La liberazione di Kesselring

La liberazione di Kesselring La liberazione di Kesselring Politica pericolosa Kesselring, il lugubre Gau,leiter d'Italia, è dunque in libertà. Uniamo le nostre umili e ferme riserve a quelle che opportunamente, con una prontezza che gli fa onore, il Senato italiano per primo espresse sin da ieri, attraverso i rappresentanti dei maggiori partiti: protesta alla quale il Governo, associandosi senza diplomatiche esitazioni per bocca del ministro Fanfani, ha conferito un valore quasi di nazionale unanimità. Kesselring e stato graziato dal ministro Eden. Eden è uno statista elegante, le sue cravatte sono impeccabili, i suoi abiti emanano aria di Saville Row. Anche questa grazia, elargita con la noncurante clemenza di un sovrano, è un gesto elegante, è, se così si può dire, il morale corrispettivo di quelle cravatte. Questa cavalleresca eleganza, per cui il nemico vinto non è più nemico, non oggetto di persecuzione e rigore ma di pietà, sì che, come Ciro fece con Creso, non lo si lasci prostrato, ma si rialzi, e si dia ordine di levargli i ceppi, è una nobile virtù umana. E', oltre tutto, una virtù democratica. Di solito la democrazia è elegante. La democrazia perdona. E, se il perdono è accolto dall'altra parte con la stessa umana eleganza e generosità, se è accettato come invito a considerare morto il passato ed a stringere sinceri legami nel futuro, benefico e saggio è il perdono. Ma temo che questa volta non sarà così. Per tutti questi gerarchi e generali il perdono non è perdono, è una riparazione dovuta, e quindi una implicita assoluzione- Essi non escono di prigione col cuòre liberato, desiderosi di capire il mondo nuovo che si è creato sulle loro rovine, e di lavorarvi umilmente: no, essi escono quali sempre furono, portando intatto dentro l'eredità del loro passato, tutto il loro povero rancido decalogo nazista, carichi di livore e di orgoglio, pronti a ricominciare domani con la uguale rabbia e, occorrendo, efferatezza. Basta guardare come, appena fuori, si muovono e parlano. Ricordate lo spudorato cinismo col quale, appena rimesso in libertà l'agosto scorso, von Falkenhausèn attaccò la Francia: si vede che non le basta ancora quello che le hanno fatto! E la tracotanza con cui il dottor Schacht si spupazza tra oriente e occidente impartendo burbanzosi consigli a tutti (lui, il grande arcidiavolo di Hitler). E vedete le prime dichiarazioni che Kesselring ha fatto ai primi intervistatori appena libero : che in Italia comando e truppe tedesche si comportarono benissimo, « salvo alcuni deplorevoli incidenti ». Capite ? Marzabotto, Sant'Anna, le Ardeatine, le mille uccisioni, le sevizie, le distruzioni e ruberie, non sono state altro che deplorevoli incidenti. Deplorevoli incidenti s'intende, ossia il minimo che possa capitare in una guerra. Questo vuol dire che, se domani tornasse in guerra, il maresciallo Kesselring la rifarebbe nello stesso identico modo. Perchè lì è il nodo della questione: la loro tesi è che essi hanno fatto benissimo, che fucilando ostaggi, bruciando donne e bambini essi hanno compiuto il loro dovere. E pazienza fossero soltanto loro a pensarlo, i Kesselring, i von Falkenhausen, i von Manstein, ecc. Ma, ahimè, se essi parlano così, è perchè si sentono spalleggiati : spalleggiati non soltanto dalla corrività alleata, ma da un considerevole blocco dell'opinione del loro Paese. Non dimentichiamo che proprio Kesselring fu nominato tre mesi fa, quando ancora era in prigionia, pre' sidente del « Casco d'ao ciaio », cioè dell'associazione tedesca degli ex-combatten ti. « L'ora è venuta — diceva il proclama lanciato in quell'occasione — in cui il nostro popolo afferma che l'onestà e la dirittura del soldato tedesco sono al di sopra di ogni sospetto. Esso considera ogni diffamazione ai danni del soldato tedesco come ingiustificata calun nia ». Il soldato tedesco insomma, solo per il fatto di essere tedesco, è al di sopra di tutti, Uber allea come la Germania. Rispunta la vecchia pazzia tedesca, per la quale due volte nel corso di mezzo secolo la Germania andò in cenere, e purtroppo con essa l'Europa. Delittuosa sarebbe la politica che incoraggiasse questa pazzia. Può essere utile e prudente certo che la democrazia si armi, «he in attesa della sospirata pace, i popoli disarmati muniscano le loro frontiere. Però guai se questi eserciti, creati per difendere la democrazia, diventassero nuovi vivai di camuffati fascismi. Ora, purtroppo, ogni giorno si moltiplicano in Germania i segni che già il solo lontano annuncio che possa esserci domani un esercito tedesco scatena dappertutto segreti e morbosi fermenti, di cui le recenti rivelazioni sul KuKlux-Klan squadrista della cosiddetta Gioventù germanica sono il più teatrale, ma non forse più grave sintomo. Non si potrebbe dare idea più nefasta di quella di difendere P Europa incoraggiando un nuovo nazismo con la speranza di imbrigliarlo. La prima volta che si fece quest'esperimento la Russia arrivò a Berlino. La seconda arriverebbe a Parigi. E sarebbe la fine per sempre degli eleganti statisti. f. 8.