Trecento pittrici in un antico convento di Alberto Rossi

Trecento pittrici in un antico convento Trecento pittrici in un antico convento Giunte a Bolzano persino dalla Cina - L'agguerrito gruppo delle francesi e delle austriache - Non sempre le più carine sono le più brave III11II1IM MlllMIIIIIIMIIIIIIIIllllIIIItllllllllll (Dal nostro inviato speciale) Bolzano, settembre. Da qualche anno si vengono moltiplicando in questo nostro felice Paese, al piano, al mare, ai monti, mostre e premi per i pittori. Ed ecco che la città di Bolzano ha avuto una felice trovata, indirizzandosi invece alle pittrici. La pittura è infatti, cosa risaputa, l'arte In cui le donne più facilmente e immediatamente si pongono in partenza, su di un piede di parità con i maschi, anche se difficilmente è poi dato loro di eccellere, sino al punto di rimanere nella storia, come fu dato a una Vigée Lebrun, a una Angelica Kaufmann, a una Artemisia Gentileschi, a una Rosalba Carriera: e in tempi più recenti, a Berthe Morisot amica e emula di Manet, alla Valadon madre di Maurice Utrillo, a Marie Laurencin, ad altre ancora. Ma l'epoca nostra, con il favore concesso alla sensibilità, alla spontaneità, alla trascrizione immediata delle sensazioni, ha senza dubbio favorito in questo campo le donne, che sono, in questo senso, particolarmente dotate. Discepole fedeli A una mostra, a un premio, dedicato interamente alle pittrici, non poteva dunque mancare di arridere il più lieto successo: e così è avvenuto che questa iniziativa bolzanina, che è al suo terzo anno, dopo essersi tenuta per due edizioni al campo nazionale, ha allargato questa volta i propri termini al mondo intero, destando ovunque il maggior favore: come dimostrano le cifre. Circa trecento pittrici — la mostra è esclusivamente per inviti — con circa novecento opere: divise In diciotto paesi, alcuni dei quali son qui presenti con forti, animose schiere: quarantaquattro pittrici la Francia, trentadue l'Austria, quindici'la Germania, venti la Svizzera; e poi tre la Polonia, due l'Inghilterra e la Jugoslavia, e uno sinanco per Turchia, Cina e Australia. Chiaritasi, di fronte a una simile invasione, del tutto insufficiente la passata sede,- se n'è trovata una nuova che è di per sè un'attrazione veramente unica, meritevole non solo di una visita ma di un lungo discorso. L'antico convento dei Domenicani, vasto edificio costruito nel 1272, il cui chiostro, gioiello architettonico a ricami di delicate nervature, e le cappelle che vi si aprono, serbano numerosi brani di affreschi trecenteschi, parte ottimamente conservati, opera di quei pittori giotteschi, formatisi attorno alla cappella degli Scrovegni, che numerosi vennero a lavorare quassù di quei tempi. Pure assai interessanti quelli quattrocenteschi del pittore atesino Federico Pacher. Luogo più suggestivo e illustre per mettersi in mostra, le nostre pittrici non potevano dunque desiderare. Il solo inconveniente è dato dall'entusiasmo con cui le invitate hanno risposto, sicché il numero superiore al previsto delle opere ha portato a un tal quale affollamento e difficoltà di lettura, nella disposizione di esse. Ed è un peccato per le migliori, che sono in qualche caso un poco sacrificate, nella congerie di tele di ogni scuola, di ogni tendenza, dalle più viete — qualcuna anche addirittura fuori corso — sino alle più spregiudicate e moderne. Tanto che si direbbe gli organizzatori, per protesta contro certe mostre troppo scopertamente di tendenza, abbiano consapevolmente voluto essere accoglienti, per conferire un carattere oltre che pittorico, eminentemente pittoresco, a questa vivace adunata: cui non è mancato anche il concorso numeroso delle pittrici in persona, oltre che delle loro opere. Venute anche di lontano, garrule, chiacchierine, ansiose di giudizi e, naturalmente, di lodi, hanno costituito per la inaugurazione una festosa cornice, parecchio inconsueta a chi sia familiare con la grigia atmosfera di simili cerimonie. Non tutte le più carine — ce n'eran parecchie, contro a quel che potrebbe insinuare qualche maligno — eran tra le migliori pittrici: ma nemmeno si potrebbe sostenere l'opposto. Sicché, fuori da ogni speculazione di recondita giustizia distributiva, rimane solo a dire delle personalità più interessanti, artisticamente parlando: e ce ne sono non poche, che farebbero ottima figura anche in mostre dove domini 11 sesso forte. E pur se esse, le più vìve e forti e .preparate, e di miglior livello, non siano ascrivibill a una sola tendenza, è giocoforza riconoscere c ìe in genere esse sono vicine alle correnti più moderne e attuali. Segno, evidentemente, dei tempi. Un poco sconcertante, è come talune di queste pittrici, e non delle minori, rimangano dominate dalla personalità del « maestro » che le ha avviate all'arte, sino a rifarne compiutamente lo stile. L'esempio più probante, e persin clamoroso, qui alla mostra, sono i dipinti della polacca Nadia Petrova, consorte di Fernand Léger, uno dei « grandi » della pittura francese d'oggi: che ne imita talmente i modi del comporre, del disegnare, del colorire, da lasciarsi facilmente confondere con lui. E così Amelia Platone, allieva di Casorati: così Sonia Delaunay, vedova dell'inventore della pittura orfica: e così altre. Confessiamo, che a nostro gusto assai meglio valgono quelle che danno tutta farina del proprio sacco: e sia pure nel campo della pittura ingenua, come la simpaticona Alice Souverain, cuoca di sua condizione, una donnona espansiva che tra le cure di una piccola trattoria ha trovato tempo e modo di iniziarsi alla pittura, entrando a vele spiegate in quella schiera dei « peintres du dimanche » che dopo il Doganiere, ha dato Bombois e Vivin e altri, di cui segue degnamente le orme. E certe sue tele, come «Il funerale», o «La noce » o « Leggenda », son tutte da godere. Distinzione impossibile Altra moglie di artista famoso è Valentine Prax, consorte di Zadkine, che fa una pittura colorita e immaginosa. Tra le francesi, notiamo poi in primo luogo Juliette Bertrand, giovane e pur consumata pittrice: e Hella Guth, raffinatissima: e la corotiana Thérault, e la Cerrano, e la Braive, e la Cahn, e la Henriquez, e la Dora. Pure agguerrito il gruppo delle austriache, con la Diesner, pittrice forte e decisa, la Schidlo preziosa, composita di materia, la festosa Gerda Kreutzer, la Eckl, la Praschniker, la Rehm, la Magnus, la Muthspiel, la Kaufmann: e quello delle tedesche, con la deliziosa, miniaturistica Stefula, l'ensoriana Paula Wimmer, la Henselmann, la Hallmenroeder; e quello delle svizzere, con la fastosa, orientaleggiante Ammann e la Mueller, e la Meisser, e la Hubacher. Notevoli la greca Valeanu, la jugoslava Fischer, la svedese Ekdahl, la turca Inai. L'Australia ha una ottima rappresentante nella Mitty Risi, parigina di formazione tuttavia, e mezzo italiana ora per via di matrimonio. E che dire delle nostre? Son tante le brave, tra le cento e settantacinque qui presenti (eppure qualcuna manca, specie delle torinesi) che non si sa bene come dir di loro in poche righe. Ecco anzitutto la bolzanina Tullia Socin, vivacemente decorativa: e di Milano, le Jo'anda Schiavi, e Emma Jeker, e Isaline Crivelli, e la Conciali ni e la Boldrini: di Torino, la Cavallo che già l'anno passato ebbe il secondo premio, e Gianna Lanza, e la Rivera, e la Quarra-Sito. Di Genova, ottima la Saglietto, di Roma la Cavo, la D'Amico, la Bernini; di Venezia, Brunella Saetti, la Orioli, e le allieve di Guidi, la Carnata, la Cotugno, e di Verona la Sertorari e Ebe Poli; di Oderzo, Gina Roma; di Firenze, la Berner, la Bardini; di Trento la Seppi; di Napoli la giovanissima promettente Diomira Morisani; di Catania la Tottobcne; di Bologna la Arcangeli. E spiace, oltre al lasciare varii nomi nella penna, il doversi limitare a queste citazioni telegrafiche, dove occorrerebbero almeno brevi definizioni, e le necessarie distinzioni di valore. Alberto Rossi