Felice ritorno di Charlot ai luoghi della sua giovinezza di Riccardo Aragno

Felice ritorno di Charlot ai luoghi della sua giovinezza ARRIVO il LONDRA DOPO VENTUN ANNE RI ASSENZA Felice ritorno di Charlot ai luoghi della sua giovinezza "Non ho dormito tutta la notte per l'emozione,, ha detto, ed era nervoso inquieto ed incantato - "Negli 8. U. ho milioni di amici e qualche nemico; non sono un comunista; nella mia vita ho soltanto voluto far ridere la gente,, - Festose accoglienze popolari (Dal nostro corrispondente) Londra, 23 settembre. Alle 10,^5 di stamane, emozionato come un innamorato al primo appuntamento o come -tino scolaro al primo giorno di scuola, Charlie Chaplin è tornato nella sua città dopo un'assenza di ventun anni. La gente gli è corsa incontro al vagone ed ha fatto ressa intorno ai poliziotti che lo difendevano. La città, che gli si è aperta dinanzi all'uscita di Waterloo Station con il nuovo ponte, i grandi fabbricati del Festival in via di demolizione ed il grande panorama della curva del fiume, ha detto Chaplin, è cambiata immensamente. Il nuovo ponte sul Tamigi ad una sola arcata, non gli è piaciuto. «Io — ci ha detto più tardi senza malizia politica — sono un conservatore ». La folla che lo attendeva era fitta ed entusiasta. Si sentirono molte grida di « Evviva Charlie! » e molti inviti dei poliziotti per aprire un varco prima che Chaplin potesse arrivare con la famiglia all'automobile. I vecchi amici C'era un vecchio direttore di teatro, che prima della prima guerra mondiale gli portava in camerino le tazze di té, il signor Diamant, che voleva stringergli la mano. Ch'erano i vecchi amici che volevano salutarlo. E la bambina più piccola, Victoria, che ha diciotto mesi, si mise a piangere disperatamente, tanto che un facchino corse verso una macchina, prese un cagnetto di stoppa per farla giocare, la consolò. Chaplin con i bambini per mano e la moglie accanto, con la quale scambiava continuamente occhiate, era evidentemente anche lui un uomo cambiato. Non solo più vecchio e tutto bianco, ma anche un uomo di famiglia. Ventun anni fa sarebbe stato difficile dire se era un fascinatore oppure un uomo facile a lasciarsi affascinare. Ieri aveva detto agli amici e ai giornalisti che Oona « è il sale della mia vita >. Sfamane si voltava continuamente verso di lei per sussurrarle: « E' magnifico, è magnifico ». Le mani, piccole e costellate di efelidi grosse come ceci, correvano nervosamente dal bavero della giacchetta del vestito blu alla tasca e poi al taschino del fazzoletto e poi alla cravatta chiara con delle crocette blu scure: timide ed emozionate come del resto questo piccolo uomo dai capelli bianchissimi, dal viso pallido e dagli occhi vivi. Ha un sorriso buono e modesto. I suoi umori guizzano come le sue occhiate: cambia di volto a seconda delle parole che il suo orecchio riceve o delle im¬ niiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii i in pressioni che i suoi occhi trasmettono. Il ponte di Waterloo, anche rivisto dal terrazzo dell'appartamento dell'albergo in cui abita, decisan\ente non gli è piaciuto. Ma segnava con la mano indicando alla moglie i vari quartieri: il profilo del Parlamento e quello della cupola di San Paolo, due segni famosi del profilo di Londra. E oltre a quei segni, di fronte, oltre il fiume, verso la Londra della sua infanzia difficile e della sua giovinezza tormentata. « Mi voglio imbibire di Londra nei prossÌ7ni giorni », diceva. Ed elencava i posti: la misera casa dove è nato (« Se c'è ancora ») ed il teatrino dove gli venne in mente di fare l'attore, e le vetrine dei dolciai davanti alle quali si sentiva l'acquolina in bocca, ed un certo marciapiede dove senti una canzone che ha ora inserita nel suo film. La sentì quando aveva sette anni. Ora ne ha sessantatrè. Eppure ne parla come se fosse ieri, e le impressioni e i ricordi della giovinezza gli tornavano ad uno ad uno. Le impressioni vivissime della giovinezza sono per Charlot come il motivo dominante della sua vita e delle sue ossessioni artistiche. Oggi era stanco ed- assonnato. «Non ho dormito un secondo tutta la notte — diceva - siamo stati sù in piedi dall'emozione». Il Qùeen Elizabeth arrivò a Southampton alle due dopo mezzanotte. «Cercavo nel buio di far vedere qualcosa a mia moglie ». Poi lo sbarco di primo mattino: Mitchell, il ragazzo più alto, di otto anni, fece aspettare tutta la comitiva per oltre un quarto d'ora: non lo trovavano. Era andato a giocare al sole. Poi il viaggio da Southampton a Londra, con il naso attaccato al finestrino per ammirare la campagna dello Hampshire, i lembi della Foresta Nuova, poi la campagna delle contee del sud ed infine gli immensi tristi sobborghi di Londra. Personaggio "archiviato,, Nel discorrere i ricordi si affollavano: Charlot parla sempre di sé come un « comico », oppure un « i loivn », usa i termini del Music Hall e confessa anche la debolezza tipica degli attori di questa arte • quella di voler t recitare » Quando gli fu chiesto se pensava un giorno o l'alti o di riprendere il suo antico personaggio con le scarpe grosse, la canna di bambù e la bombetta, disse: « Non so Ci si evolve. Si hanno altri interessi. Vede — aggiunse muovendo nervosamente le mani — io non ho mai avuto modo di recitare veramente. Recitare come attore, dico. Ho sempre fatto il comico. E mi appas¬ mimimi imimmmimmmmiiim siona cercare di recitare ». «Ma allora — interrompe un cronista — quel personaggio con la canna di bambù e le scarpe grosse è morto t Possiamo dire che è morto? ». «No, —- disse Charlot con un sorriso pieno di compassione che quel suo personaggio avrebbe certo avuto a sentire nominare la morte — morto no. Diremo che per ora l'ho messo in uno scaffale. L'ho archiviato ». Poi disse di avere fame. Si fece portare una colazione e gli fu offerta — forse come indicazione d'affetto e di rispetto — una bistecca. Preferiva qualcosa di più tipico del momento attuale. La moglie Oona aveva certo sentito parlare da lui dei cartocci di pesce e patate fritti, il cibo più povero e più popolare d'Inghilterra. Ma non c'era sulla lista del grande albergo dove il ricco signor Charlie Chaplin pìiò permettersi ora di andare. Il sole, urcito in gran festa, invitava od una passeggiata e Chaplin vi si recò con la moglie. Poi tornò in albergo, sempre nervoso, emozionato e incantato. Più tardi, nel pomeriggio, ricevette la stampa. Sali su un palcoscenico nel grande salone dell'albergo, si avvicinò al microfono dicendo: «Speriamo che non funzioni ». Era il momento di tornare al problema del giorno: gli sarà permesso o no di rientrare negli Stati Uniti? Charlot disse che non aveva nulla di nuovo da dire, tanto più che ancora oggi non ha potuto vedere il testo esatto di quello che è stato detto a suo proposito dall'autorità americana. Ma ha dichiarato di non essere mai stato co- mmmim unii imiimmummmm munista. Di non appartenere ad alcuna organizzazione politica. Di voler semplicemente, far ridere la gente. Ha detto anche di avere negli Stati Uniti < milioni di amici e 'qualche nemico ». Piccolo e bianco Quando il segretario e l'addetto stampa che l'accompagnavano lo gettarono in pasto ai giornalisti (e si sono viste poche altre occasioni in cui i leoni fossero tanto pronti a sbranare) una delle prime domande fu: «Chi sarebbero questi nemici?». Charlot esitò un istante e poi rispose con aria birichina: < Non vale neppure la pena nominarli ». Qualcuno gli chiese se era o non era ebreo. Rispose: « Guardate l'albero 'genealogico». Qualcun altro gli chiese: « Vorrebbe precisare le sue idee sull'Unione Sovietica? ». Chaplin rispose: t Non mi trascinate nel campo politico. Io non- voglio diventare un argomento di discussione politica ». Fra queste e mille altre domande ogni tanto si avvicinava a lui, premuto da ogni parte, qualche vecchio attore o qualche vecchia attrice che l'abbracciavano, gli sussurravano qualcosa nell'o-, recchio e sfuggivano con un sorriso. In mezzo a tutto ciò, qualcuno gli aveva messo in mano un bicchiere di vino-di Sherry. Egli lo teneva in equilibrio, imbarazzato, distribuendo rari sorrisi e continuando a far scorrere su e giù per il bavero della giacca una mano piccola, piuttosto vecchia, piena di grosse lentiggini. E' piccolo di statura e completamente bianco. Aveva indosso un doppio petto blu striminzito e vecchio che lo faceva somigliare molto ad un suo personaggio. Dinanzi alle varie porte dell'albergo c'era molta gente che sperava di vederlo uscire, o arrivare, o passare. E' curioso: al suo ritorno a Londra la prima calda accoglienza questa volta glie l'hanno fatta i facchini e i ferrovieri della stazione. Ventun anni fa, quando venne a Londra per l'ultima volta, fu invitato a colazione dal Primo Ministro Mac Donald, fu ospite di Churchill nella villa di campagna, passò una serata con i principi di Galles ed un'altra con Bernard Shaw, che lo definì « uno dei geni vitali del mondo». Fu invitato a colazione dal duca e duchessa di York, i futuri sovrani. Questa volta, finora non vi è segno di nulla di tutto ciò. Vi è semplicemente una grande emozione popolare ed un colossale interesse documentato dalle centinaia e centinaia di colonne che i giornali, riviste o settimanali gli hanno dedicato. Charlot alle accoglienze ufficiali non ha fatto cenno. Si è detto felice delle accoglienze popolari ed ha ripetuto ancora una volta che vuol rivedere ogni possibile angolo della sua città natale. E spera di trovare una casa nel quartiere di Hampstead, mandare i bambini a scuola e godersi i ricordi. Vuole andare nella metropolitana e vedere qualche spettacolo di teatro. Vuole, ha ripetuto a tutti, «imbibirsi» della città. Poi gli si avvicinò un immenso segretario per annunciargli: « E' arrivato il dottore ». Si voltò verso gli ospiti e disse: « Dovete scusarmi, ma a New York mi è andato un cosino in un occhio. C'è l'oculista che mi aspetta per togliermelo. Non posso farlo aspettare ». E scomparve nell'ascensore. Riccardo Aragno ■■■tiiiitiiiiisiitiiiiiiiiiiiitiiiiitsiiisiiiiiitiiiiiiii ti festoso assedio di amici, ammiratori « fotografi alla Waterloo Station. (Telefoto) iona cercare di recitare »munista Di non appartenere bambini a scuola e godersi

Persone citate: Bernard Shaw, Chaplin, Charlie Chaplin, Churchill