Attori e attrici d'italia commemorano Simoni di Filippo Sacchi

Attori e attrici d'italia commemorano Simoni ■ss APPLAISI AL »I LA' DEL TEMPO Attori e attrici d'italia commemorano Simoni Attese di morire con dolcezza stoica, amabile e fantasioso ; diceva di essere già quasi morto, una volta, svanendo come poche gocce di mistrà si sciolgono nell'acqua fNostro servizio speciale) Milano, 1 ottobre. Appena stasera, achiudendosi il velario del Teatro di via Manzoni, apparve sul palcoBcenico facendo ala a, Ruggeri la schiera per numero e per nomi Imponente degli attori e delle attrici che accogliendo l'invito del comitato per le onoranze a Simoni erano accorsi a partecipare, fosse pur come comparse, alla rappresentazione commemorativa del «Carlo Gozzi», immediatamente tutti gli spettatori in sala, anche quelli che avevano pagato ventimila lire, capirono che quella recita non riguardava lóro. Quella recita era per Simoni. Ebsì erano allineati là in quel momento, non davanti a noi ma davanti a lui, quasi a M11T MI 111M1M11U111F M111M M1111111M111M M1 : M M1111M generale invisibile perchè 11 passasse in rivista, ed era a lui che il buon colonnello Ruggeri li avrebbe mentalmente presentati tra poco, pronunciando con la sua voce magica e pacata parole commosse di ricordo (si, 31 presenti, assieme a tutto il teatro italiano). E per lui subito avrebbero gesticolato e parlato, come se egli fosse davvero là in quella poltrona numero 150 di quarta fila dove puntualmente ogni sera di « prima » solevano ritrovarlo,, e dove ancora di tanto in tanto qualcuno, senza volerlo, correva con gli occhi. Era insomma un affare di famiglia, della grande, simpatica, chiassosa, eterna famiglia dei comici. Era la sua famiglia. Bastava guardare sul palcoscenico quei visi, visi no¬ [ n H MIMIM1 ! 11T MIU M M M M111M M11M M1MIU111MIM11 ti, visi popolari, stampati nei rotocalchi e nel cuore del pubblico, legati a tanti intrecci ed a tanti personaggi, perchè quasi per irresistibile riflesso comparisse anche il suo. Era sempre vissuto con loro. Li aveva seguiti tutti, anzi, solo la Gramatica e Ruggeri rimanendo ormai dei suoi coetanei, li aveva, si può dire, visti tutti incominciare e crescere: lo stesso Baseggio che incarnava Gozzi con spirito e bonomia, la Capodaglio, lineare e piena di autorità, il Sabbatini che dirigeva i compagni, il Cavalieri, ecc. Non parliamo degli altri, il Cimara, il Ricci, il Tofano, il Cervi, il Lodovici, la Pagnani, l'Adam, la Ferrati, la Torrieri, la Gioì, la Benedetti, la Paul e la Renzi che pur essendo uscita ormai dal ! 11 r 111111111M f 11 ; T1 II 1111 [ t ! IEI ! IMITIMIM ! 11 [ 11 regolare teatro di prosa aveva implorato dai compagni di poterci rientrare per una sera in una parte di anonima serva: per lui tutti putei e putele, per quali era stato papà e maestro, consigliandoli alle prove, sorreggendoli nei primi passi, sempre pronto a dare quando occorreva una mano per incoraggiare lo spettatore e il botteghino. E per amor suo la famiglia in questa occasione era diventata tutta veneta. «Noi attori comici — fa dire Simoni ad un certo punto a un personaggio — parlemo tuti venezian ». Infatti Simoni ha scritto il suo |*«Carlo Gozzi» in Veneto, e perciò tutti gli attori non veneti che consentivano a comparire in parti e particine secondarie accanto ai loro compagni veneti, ai quali naturalmente spettava fare da protagonisti, dovettero imparare per questa volta le loro battute nella dolce favella della Serenissima, (Uno solo fece eccezione, Renzo Rìcci, il quale confessa di avere un totale complesso di inferiorità davanti al dialetto sicché, dovendo impersonare uno dei tre usurai che vengono nel primo atto a batter cassa a casa Gozzi, scelse di dire le sue poche battute nel suo, in livornese. Può essere benissimo — dice — uno strozzino livornese...). Veneto nel cuore Veneti dunque, perchè lui era veneto, profondamente ve neto, per carattere, per umore e parlata. Veneto nell'argu zia, che aveva copiosa e brillantissima, nel genio dello scherzo, per cui al vecchio Corriere erano celebri gli epigrammi in versi che, a istigazione di Balzan, 'scriveva sui piccoli infortuni e innocue manìe dei colleghi. Veneto nel suo tollerante e civile saper vivere, nella sua bonaria ripugnanza per la retorica, nella sua indulgenza che a torto pareva a taluni debolezza accomodante, e che invece era antica coscienza della comune pochezza. Veneto qualche volta nei suoi estri e nelle sue lune («veronesi tuti mati») che però non duravano mai, non lasciavano mai strascichi d'astio e bave di fiele. Veneto infine nel cuore, nel bisogno dì comunicare e di amare, <M cercare e dare simpatia, In un certo gusto umano e cordiale della curiosità, soprattutto in quel grande dono della familiarità che faceva ch'egli si accostasse a tutti, alle cose grandi dello spirito come ai minuti piaceri, al libro raro come agli uccelletti con polenta, a Shakespeare come all'umile donnetta, con la stessa confidenza fresca gioviale ed espansiva; che è poi la familiarità e la confidenza che circolano -nelle calli veneziane, nel dialogo del Goldoni e nelle prose di Gozzi. I Gozzi. Ottima scelta per questa serata commemorativa il « Carlo Gozzi ». Perchè può darsi che altre opere di teatro di Simoni siano più durevoli e rappresentative. Ma senza dubbio questa è la più autobiografica. Intanto c'è il Settecento veneziano, quello stupendo Settecento veneziano che ha solo il francese per emulo. e che egli adorò. E poi ci sono, presenti in scena e dietro le quinte, come Goldoni, i grandi tipi di quel secolo al cui studio egli consacrò tanta parte del suo amore e del suo tempo. Ora a cose finite, guardando questi personaggi muoversi e parlare là sulla scena, era impossibile non sentire con un nodo di commozione, quanto inconsapevolmente abbia messo in essi di sè e del proprio destino. Carlo e Gaspare, due ingegni e due nature profondamente diversi. Eppure è straordinario come a sovrapporli vien fuori Simoni: l'uomo di teatro e il grande giornalista, la fantasia poetica e l'acuta osservazione della realtà quotidiana, l'adorazione della donna e l'orsaggine libresca, l'attività gagliarda e l'intima malinconia. Una fine esemplare E al quarto atto quando Gozzi ricompare, solo ormai, vecchio e stanco, e intorno a lui tutte le cose amate, Venezia, i cari amici, il teatro si tingono di crepuscolo, è impossibile non pensare all'ultimo Simoni. Amabile e stupendo fu l'ultimo Simoni. Già da qualche anno colpito al cuore, fra riprese e ricadute continue, fino alla fine stette fermo al suo posto, e ogni sera di « prima », se appena poteva, era là, a teatro, per correre subito dopo al giornale a scrivere. Ingrassato, fatto gli ormai pesante e difficile il camminare, viveva tutte le giornate che non passava a let to, a tavolino, lavorando, tra i suoi libri ed i suoi preziosi cimeli teatrali, felice come un ragazzo di vederseli finalmente riuniti di nuovo intorno: proprio negli ultimi tempi aveva finito un», grossa storia del vecchio Teatro Manzoni, e preparava un libro per ragazzi sull'antico teatro e sulle maschere. Sapeva ormai di morire, o il modo come aspettava la morte, con dolcezza stoica, scherzando su se stesso e sui suoi mali, era delizioso e commovente insieme. Una volta si lamentava con un amico perchè non l'avevano lasciato morire al primo attacco, cinque anni fa, a Verona. L'amico gli chiese cosa aveva sentito in quel momento. Simoni rispose: «Era una sensazione piacevole e bellissima. Mi sentivo di andare nel niente, di sciogliermi come il mistrà >. Il mistrà è quell'anice molto alcoolico, che usano In tutti 1 caffeucci popolari veneziani, e che buttato a gocce nel bicchiere si spande subito nel l'acqua formando una diafana nuvoletta sfumata e azzurro gnola. Cosa volete che importino tutti gli applausi e le chiamate di stasera, e i nostri articoli, e 11 resto, ad un uomo che è entrato nella morte come 11 mistrà. Filippo Sacchi ,

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