Dubbi sui delitti del barone pazzo
Dubbi sui delitti del barone pazzo Dubbi sui delitti del barone pazzo Avrebbe commesso solo quattro rapine e sarebbe innocente di tutti gli altri crimini attribuitigli • Il piano della Difesa Roma, lunedi mattina. Tre giorni di lavoro non hanno giovato molto alla causa della verità, in questo processo Glardina. Numerosi erano gli interrogativi che si ponevano all'inizio del dibattimento e numerosi sono rimasti al termine della istruttoria orale. Come dire che non si sono fatti molti passi avanti: gli stessi dubbi di prima, le stesse ombre, gli stessi misteri. Anzi, se qualche elemento è balzato fuori questo non è stato sfavorevole al giovane barone. Di un solo particolare si è riusciti ad avere una delineazione ben marcata ed è stato quello che si riferisce alla personalità dell'imputato: forse non responsabile di tutto quello che si è a lui addebitato, certo malato. Ora non v'è che da discutere sulla gravità di questo male, di questa follia che il giovane Pucci ha portato con sè dalla nascita, attraverso quella lue ereditaria dalla quale gli psichiatri sono partiti per concludere che è totalmente infermo di mente. In questa settimana il processo dovrebbe essere portato a termine. Gli avvocati e il P. li., per darsi battaglia, avranno a disposizione cinque giorni, tenendo conto che l'udienza di oggi è interamente dedicata alla lettura degli atti che costituiscono l'incartamento processuale. Anche questa battaglia si prevede vivace. Dal suo atteggiamento In udienza, non è facile compren¬ dere in quale direzione s'è orientato il Procuratore Generale, dott. Donato, un barone anche lui, che già sostenne l'accusa contro quell'ex-cameriere livornese Edmondo Vastalegna, che rappresenta il primo caso di eutanasia preso in esame da una Corte di Assise italiana. Per gli altri che interverranno nella discussione la questione è diversa. Gli avvocati del barone Giardina si troveranno ad essere soli contro tutti. Contro gli avvocati che difendono il complice del giovane piemontese, l'ex-pugile sardo Tarciso Loverci e contro colui al quale è stato affidato d'ufficio il compito di tutelare gli interessi dei due polacchi imputati di aver ucciso l'autista di piazza Leopoldo Grossi. Infatti gli avvocati Bruno Cassinelli, Aminta Ciarrapico e Luciano Revel hanno intenzione di mettere in pratica il piano che hanno preannunciato durante tutta l'istruttoria orale: non solo dimostrando la follia del giovane baronetto attraverso le « stranezze » della sua prima infanzia, lo < choc » psichico subito dalla guerra, e l'Incontro con gli americani a Roma che lo portò a una troppo precoce conoscenza con l'alcool che lo abbrutì a 15 anni; non solo sostenendo che Giuseppe Giardina commise solo quattro rapine (1 a Roma e 3 in Sardegna) ed è innocente di tutti gli altri delitti che « qualcuno ha avuto interesse ad addebitargli » e che confessò solamente per « una vanteria controprova della sua follia»; ma anche spiegando che il Giar dina si sarebbe limitato a la vorare puramente di fantasia nel campo del delitto, senza mai scendere alla pratica se non avesse incontrato sulla sua strada Tarciso Loverci, da lui conosciuto per caso in Sardegna n-lla palestra di pugilato dove andava ad allenarsi. Infatti fu costui che fece leva sul suo spirito malato e lo suggestionò al punto da indurlo a compiere la prima rapina. « Adesso vediamo cosa sai fare », gli disse un giorno Loverci, davanti alle vanterie dell'altro il quale aveva narrato ai suol amici sardi che a noma era a capo di una banda, ed allora Pucci si « buttò a pesce », come ha spiegato, soprattutto per non fare una brutta figura. g- g.
Persone citate: Aminta Ciarrapico, Bruno Cassinelli, Edmondo Vastalegna, Giardina, Giuseppe Giardina, Luciano Revel, Pucci
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