensore di Bucco, rilevi come per i fatti di Ciumin il magistrato militare di Padova ammlstiò già il suo cliente. < Venga pure a deporre Maddalena — interloquisce, Bucco, rosso in volto, agitato — a Ciumin io rischiai la fucilazione per avere difeso gli italiani. Io sono tornato a PeBcantina con cinquecento uomini, lì ho portati fino a casa loro e nessuno è ora venuto a difendermi ». Questo scatto è appena un preambolo alle grida che udiremo tra poco. Francesco Matteucci, un giovane milanese, dal volto affilato e dagli occhi ardenti, incomincia a raccontare le sue peripezie da Kallas in poi. Parla con voce sorda, su un tono un po' enfatico, a testa piegata in avanti, e subito si avverte che questo è il più violento attacco al Tassoli. Matteucci fabbrica caramelle a Milano, se potesse fargliene inghiottire una, dieci, cento avvelenate, al suo nemico, penso che in questo momento, almeno, ne sarebbe felice. « Eravamo in 52 nel mio vagone quando partimmo da Kallas — egli dice — fu un viaggio terribile. Il tenente Marchisi impazzi e morì delirando. Un giorno ci diedero un po' di farina cruda e per cucinarla staccai dal vagone un asse e accesi il fuoco. Questo fatto attirò l'attenzione dei russi e, soprattutto, di Tassoli che arrivò, chiese chi era stato. Avevano tutti paura di lui, indicarono me, e Tassoli mi sferrò un pugno sulla bocca, rompendomi due denti. Non vedemmo più viveri. Era Tassoll che ci voleva punire. Per questo siamo saliti in 52 e siamo scesi dal vagone in 3: io, Carlo Ferroni, Bruno Rasen di CapodÌ8tria. Gli altri, tutti morti Tassoli — dice Matteucci cupamente — è responsabile di tutti i morti da Kallas al Campo 75 ». Poi Matteucci rievoca la scena del capitano Albanese e del tenente Filati percossi a sangue da Tassoli, questo Tassoli c che viveva solo per picchiare ». < che camminava sempre col bastone come un mandriano », « che agiva così non perchè i russi glie lo ordinassero, ma per malvagità di animo ». Delinquenti, me la pagherete Seccamente, senza esitare il teste risponde alle domande del Pubblico Ministero: Sì, si, Albanese e Pilati furono colpiti alla testa con colpi violenti, ripetuti, numerosi, all'impazzata « Mirava al viso,. lui ». Poi eccoci all'episodio Colombo. < Il tenente Colombo era ancora in buonissime condizioni fisiche precisa Matteucci — saltò sul palcoscenico per sfuggire al Tassoli, cadde e Bucco, che, credo dormisse sul palcoscenico, si svegliò, gli diede un calcio. Penso che Bucco non si rendesse conto di ciò che stava succedendo. Lui non è mai stato cattivo, tutt'altro... ». Il primo a insorgere invece è Bucco, che già agitato com'è dal pensiero di Maddalena e del Campo di Ciumin, non capisce che la voce di Matteucci, così aspra quando parla di Tassoli, si è ora improvvisamente ad¬ dolcita. < Dite la verità, dite la verità — grida piangendo H friulano levandosi in piedi — per venire sin qui a discolparmi ho venduto i due vestiti che avevo ». Anche Tassoll scatta, torvo, le mascelle serrate: « Delinquenti, me la pagherete ». Col dito puntato, non contro Matteucci, ma contro Ratti o De Lisi, che sono nell'aula a pochi passi da lui. « Dilla tu, la verità » risponde Ratti. « Ci avete denunciati per farvi poi trovare un buon posto dalle famiglie dei morti » urla Tassoli. Esplodono altre minacce, altre invettive, gli avvocati cercano di calmare i loro difesi. Matteucci riprende ma più eccitato di prima: « Tassoli aveva creato il terrore. Io, tutti, dovevamo abbassare lo sguardo davanti a lui. Se l'avessi fissato così, come lo fisso ora — egli dice voltandosi verso il suo nemico e guardandolo intensamente, pallidissimo — lui mi avrebbe eliminato». . < Vigliacco! » grida Tassoli. Nuova scenata, nuovo andirivieni di carabinieri, di avvocati, nuove ammonizioni dei magistrati. Tassoli chiede due o tre volte di uscire dall'aula, ma il presidente lo invita a rimanere e a calmarsi. Ma Matteucci non ha ancora finito. C'è l'episodio della distribuzione della minestra fatta da Tassoli, con il Matteucci che è preso a pugni e a calci dal < capo » e finisce a terra, sotto la finestra della baracca. « Rimasi lì rannicchiato tutta la notte e ne risento ancora le conseguenze ai polmoni » egli dice, poi con sarcasmo sottolinea il periodo di disgrazia di Tassoli, quando gli fu tolto il comando e anche lui fu costretto ad andare a segare legna nel bosco. « Allora si ammansì un poco, veniva a cercarmi in ospedale, mi pregava che lo raccomandassi al dottore perchè l'assumesse come infermiere. Io niente ». "Quando il 20 novembre 1945 raggiunse finalmente la frontiera, Matteucci corse al posto dì polizia e denunciò Tassoli. I treni perduti, altri internamenti non previsti, tutte le peripezie che aveva corso durante il viaggio non valsero dunque a levargli dalla testa quel pensiero dominante: Tassoli. Quanto al Bucco il teste ha chiarito volentieri ciò che voleva dire prima, quando era stato interrotto: Bucco era il vero interprete dei russi, era buono, difendeva i compagni di prigionia, procurava il tabacco al capitano Clerici, gli voleva bene, e il giorno che fu percosso il tenente Colombo egli forse ignorava la gravità dell'incidente, certo non riconobbe l'ufficiale, nel gruppo che all'improvviso gli era caduto dinanzi ai piedi. Calmatosi un poco, il Bucco ascolta divertito il maresciallo Chiapperini che racconta quanti viaggi, quante corse dovette fare nel Veneto, negli Abruzzi, nell'Emilia, nella Liguria per dare un corpo a quel fantomatico « Mariano ». Il tenente colonnello medico Caporale, illustra in due parole la perizia, necessariamente molto problematica, sulle cause della morte del tre ufficiali, sulla base delle testimonianze, poi l'udienza è rinviata a lunedì. Giorgio Vecchietti