II vincitore di Napoleone

II vincitore di Napoleone A CENT'ANNI DALLA MORTE II vincitore di Napoleone L'anno 1769 vide nascere, a tre mesi di distanza l'uno dall'altro, due uomini che segnarono un'orma indelebile nella vita dei popoli europei del Sette e dell'Ottocento, Napoleone Bonaparte in Ajaccio, Arthur Wesley, poi Wcllesley, e quindi duca di Wellington, a Dublino. Arthur Wesley era il sesto della nidiata cui aveva dato alla luce sua madre; e apparteneva a una vecchia famiglia anglo-irlandese, alla quale il re scismatico Enrico Vili aveva concesso vaste proprietà terriere, come andava facendo dopo il distacco della Chiesa anglicana da Roma, per consolidare nell'isola verde la dominazione inglese e protestante. I suoi fratelli, soprattutto Richard, erano colti e studiosi, cosicché non era difficile prevedere che si sarebbero facilmente affermati nella carriera degli impieghi e della politica: e infatti Richard, che ai Comuni si strinse di amicizia con William Pitt, ed aveva approfondita conoscenza delle lingue classiche, pareva destinato ad una ascesa rapida e sicura nelle vie dell'avvenire. Che fare invece di Arthur, che nulla aveva appreso di greco e di latino, e che essendo un semplice cadetto disponeva di una rendita annua di appena 125 sterline? Appunto a causa della sua ignoranza del latino, nemmeno era possibile avviarlo alla carriera ecclesiastica, come altrimenti sarebbe stato desiderabile fare: ond'c che sua madre, ammettendo ormai che quel suo figlio degenere nient'altro poteva essere che « carne da cannone », pensò di acquistargli un brevetto da ufficiale nell'esercito di Sua Maestà: e perchè il giovinetto non vi entrasse affatto ignaro di ogni- arte soldatesca, fu spedito ad Angers, a frequentarvi quell' accademia militare, dato che allora l'esercito francese godeva della stessa riputazione e dello stesso prestigio di cui godette l'esercito tedesco un secolo più tardi. E due anni dopo, nel 1787, Arthur era nominato alfiere in un reggimento di Highlanders, prossimo a partire per l'India. Non partì invece, perchè Richard continuava a vegliare su di lui. Fu presto nominato aiutante di campo del Luogotenente dell'Irlanda, promosso tenente, e trasferito ad un reggimento di cavalleria. E poiché intanto suo fratello William fu mandato deputato a Westminster, lasciando vacante il collegio irlandese di Trim, ne fu riservata al minore Arthur l'eredità, cosicché l'aitante ufficiale entrò nel Parlamento di Dublino, e nel 1791 si trovò anche insignito del grado di capitano, essendo egli un'altra volta mutato di reggimento, passato dalla cavalleria ai dragoni leggeri. La rivoluzione di Francia era ormai sul punto di spingere alla guerra le Potenze conservatrici d'Europa: e siccome il Belgio e l'Olanda furono presto minacciati dall'espansione francese, e poi invasi e assoggettati dagli eserciti sbracatila Gran Bretagna, che considerava i Paesi Bassi continentali come gli antemurali della sua sicurezza, mandò essa pure, nel 1794, un suo corpo di spedizione a combattere, insieme con le truppe austriache e prussiane, gli eserciti della rivoluzione: e anche Arthur Wesley, che ormai s'era comprato il grado di maggiore, ed era poi stato promosso tenente-colonnello, e trasferito a un reggimento di fanteria, partecipò a questa campagna, che si risolse in un vero disastro: di 25.000 uomini mandati sul Continente, soltanto 6000 fecero ritorno in patria di lì a un anno, dopo una serie di sfortunati combattimenti e di ritirate ingloriose. L'anno seguente 1796, Arthur, promosso colonnello, partiva per l'India, e metteva piede a Calcutta nel febbraio del 1797. Erano ormai dieci anni che il cadetto anglo-irlandese militava nell'esercito; e non erano stati anni perduti, giacché quel suo frequente passare da un'arma all'altra, da una ad altra specialità l'aveva messo in grado di apprendere tanti aspetti del servizio che altrimenti gli sarebbero sfuggiti. Anche la infelice campagna nei Paesi Bassi era stata una scuola eccezionale per quest'uomo dallo spirito lucido e dall'occhio investigatore: aveva visto quali e quanti fossero i difetti dell'esercito inglese, accozzaglia di uomini d'infimo grado, che servivano sotto una disciplina mantenuta col bastone, intramezzata da momenti di licenza e di selvaggia ebrietà. Egli giungeva nell'India, dopo avere attentamente e largamente indagato, attraverso le più svariate letture, sulla natura del Paese, ch'era un mondo in gran parte ancora da conquistare o da riconquistare, e dei suoi abitanti, che religioni, pregiudizi di casta interessi e passioni dividevano gli uni dagli altri, facilitando in tal guisa il com ito degli euro pei avidi di ricchezza e di potè re. E' in India, dove Arthur Wesley apprese di fatto l'arte del guerreggiare, unitamente a quella di governare gli eserciti, di amministrare città e province, di resistere agli insulti della fortuna, di destreggiarsi in mezzo alle più molteplici difficoltà; qui, in questa immensa penisola dalla natura lussureggiante e dalle ricorrenti micidiali carestie, il nostro umile cadetto, che la sua famiglia aveva così ingiustamen te giudicato, pose la base delle sue ulteriori e maggiori fortune Con la Croce dell'Ordine del Bagno, conferitagli dal Re, divenne sir Arthur Wellesley; ottenne la promozione a maggior generale; e pur senza eccedere in ruberie e malversazioni, riu¬ a e scì a mettere insieme un qualche peculio, che l'accompagnò ne) suo ritorno a Londra, avvenuto otto anni dopo, nel 1805, giusto in tempo per incontrare e conoscere l'ammiraglio Horace Nelson, il quale ben presto sarebbe perito nella decisiva battaglia navale di Trafalgar. Poi, dopo un intermezzo di tranquilla vita politica ed amministrativa, ecco nuovamente il generale Wcllesley sul campo [dell'azione guerresca. Quand'era nell'India, era stato sul punto di essere spedito nel Medio Oriente a incontrarvi il generale Bonaparte. che dall'Egitto e dalla Siria disegnava emulare le maggiori imprese di Alessandro il Macedone nel cuore dell'Asia: ma infine, quella eventualità era svanita. E poiché intanto il guerriero còrso, fattosi Primo Console, e quindi Imperatore, dopo vinte e soggiogate Austria e Prussia, stava guadagnando, con la pace di Tilsit, alla sua politica di rapina, la solidarietà dello Zar di tutte le Russie, cosicché non tardò a balenare alla mente sempre inquieta e vigilante dei politici inglesi il sospetto che fra i due imperatori si potesse decidere l'invasione della Gran Bretagna mediante la concentrazione della flotta francese, russa, svedese, danese, spagnuola, portoghese e italiana; con, mossa subitanea e audace, il Gabinetto di Londra decideva di prevenire in rapidità i suoi nemici, e di mandare ad assalire per via di mare e di terra la Danimarca neutrale, allo scopo di impadronirsi della flotta danese, e di sottrarla ai disegni aggressivi non senza fondamento attribuiti a Napoleone e ad Alessandro. Sir Arthur fu il comandante delle forze terrestri in questa spedizione, ond'egli entrò ben presto a Copenaghen soggiogata col ferro e col fuoco, e s'impadronì d'una numerosa flotta danese, che riportò seco, per la maggior sicurezza delle isole britanniche. E successivamente, avendo Napoleone deciso di aggiogare al carro de' suoi dispotici voleri anche la Penisola Iberica, al generale anglo-irlandese |non tardò ad essere conferito, l'anno 1808, l'incarico di andare con uno scarso esercito a sostenere in Portogallo e in Ispagna la resistenza armata, che i popoli della Penisola contrapponevano alla invasione francese. Se non propriamente con l'Imperatore, sir Arthur Wellesley dovette qui scontrarsi con i più celebrati suoi marescialli, Junot, Soult, Masséna, Victor, Marmont, Ney, infliggendo loro, e ripetutamente; gravi perdite, sconfitte che talvolta furono irreparabili. Era partito per questa campagna, essendo deciso a non aver paura di quegli eserciti che scorrevano l'Europa da trionfatori: e in nessun momento mostrò di temerli 0 di sopravalutarne la forza e il valore. Guerra lunga e distruttiva di persone e di cose. L'esercito inglese era fiancheggiato da Portoghesi e Spagnuoli, insorti contro la dominazione napoleonica. E Napoleone dovette a più riprese concentrare nella Penisola parecchie centinaia di migliaia di uomini, logorando sé e la Francia in un'impresa che non aveva fine. Le vittorie principali di Sir Arthur si nomarono Vimiero e Torre Vedras, Douro e Talavera, Bussaco e Ciudad Rodrigo, Salamanca e Badajoz, quest'ultima, una vittoria oscurata dal feroce saccheggio della città, effettuato dalle truppe vincitrici, che s'abbandonarono a violenze selvagge e crudeli, a orribili gesta belluine, che gli ufficiali furono impotenti a frenare. Sir Arthur Wellesley, divenuto ormai Duca di Wellington, era celebrato come il miglior generale d'Europa, il solo capace di fronteggiare il vittorioso di Marengo e di Austerlitz. Cosicché, quando Napoleone trovò in Russia, poi in Germania, e quindi in Francia, dinanzi a sé la coalizione dei suoi molti nemici, il Duca di Wellington fu pronto ad avanzare fino al di là dei Pirenei, e a marciare su Parigi, che era insieme investita e conquistata dagli eserciti alleati venuti da oltre il Reno. Con Napoleone, il Duca e Maresciallo s'incontrò soltanto nel giugno del 1815, nella giornata di Waterloo, la battaglia che segnò la eclisse definitiva dell'astro napoleonico, e che mise anche fine alle imprese guerresche del Duca vittorioso. Il quale, a differenza di quel che usano fare i generali che trattano la politica di liquidazione delle guerre, ti preoccupò di non appesantire soverchiamente la mano sulla Francia sconfitta: sistemò egli stesso, e nel miglior modo, la questione scabrosissima delle indennità di guerra, cosicché la Francia potè effettivamente pagarle. La bella biografia di questo grand'uomo, or ora pubblicata dal Mondadori (R. Aldington, // Duca di Wellington), ricorda che, a guerra finita, il Gabinetto inglese aveva temuto il ritorno in patria del Duca, che in qualche momento fu l'idolo della nazione d'oltre Manica: temeva che il Wellington, sostenuto dal suq esercito, pretendesse a farla da dittatore, cosicché s'adoprò a tenerlo lontano dal Regno Unito, finché quell'esercito non fu disperso, dislocato nelle lontane colonie. Ma questo condottiero era ben lontano dal coltivare codeste ambizioni: tornato in patria, partecipò dalla Camera dei Lordi alla vita politica del Regno, fu ministro ripetutamente, e primo ministro. E fra gli atti principali della sua sfera di attività politica vanno ricordati la emancipazione dei cattolici, che furom. riammessi, dopo tre se 1 coli di esclusione, a esercitare tutti i diritti del cittadino; e la riforma elettorale, del 1832, che il Wellington in un primo momento osteggiò fieramente, ma che infine s'adoprò perchè fosse approvata anche dalla Camera dei Lordi, ond'evitare il prorompere di una crisi, che in qualche momento pareva destinata ad assumere caratteri decisamente rivoluzionari. Una lunga vita adunque, dedicata, in pace e in guerra, al servizio del proprio Paese: e il Duca di Wellington, ch'era vissuto mentre regnavano Giorgio III, Giorgio IV, Guglielmo IV, morì nel settembre del 1852, quando ormai da quasi tre lustri sedeva sul trono la Regina Vittoria, assistita dalla sollecitudine amorosa di suo marito, il principe-consorte Alberto di Sassonia-Coburgo. Alle fortune di questo lungo regno vittoriano aveva contribuito anche il più che ottuagenario Duca, con le sue fortunate azioni guerresche dei primi anni del secolo decimonono. Cesare Spellanzon