"Se fossimo pessimisti non ci resterebbe che morire,, di Paolo Monelli

"Se fossimo pessimisti non ci resterebbe che morire,, -=» IMPRESSIONI DI FINLANDIA - - "Se fossimo pessimisti non ci resterebbe che morire,, Un popolo che non pensa al futuro • L'invasione dei profughi e la distribuzione delle terre • Pagato il debito delle riparazioni di guerra alla Russia -Una sola preoccupazione: mantenersi indipendenti Capita di vedere, nel messo di questa o di quella piazza di Helsinki, o di un giardino pubblico, certi massi di roccia nuda, aspra, che si direbbero messi lì per un certo gusto di decorazione grottesca, come le collinette artificiali dei parchi; e sono invece naturalmente radicati al terreno, sono vette emergenti del duro strato di granito e di rocce cristalline che forma l'ossatura della Finlandia, solo in parte rivestito da una sottile coltre di ghiaie sterili e d'argilla e di terra coltivabile. L'armatura di granito La Finlandia è forse il Paese più antico del Continente, con quell'armatura di granito che il lavoro dell'uomo non ha ancora del tutto ricoperta, con i primitivi aspetti della foresta e della tundra e del pantano; e molto di quel suo carattere sembra sia passato nei suoi abitanti; gente severa e taciturna, scarsa d-immaginazione, che accetta la pena quotidiana con un arido senso di dovere, che non pensa al futuro; forse perchè è fuN ta presa dalla tirannica vietnua delle stagioni in rapida trasmutazione, si aie ittita brevissima estute delle notti senza buio già si preseiitisce la tristezza dehautunno piovoso e la notte invernale; e l'inverno si consuma presto nell'attesa che i giorni riprendano ad allungarsi, e tornino presto i labili mesi che ridanno i colori al cielo e alle acque e verdi foglie ai salici e alle betulle. Quando si impara un po' a conoscere questa gente fredda e seria, e si •■ ede che impegno mette in ogni sua faccenda, lavoro o divertimento, non ci si meraviglia dei particolari recenti della sua storia. Non ci si meraviglia che alle soglie dell' ijiuerno del 1939, quando la Russia chiese perentoriamente alla Finlandia la cessione di alcune città e territori di frontiera che le facevan comodo, abbia risposto di no altrettanto perentoriamente, sapendo che quel no voleva dire la guerra. (La Rtissia aveva concluso un patto con la Germania, l'agosto di quell'anno, che abbandonava la Finlandia alla sua influenza; sapeva che la Finlandia era sola in Europa, con legami poco più 1111111111111111111111111111111111111111111111111111111111 che di simpatia con gli Stati scandinavi, trascurata dalle Nazioni occidentali tutte prese dalla guerra con la Germania; era sicura che cedesse, non avevan ceduto già alla prepotenza l'Estonia e la Lettonia e la Lituania? Ma la Finlandia disse di no; e la Russia si accinse a schiacciarla con tutto il suo peso, una nazione di 180 milioni di «omini contro una nazioncina di quattro). E non ci si meraviglia che quella nazioncina si sia buttata nella guerra con tanto coraggio e fredda risolutezza, riuscendo ad infliggere all' avversario danni ingenti e sanguinose sconfitte, le prime settimane della guerra, e ad imporgli rispetto e ammirazione; sì che quando fu costretta a chiedere la pace i russi si-accontentarono di esigere la cessione di alcune parti di territorio, mentre avrebbero potuto benissimo proseguire la guerra senza quartiere fino alla occupazione totale. E' noto che la Finlandia sperò di riconquistare le terre perdute l'estate del '41, profittando che era scoppiata la guerra tra la Germania e la Russia. (E' interessante notare che il valore militare dei finlandesi fu causa indiretta di quel grosso errore di calcolo dei militari tedeschi; le sconfitte iniziali dell'esercito russo da p.trte di una piccola nazione che era a mala pena la cinquantesima parte dell'attaccante dettero l'impressione a quei comandi militari tedeschi che la Russia fosse itti colosso dai piedi d'argilla senza alcuna reale potenza militare). Così la Finlandia si buttò nella lotta accanto ai tedeschi; e anch'essa sbagliò i calcoli. Con la capitolazione del 19 settembre 1944 la Finlandia riperdette i territori riconquistati brevemente durante la guerra, cioè l'istmo di Carelia con il porto di Viipuri, le sponde occidentali del lago Ladoga, il territorio di Sulla sulla frontiera orientale a metà strada tra il golfo di Finlandia e l'Oceano Artico, ed il territorio di Petsamo e il porto dello stesso nome sull'Oceano Artico. Si impegnò a pagare riparazioni per un ammontare di 300 milioni di dollari. Fù costretta a cedere in affitto per cinquant'anni, con la ridicola indennità di 6 milioni di marchi finlandesi all'anno (circa 15 mi- 111111 imiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiii lioni di lire nostre), il porto di Porkkala e il territorio circostante, sulle rive del golfo di Finlandia, là dove questo è più stretto, e sole 30 miglia dividono il porto di Porkkala da quello dirimpetto di Tallinn, capitale della Estonia, occupata permanentemente dai russi. Non ne restò uno Chi va in treno da Helsinki a Turku, dopo una ventina di chilometri vede entrare nello scompartimento impiegati della ferrovia che vengono ad abbassure le imposte dei jmestrini e chiudono a chiave le porte di uscita delle vetture; questo perchè la linea ferroviaria traversa per qualche chilometro il territorio dato in affitto. Chi cercasse tuttavia di alzar di sfroso le imposte per guardar fuori non vedrebbe nulla; il treno va per una campagna deserta, abbandonata fin dall'ultimo abitante. Erano otto o diecimila, cittadini e gente di campagna, dì lingua svedese; dissero loro che chi voleva restare i rus"i gli garantivano la vita e il lavoro; non ne restò uno. Il territorio perduto dalla Finlundia ha una superficie di quasi 50 mila chilometri quadrati, di un quinto più grande dell'Olanda; aveva una popolazione di circa mezzo milione . di persone, corrispondente più o meno al dodici per cento della popolazione totale. La perdita della Carelia addolorò 7noltissimo il popolo; era considerata la culla della razza, careliani sono gli eroi e i paesaggi del loro poema nazionale, il Kalevala; la bella e gaia città di Viipuri era per la Finlandia quello che è Napoli per l'Italia, o magari Napoli e Firenze tutt'insieme. Quella regione di gente dal carattere allegro, espansivo, canterino, in contrasto con gli altri finlandesi chiusi e taciturni, era il fiore all'occhiello del severo cuppotto grigio del Paese. E qualcuno mi ha detto a Helsinki che la Finlandia senza la Carelia è quello che sarebbe la Grecia senza Atene. Va bene, la Finlandia ha perduto la sua Atene, o la sua Napoli, ma non i suoi ateniesi o napoletani. In due settimane ha accolto nelle sue frontiere, e in brevissimo tempo gli ha assicurato il lavoro e la vita, i 450 mila careliani e i profughi delle altre terre cedute per un numero complessivo di 485 mila persone. Come ho detto, più del dodici per cento della popolazione al momento della sconfitta; come se noi avessimo dovuto provvedere a cinque milioni di profughi. L'afflusso improvviso di una così forte massa di gente (lo sgombero avvenne con rapida e perfetta regolarità, ogni comune irreggimentato e scortato da truppe, con i carri delle masserizie, con i registri dello stato civile; se qualcuno voleva restare era libero di farlo, ma vennero via tutti, anche i comunisti), l'afflusso improvviso, dicevo, di una così forte quantità di gente avvilita, disperata, senza mezzi di esistenza, poteva suscitare una rivoluzione, fomentata dalla minoranza comunista del Paese. (Ma i comunisti finlandesi pare siano prima di tutto ardenti patrioti, e ad ogni modo preferiscono vivere finché possono fuori del paradiso russo; quando la Russia attaccò la Finlandia l'inverno del '39 i comunisti parteciparono, con numero 7ninimo di diserzioni, alla difesa del Paese; ad uno straniero che se ne meravigliava uno di quei comunisti disse: « Guardi che la rivoluzione è una cosa che viene dal di dentro, mentre la guerra è una cosa che viene dal di tuori>). Il Governo intervenne con energia e rapidità. Una nuova legge agraria fu votata, inasprendo le disposizioni di -quella già applicata nel 1920; per cui è stato possibile assegnare in proprietà diretta ad ogni famiglia di contadino profugo 15 ettari di terra arabile più mia certa quantità di bosco. Questo si è fatto distribuendo proprietà demaniali, ma soprattutto espropriando di una parte delle loro terre i proprietari di più di 25 èttari, secondo una proporzione per cui un fondo dai 25 ai 35 ettari poteva essere falcidiato del 10 per cento, una di 100 ettari del 40 per cento, una di S00 ettari e più del 75 per cento. (Dopo la riforma agraria del 1920 non vi erano più che 731 proprietà superiori ai 100 ettari; dopo la nuova riforma del 1945 queste proprietà si sono ridotte a 200). La nuova legge agraria fa obbligo assoluto ai proprietari di terre di risiedere permanentemente sul fondo se non vogliono essere espropriati anche di quanto gli è rimasto. Quanto alle riparazioni, proprio di questi giorni, il 19 settembre, a otto anni esatti dalla capitolazione del 1944, la Finlandia ha pagato l'ultima rata ed è ormai libera del grave onere; di cui dureranno tuttavia le conseguenze nel futuro, es sendo stata costretta dalla |natura di quelle a cambiare radicalmente la sua struttura economica. Un terzo dette , riparazioni consisteva m/otti in legname di cui la Fintali- !dia è ricchissima, ma per due terzi di prestazioni d'altro genere, come la costruzione del grande palazzo della legazione russa a Helsinki, la consegna di merci lavorate, di navi, di macchine che prima della guerra il Paese non produceva, per cui fu costretto a creare officine, cantieri, e impiegare un maggior numero di gente nelle industrie. I russi si mostrarono creditori esigenti ed esosi; mutamenti arbitrari all'elenco delle materie da consegnare, altissimi prezzi per le merci che i finlandesi erano costretti a comperare in Russia di fronte a prezzi « indecentemente bassi, indecently low prices », come li definì un osservatore straniero, per le importazioni dalla Finlandia, multe per ogni ritardo nelle consegne, tutti fatti che resero arduo al Paese l'adempimento del suo compito ed obbligarono ad una politica di inflazione. Uno sciopero ordinato dal partito comunista ai lavoratori delle «industrie di riparazioni* l'anno 1949 (si disse con l'incoraggiamento dei russi) non ritardò le consegne come avrebbe potuto per la netta opposizione della Confederazione deì lavoro che in Finlandia non e comunista; si dice apolitica, ma caso mai si lascia guidare dal partito socialdemocratico. Il buon vicinato La situazione internazionale della Finlandia appare strana e precaria. Essa non è nè di qua nè di là del sipario di ferro; vive in rapporti di buon vicinato con la Russia, e con la Svezia dall'altra parte, non è legata a nessuna combinazione diplomatica con i Paesi scandinavi e con le Potenze occidentali, è straordinariamente cauta a non far passi o dimostrazioni che possano mutare l'atteggiamento della Russia verso di essa; che finora è di natura circospetta e può essere definito corretto, se non cordiale. Così la Finlandia non accettò nemmeno l'invito di assistere, sia pure come osservatrice,.alla Conferenza economica europea del luglio 1947, perchè essa, come disse un suo uomo politico, < deve tenersi fuori da qualsiasi conflitto o contrasto intemazionale ». E' certo che anche ora che le riparazioni sono pagate dovrà continuare a lavorare per la Russia, ed essere cioè una specie di officina autonoma dell'industria sovietica, unica condizione per evitare una crisi economica e di disoccupazione; pur conservando l'amicizia delle Potenze occidentali e soprattutto degli americani che, come di¬ cono i finlandesi, « debbono pur rendersi conto della situazione ». Ed in realtà, nonostante le proteste di qualche deputato o senatore, il Governo di Washington continua a largire crediti al piccolo Paese e non gli chiede quale impiego faccia delle valute dell'area del dollaro. Per loro fortuna, come dicevo, i finlandesi hanno scarsa, immaginazione, non sono nè nervosi nè apprensivi, e si sono acconciati con serenità a vivere più o meno in simbiosi con il formidabile vicino fiduciosi di conservare le libertà democratiche di cui vanno orgogliosi. « Noi dobbiamo essere ottimisti e non fare calcoli a lunga distanza>, mi ha detto un finlandese; « se fossimo pessimisti, non ci resterebbe che morire subito ». Paolo Monelli

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