Dai «night clubs» alla Casa Rosada

Dai «night clubs» alla Casa Rosada LA VITA DRAMMATICA DELLA PEHON Dai «night clubs» alla Casa Rosada Eva Duarte Pcrón aveva trentatrè anni. Di rado una donna ebbe, in una vita così breve, esperienze così intense, drammatiche ed esaltanti. Suo padre, Juan Duarte, possedeva una modesta proprietà, ma ennduccndo una vita troppo brillante, finì per indebitarsi fino al collo e perdette tutti i suoi beni. Quando Juan morì, la moglie, per poter allevare i cinque figli, si diede da fare per tenere una piccola pensione. ! A 14 anni Eva scappò di casa e si recò a Buenos Aires in cerca Idi fortuna. Alcuni affermano che, | priva di mezzi e con la sola sua bellezza come unica risorsa, gi- rasse nelle barriere di Buenos Aires a piedi nudi e coperta di cenci. Grazie al suo singolare fascino, divenne presto modella dei migliori pittori della metropoli e cominciò presto a frequentare gli ateliers alla moda e i clan aristocratici. Valendosi abilmente dei suoi ammiratori, riusci a recitare in teatro qualche particina e ottenne un posto alla radio. Ma il suo sogno era il cinema. Un giorno si recò dalla diva spagnola Libertad Lamarque la quale considerò con simpatia la seducente biondina e le fece fare un provino. « Ti annunzio un grande avvenire — le disse poi — ...ma non solo sullo schermo! ». Evita non dimenticò. Così quando la « bionda Pompadour dell'Argentina », come l'hanno battezzata i giornali nord-americani, si insediò alla Casa Rosada, Libertad Lamarque e Nini Marshall, altra diva che l'aveva trattata dall'alto in basso, si videro proibire i loro film nel territorio della Repubblica e in un secondo tempo ricevettero il divieto di girare film e furono costrette a rifugiarsi in Messico. I giornali the le avevano allora sostenute e non avevano preso sul serio l'arte di Eva dovettero cessare le pubblicazioni. Dai pittori Eva passò a cantare nei night clubs dell'Avenida Alvear frequentati dagli eleganti ufficiali e dai ricconi. Durante una festa da ballo, era una sera del febbraio 1944, conobbe il colonnello Perón. Venivano da due mondi diversi ma avevano molti punti di contatto. Entrambi temperamenti volitivi, volevano arrivare molto in alto. Nel suo libro « La mia vita », Eva afferma di aver dichiarato al colonnello: «Se la vostra causa è quella del popolo, per quanto lontano voi vi spingiate sulla via del sacrificio io vi accompagnerò. Fino agli ultimi dei miei giorni, mi avrete al vostro, fianco ». Qualche mese dopo il colonnello Perón, che era vedovo, ed Evita affittarono due appartamenti nella calle Posadas, un'altra delle vie più eleganti di Buenos Aires, e poco dopo lo stipendio della giovane artista salì da 35 a 6000 dollari al mese. Da allora Evita cominciò a interessarsi di questioni sindacali. Così, quando Perón fu arrestato, Evita e i capi sindacalisti attesero il momento opportuno per imporre la sua liberazione. Il 17 ottobre '45 una folla di circa cinquantamila lavoratori, molti dei quali senza giacca, senza camicia o vestiti poveramente marciò verso l'ospedale militare ove il colonnello era stato portato per una visita ai polmoni e lo acclamò a gran voce. Il colonnello potè parlare da un balcone alla folla sotto la pressione della quale ottenne la libertà. Un giornale della sera, pubblicando la fotografia della dimostrazione, commentò ironicamente: «Gli scamiciati (descamisados) fanno chiasso », nome che Perón pensò di utilizzare demagogicamente. Quattro giorni dopo Juan ed Evita si sposarono con rito civile in una cerimonia segreta. Lei aveva 26 anni, lui cinquanta. ; Quei giorni di lotta Evita non li ha mai dimenticati e ne sanno qualcosa i suoi avversari politici. Evita non ha mai perdonato a chi aveva cercato di attraversarle la strada e l'aveva guardata dall'alto in basso. Più volte si è lasciata sfuggire questa frase : « Non vedo l'ora di vedere i miei nemici penzolare da una forca ». Dopo le vittoriose elezioni del '46 quando Perón tornò al potere potè dare alla moglie un compenso poco consueto per una donna: il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale. Evi- ta, lavorando dalla mattina alla sera, trasformò la Confederazione Generale del Lavoro in uno strumento peronista. Ella seppe convogliare correnti di simpatia popolare verso suo marito appellandosi alla giustizia sociale, sostenendo la necessità di una sana vita familiare e dcll'inscgnamcnto religioso nelle scuole. Si schierò a fianco del marito nella lotta contro i grandi Iatifon- disti e contro l'oligarchia dei ceti commerciali. Il fatto però di «.scre stata una diva del cinema non le è stato perdonato dai circoli mondani della capitale ar gemina da molti dei quali, no nostantc la sua posizione di con sorte del capo dello Stato, si vide sempre escludere: Questa donna ambiziosa, che dava ordini ai ministri e dirigeva il partito delle donne pcroniste ( che conta 4 milioni di iscritte), riceveva delegazioni, inaugurava lavori' pubblici e tre volte la settimana, al Ministero del Lavoro, distribuiva 100 pcsos ciascuno a tutti i poveri, amministrava l'Istituto Aiuti Sociali che trae i proventi da tasse sui guadagni delle case da gioco e dai contributi di società private e di associazioni sindacali per altri cento milioni di dollari all'anno. Con i finanziamenti dell'Istituto Evita fece costruire, tra l'altro, un villaggio per fanciulli e quando suo marito lo inaugurò pianse. Perón, che stava parlando, si interruppe e baciò la moglie dicendo: «Queste lagrime dimostrano i sentimenti umani di chi ha voluto questa iniziativa ». Evita si diede da fare per collocare tutta la famiglia Duarte in punti nevralgici. Sua sorella maggiore governa la provincia di Junin, il fratello Juan è capo gabinetto di Perón. Nipoti e cognati si dividono alte cariche. La radio e l'industria cinematografica erano sotto il controllo di Evita. Le commedie e i soggetti dei film dovevano avere la sua approvazione. Sei quotidiani di Buenos Aires e due stabilimenti industriali erano di sua proprietà. Il suo lavoro, là sua attività assistenziale e la sua politica sociale non le facevano dimenticare di essere una donna di mondo e soprattutto una bella don na. Spendeva più di quaranta mila dollari all'anno per vestiti ordinati a Parigi senza contare le costosissime pellicce. Quando, nel 1947, fece ritorno in Argentina dal suo trionfale viaggio in Europa, portò con sè oltre mille litri di profumo. Evita non era affatto intimorita del suo corredo. La si vedeva spesso apparire in comizi di umili lavoratori con indosso uno splendido modello di Parigi luccicante di gioielli. Usava la propria eleganza come uno slogan che ebbe fortuna: «Poco tempo fa — diceva al popolo — ero vestita come voi, ma adesso, |8.r!,zit: al. Pian° quinquennale di ^ostruzione, ho quest. vestiti Se mi aiutate, un giorno vestirete tutti come me ». E gli applausi erano calorosi perchè Evita aveva per gli argentini il fascino che le stelle di Hollywood hanno per le platee di tutto il mondo. *** La villa presidenziale ove al è spenta Eva Perón. Il cartello Invita gli autoveicoli a non suonare il ciackson