Rene Clair si diverte

Rene Clair si diverte SULLO SCHERMO DEL LIDO —— Rene Clair si diverte II festoso successo della "prima mondiale,, di Les belles-de-nuìt (Da uno dei nostri inviati) Venezia, 10 settembre. Pubblico strabocchevole, file di poltrone aggiunte, non un palmo di sala libera ieri sera al Palazzo del Cinema, per la c prima mondiale > del nuovo film di René Clalr, Les bellesde-nuit, presentato dalla Francia. Concorso e aspettativa di pubblico ampiamente giustificati dalla grande fama dell'autore, che è uno di quegli uomini di cinema che le dita di una mano contano per grandi. Clalr (ma il suo vero nome è Chonette) è derivato al cinematografo dal mondo artistlco-lntellettuale, esordendovi con film cosidetti d'avanguardia. Ma presto intravide e quasi subito occupò il posto più veramente suo: ed ebbe inizio la sua smagliante stagione, culminante artisticamente se non cronologicamente nel Milione: commedie e vaudevilles di sorprendente novità e d'irriproducibile tutta parigina eleganza. Poi Clair portò per il mondo la sua ispirazione, e certo qualche pericolo glielo fece correre; ma anche a Hollywood, dove il rischio era maggiore, salvò complessivamente se stesso, mettendo la sua ben visibile sigla sullo Standard V di quel cinematografo. Rientrato nella < sua > Parigi, Clalr riguarda con nostalgia al cammino percorso, e quella esprime con II silenzio è d'oro, per passare poi in Italia dove, sotto il meno faustiano dei cieli, tenta il moderno poema di Faust, con La bellezza del diavolo, dandocene, se non l'intero, parti frammenti squisiti. Ed eccoci finalmente all'ultimissimo Clalr di ieri sera; un Clair ancora, anzi di più, rivolto all'indietro, ripiegato sul passato; ma questa volta in senso diremmo tecnico soltanto, quello di un artista che ritorna ai suoi primi procedimenti, fuori affatto dell'elegia, in pura chiave di gioco. Con la cura che gli è solita Clair ha presentato il suo film con un breve, limpido scritto in cui ne dichiara gl'intenti e 1 si gniflcati. Niente paura. Inten ti estremamente piani; già il titolo annuncia il < divertissement >: la < Belle-de-nuit > i una pianta della famiglia delle « Nictalopee > il cui flore non si apre che la sera, quando il sole è andato sotto. Ean cora lo stesso nome designa certo usignolo di fiume, che canta la notte nei canneti al primo rumore che lo desta. Fiori, uccelli: le belle cose Inutili. E inutile, dichiara l'autore, è il mio film; o semmai utile soltanto in questo, che può tenere allegri i tempi in cui di stare allegri c'è assai bi sogno. Bella modestia d'autore, che però fu già di moltissimi altri, compreso il nostro Boccaccio che ancora più modestamente di Clalr dichiarò d'aver scritto il € Decameron > per scacciare la melanconia delle femmine; delle femmine soltanto. In quanto ai significati, chi non li sa? La credenza che il passato sia stato migliore del presente, il mito del « buon tempo antico >, l'irritata sensazione di trovarsi in un secolo che non è 11 nostro: beate illusioni. E la ragione lo sa e se lo dice: ma nessun uomo vive di sola ragione, e tutti quanti continuiamo a idoleggiare un passato che non conosciamo. Anche sappiamo la vanità, l'amaro che c'è in fondo ai sogni; e come essi a un certo punto sazino e ci bisogni toccar terra. Ma non pertanto tutti più o meno sognamo; e i più fuori del letto. Claude, 11 protagonista del film, è maestrino di musica e canto in una piccola città di provincia. Giovane, ma più ancor artista, detesta 1 rumori delle cose meccaniche che riempiono il nostro vivere moderno e che gli squarciano l'ispirazione, soffocano la voce del buo pianofortucclo d'affitto. Quella città non è New York, e di ogni sorgente di rumore (radio, motocicletta, perforatrice, aspirapolvere, ecc.) si può dire che non ha che un esemplare solo: ma alla romantica delicatezza del giovane basta e avanza. Questa satiretta dei rumori, impiantata in poche inquadrature, dà al film un avvio dei più felici; e ironicamente essa include anche il Buono del pianoforte, che al garagista, al perforatore e agli altri < rumoristi > del luogo, dà sommamente noia. Un giorno che ascoltando le scale d'una piccola e ricca allieva, il maestro di piano posa l'occhio su un quadretto di costume principio-di-secolo, l'occhio si ferma, si chiude; e Claude sprofonda nel quadro, si trova nel bel mezzo d'un ricevimento, come l'ospite più accarezzato ed importante, compositore d'un'opera che sarà data all'Opera. E una deliziosa padrona di casa lo copre d'attenzioni che promettono il meglio. Claude si ri desta, e assetato da quella prima sorsata di sogno, corre a casa, si caccia nel letto e ritrovatone il filo lo continua, anzi lo allarga, perchè a lui, beato di sentirsi vivere nel 1900, un vecchietto ammonisce che quella è una saie epoque, che bisognava vedere come si stava, com'era dolce vivere nel 1840 sotto Luigi Filippo. Ed ecco fulmineamente saldato 11 secondo sogno: Claude è un ufilclaletto che parte per l'Algeria, rapidamente la con quista, e con essa sta per conquistare anche una splendida algerina. Che bel vivere! Ma 11 solito vecchietto con un'al tra doccia fredda disperde tutto, e rimanda 11 giovane ancora più indietro, ai tempi della vera felicità del vivere: gli ultimi anni dell'antico regime. Terzo sogno, terza beatitudine, terzo promettente Idillio con una bella aristocratica, mentre la rivoluzione rugge sotto i piedi. A questo punto lo zelo dell'amico garagista risveglia il dormente che, irritato e più insofferente che mai della morsa del mondo contemporaneo, dà in stravaganze, letica col postino che gli viene a portare una raccomandata e, offeso, non gliela consegna, mette sossopra l'ufficio postale, insulta l'amico gendarme, e insomma tanto fa che finisce in guardina, sul cui tettuccio ripiglia i suoi tre sogni, arrivando al punto in cui le tre* donne gli fissano un convegno d'amore. Oltre non va perchè vengono a liberarlo gli amici che, impensieriti di quel suo contegno, di quella sua cocciuta volontà di dormire, pensano che 11 loro povero Claude pencoli verso il suicidio e pertanto non lo lasciano più; dispongono un servizio di sorveglianza dietro l'uscio di camera sua. Claude, che vorrebbe riaddormentarsi al più presto e in quelle condizioni non trova il verso di farlo, imbestialisce e chiede a gran voce sonniferi che naturalmente gli vengono negati. Fino a questo punto il film è stato quell'alto «divertimento > che ci era stato promesso, un vero addentellato di invenzioni. Quei sogni, dai fondi che ora hanno del grafito ora del dagherrotipo, dai personaggi che s'esprimono con recitativi e cabalette d'opera lirica, dal soffici trapassi e dalle spiritose elissl, fluttuano come un'aerea fantasia, ventilata dall'ironia pungente del migliore e più antico Clair. E l'intrusione della materia reale in quella sognata, la scossa del risveglio, coincide sempre con una gustosa trovata. Mentre è poi saporitissima e cosi umana la commedia degli amici, che è la tangente del buon senso per cui scappa e s'invola il fantasioso sognatore. E ci si domanda, con un certo timore, come il film possa continuare e sostenersi. Il timore è fondato: il rimanente non è, o non risulta ugualmente felice. Il gioco si raffittisce, si spezza, si esaspera: e, intanto che la bravura croscè, l'ispirazione si assidera. S'aggrava anche l'originario difetto del « soggetto », che con la Bceneggiatura e i dialoghi è opera dello stesso Clair l'esserci dimenticati che i sogni, come non si possono scegliere, co?i non ritornano. Tutto è possibile nel loro ambito, ma la loro porta d'accesso è quaggiù severamente guarda ta. Finalmente riaddormentatosi, Claude arriva tardi all'ap puntamento delle sue belle, e dalla gelosia di un marito, dal furore di due fratelli, dal fred- ]do filo della mannaia rivolu¬ zionarla, impara che anche quelle époques avevano 1 loro inconvenienti. Fa allora un altro saltetto più indietro, arriva ai mousquetaircs di Luigi XIII, ma anche qui, con quel geloso D'Artagnan che lo prende a perseguitare, non sono rose. Sicché al nuovo risveglio Claude è bastantemente riconciliato col suo tempo, anche perchè scopre che la più bramata delle donne dei suoi sogni ha le fattezze d'una sua vicina di casa. E ora vorrebbe non dormire, non sognare più: ora si tiene su a caffè e pizzicotti Ma i sogni, diventati incubi, 10 riafferrano e ci avviciniamo alla farandola finale: una fuga nei secoli dalla preistoria ad oggi, a bordo d'una jeep inse guita da una promiscua muta di feroci fantasmi. E con l'ennesimo risveglio che segue, la conciliazione col proprio mondo è piena, e a suggellarla ecco che quella tal lettera, finalmente recapitata a Claude gli porta l'annunzio che un suo spartito è stato accolto dalla direzione dell'Opera. Non solo i sogni dunque, ma anche la vita ha del buono; e un buono più di sostanza. Questa seconda parte ha forse soltanto il torto di venire dopo la prima, di aggiungersi ad essa senza risolverla e superarla com'era suo dovere di fare. E l'impressione che lascia incide fatalmente nel giudizio che si deve dare del film. Una incrinatura di fatica passa per questo giuoco così ben avviato. Man mano che si procede, non dicano che gli ingranaggi stridono, ma certo ronzano si sentono. Alla commedia subentra la farsa, al balletto 11 salto mortale, allo spirito la fumisteria; e il dapprima squisito contrappunto di anacronismi scade alla fine nel facile. Quel che il film possiede e palesa sempre è una eccelsa padronanza di linguaggio: Clalr vi divincola tutta la sua bravura di cineasta, dà un fastoso compendio del suo ecce zìonale < mestiere >, e veramente porta la macchina da presa, senza spezzarla, alle più ardite flessioni. Rende anche questo film una fragranza di beltà e giovinezza: la sua materia umana è delle più gradevoli. Un mazzo di belle brave attrici: Martine Carol, Gina Lollobrigida, Magali Vendeull e Marilyn Buferd. E l'ape che le succhia è quel Gerard Philipe di cui conoscete la spiritosa grazia, l'aristocratica misura. Gran parte ha nel film la musica. E' piacevolissima; e il suo autore, Georges Van Parys, è, dei non molti collaboratori di cui Clair si è circondato, il più importante. La serata ha avuto un corso e un esito lietissimo. Si è quasi ininterrottamente riso e molto spesso applaudito a schermo acceso. Alla fine, feste all'illustre autore e agli interpreti presenti. Leo Pestelli MiiiiiiiiiMitiiiiii ìiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiriiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiriiiiiitiiiiiMartine Curo! e Gerard Phillpe In una scena del film: « Lea belles-de-nuit », di Bene Clalr, presentato a Venezia

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