Una patria nel Friuli

Una patria nel Friuli Una patria nel Friuli Le strade non sono più bianche, ma di viola d'asfalto. Ancora le fiancheggiano i platani, in più giovani filari, e nei fossati l'acqua scorre non so se più lenta o più . ,-loce. Rivedo i prati simili a <; :elli dove ci accampammo, i campi dove andavamo a sgranocchiare pannocchie arancione di granturco, i casolari dove andavamo a bere acqua freschissima dalle mezzine di rame che ci porgevano madri sorridenti e pietose, gli alti campanili rosa ai quali si orientavano le nostre sperdute nostalgie. Il Friuli. Ci eravamo accorti, trentacinque anni fa, di quanto fosse bello? Eravamo in troppi, eravamo tutti gli uomini giovani d'Italia, sparsi fra il "ragliamento e l'Isonzo, dalla Carnia ad Aquileja, e questa terra, se era il nostro ultimo focolare, era anche il motivo di un nostro spavaldo rancore. « Da Falmanova a Udine — ci stanno gli imboscati... », cantavamo sul Mrzli, sul Sabotino, sulle quote di Monfalcone; e il Friuli, in quella esasperata sofferenza della trincea, quasi ci appariva come il paradiso dell'ingiustizia. Ma poi veniva la nostra volta, anche noi si scendeva « a riposo »; e subito questi paesi riprendevano per noi la loro casta luce, subito ci diventavano familiari e affettuosi: Cérvignano, Cormons, Nimis, Tricesimo, Cividale, Premariacco, Spilimbergo, Pozzuolo, Pordenone, Sacile, Gemona, Strassoldo ... Paesi, borgate, piccole città dove la gente della mia generazione, ha sentito forse per la prima volta battere timidamente o tumultuosamente il cuore, sulle soglie di pietra grigia delle fattorie, davanti agli occhi chiari e spiritosi di donne_ bionde ridenti. «O cebiel cis'cèl a Udin, — O ce biele zoventùt... », arrischiava anche il piccolo tenente di Brindisi o il caporale di San Frediano; ma a Udine ci sentivamo scioperati, impigriti, sedendoci ai tavolini dei caffè, col fango ancora appiccicato alla divisa, il berretto di traverso e una smorfia insolente sulle labbra, specie al passaggio dei grossi, pomposi generali e al cospetto dei ministri in calzettoni sportivi venuti, con la loro stravagante presenza, a rialzarci il morale... Udine era la loro capitale, e, come tutte le capitali del mondo, invidiata, desiata e odiata da noi: noi, i provinciali del fronte, di una provincia tutta fatta di grotte, di buche, di camminamenti, e di disperanti attese nelle giornate che mai si risolvevano, in una tragica noia che ci rendeva ottusi anche davanti al monotono, ormai inespressivo spettacolo della morte. No, non potevamo accorgerci di quanto questa terra fosse bella, neppure in quelle soste frettolose, arrovellate dal pensiero del ritorno a quegli orridi monti; non avevamo il tempo, nè l'animo, e neppure la fantasia sufficienti a dare una meditata reviviscenza a quelle ore di contemplazioni. Ma dopo tutta questa valanga di anni che ci si è accumulata addosso, ora siamo certi che, quella terra, la abbiamo profondamente anche se inconsciamente amata. Chi di noi torna qui, subito vien pre so da una singolare agitazione, come se si rinnovasse la timi dezza o il tumulto di quei primi battiti del cuore, e subito, nell'iridata conchiglia della memoria, sente riecheggiare dietro questi nomi di paesi e città tutto uno stormo di voci umane, di vaghe risonanze, accompagnato da apparizioni che lo lasciano incantato: quei prati, quelle acque, quei campanili, quei casolari, più vivi ed eloquenti in n-'i di quel che non siano i luo ghi stessi dove siamo nati. Io non credo di andare ol tre il vero, se dico che l'aver riveduto il Friuli è stato per me come rivedere una patria, E forse ne so la ragione. L'età virile comincia verso i vent'anni, e a vent'anni l'uomo ha una nuova nascita, che sulla prima ha il vantaggio della consapevolezza, perchè si contempla, si assiste giorno per giorno, e si vigila attraverso un'intelligenza ancori capace di meravigjia, di entu-'-smo, di grave o futile dispei.. '.ione, e infine possiede con la parola lo strumento per rivelarsi a se stessa. Tutto ciò, si intende, avviene senza che si sappia esattamente rendersene conto; ma io ritengo che il luo go dove si è vissuto a vent'anni, quello non possa mai cancellarsi dal nosfu spirito, oltre che dalla nostra memoria. Si aggiunga che la memoria del Friuli, per noi, ha una durata più umana, e quindi più inalienabile, che non la memoria dei luoghi stessi dove abbiamo realmente combattuto: perchè il Friuli non era per noi la guerra, bensì. l'immagine più vicina, più tangibile della pace; e qui, fin quando duravano i nostri soggiorni, non ci sentivamo distratti dal pensiero della battaglia e della nostra esistenza precaria di creature prossime alla caduta (tSi sta come — d'autunno — sugli alberi — le ioglie... »). Qui, fra questi campi distesi come se li avesse accarezzati una mano celeste fino all'orizzonte, su queste leggere, aeree colline, in queste ville, fra questa gente mite e cortese, noi ci sentivamo partecipare finalmente agli affetti, ai silenzi, al le solitudini, alle calde ilarità giovanili, e udivamo le parole semplici e antiche come l'acqua e il pane. Davanti a noi non c'era l'invisibile, ignoto nemico dj uccidere perchè non ci uccidesse, ma c'erano quiete creature dagli occhi chiari che ci tendevano la mano e sospiravano in una limpida tenerezza sui nostri dolori. Bella patria dei nostri anni fioriti! Ce ne accorgemmo quando fummo co- btsqsncnmstmgplmcntsrasmtcmsqcsdmfcnptafspUspBtscctmdccmqtcsarvl stretti, tutti noi soldati, ad abbandonarla, e in spaventevole angoscia e mortificazione ripassammo i ponti, mentre il popolo di Cervignano, di Palmanova, di Tarcento, di Casarsa, di Latisana, di Codroipo, di tutti i cari paesi delle nostre tregue, ci osservava stupefatto più che intimorito, con gli occhi chiari non più spiritosi ma tristi; e poi anch'esso ci seguì, il popolo friulano, a piedi o sui carri tirati dai lenti buoi su quelle strade divenute infernali, sempre più serio di taluni di noi che nella sciagura trovavano ignominiose speranze di salvezza. E allora ci parve assurdo, ci parve inconfessabile che noi non fossimo rimasti là, tutti, a morire per proteggere quei diseredati, per difendere l'incantevole patria del nostro tempo migliore. Io non so se i giovani di oggi vorranno intendermi. Troppo diverso, e incoerente, fu il loro destino Ma mi rivolgo ai miei soldati che governavano i cavalli, felici come a casa loro, nei cortili dei cascinali, e piantavano le tende cantando e fischiettando, tra il fumo azzurrognolo delle cucine da campo, ai margini dei paesi donde rispondevano altri canti e altre modeste volute di fumo salenti dalle cucine odorose di fuoco e di polenta; mi ricordo ai miei compagni che con me passeggiavano, nelle sere piene di quel silenzio umido e misterioso che hanno soltanto le pianure, sugli argini dei fiumi, sulle strade lunghe e bianche tra gli immensi platani e i canori fossati, fra i vigneti e il trifoglio, e come me pensavano a un avvenire giusto come quella campagna, sereno come quella gente; mi richiamo agli amici che allora non conoscevo ma che forse incontrai su quelle stesse strade, immersi nei medesimi pensieri: a Baldini, a Soffici, a Ungaretti, a Montale, a Comisso, ad Alvaro, a Monelli, a Stuparich, a Gadda, a Tecchi, a Bacchclli, a tanti altri; e a tutti vorrei chiedere: davvero mi sbaglio? Non sentite anche voi che la vostra vera vita è cominciata qui, ancor più che nelle trincee e nelle cannoniere, è cominciata in questa parte estrema d'Italia, così pura, così amabile che a vederla doveva sembrarci meno amara la fatica di giuocare ogni ora la nostra vita, pei mesi, per anni, sulla scacchiera quasi sempre immobile del fronte? Io vorrei essere tornato anche per voi, nel Friuli, in questi pochi giorni del più dorato autunno; e anche per voi vorrei dire ai nuovi amici qui trovati, forse figli di quelli che incontrammo nelle splendide ville o negli oscuri casolari, che noi pure apparteniamo, per diritto acquisito in gioventù, se non per nascita, alla loro bellissima e. gentilissima patria. G. B. Angioletti I uiimiiiiinimiiMiiNiiMnimtimiiiiiiiiiiwiHiMf