Ho tante cose da dirle

Ho tante cose da dirle Ho tante cose da dirle _ S'incontrarono in un'csposirione di quadri, proprio davanti a un nudo di donna, molto moderno, che faceva ridere i profani. — Lei non ride, però — disse Maria Grazia, serrandogli vigorosamente la mano e fissandolo negli occhi. Mi fa piacere, perchè il pittore di quel quadro è amico mio. Ci mettiamo a sedere qui, per far due chiacchiere? Non era possibile dir di no e lui sedette docilmente accanto a lei, su uno di quei sofà circolari di velluto rosso posti in mezzo alla sala. Maria Grazia non gli levava gli occhi di dosso ed egli aveva l'impressione che ella si fosse letteralmente gettata su di lui, come se volesse divorarlo. — S'interessa di pittura adesso? Di pittori? Io ne conosco una quantità. Ne ricevo, molti, artisti, a casa mia, e non solo pittori, ora che vivo sola e a modo mio. Viveva sola e a modo suo: non si poteva essere più espliciti e invitanti di cosi. — E anche lei deve venire a trovarmi, assolutamente! Ho tante cose da dirle... Lui la guardava, pensando come un giorno quella donna gli fosse piaciuta. Si poteva addirittura dire che era stato preso, per lei, da una vera passione aspra e irritata, come sono tutte le passioni non corrisposte, ma profonda, che l'aveva fatto atrocemente soffrire. Gli pareva ancora di vederla, com'era allora, così' altera, distante, inaccessi , bile, una specie di regina che non lo degnava di uno sguardo, e che se per caso incontrava i suoi occhi, si ritraeva con un'espressione disgustata. Egli aveva messo di mezzo parenti e amici, per riuscire a commuoverla, ma tutto era stato inutile. Adesso quelle lontane sofferenze sembravan a lui cose da poco, e se ci ripensava, aveva l'impressione di essere stato un altro, un tipo emotivo, sensibile, che gli susci fava nell'animo un sentimento strano: un po' di pietà, un po' di disprezzo e perfino una certa curiosità. Ricordava soprattutto un giorno di primavera al tennis, in cui era riuscito ad avvicinarla, e sudava d'angoscia al suo fianco, mentre lei, giocherellando con la racchetta,- con gli occhi bassi e una smorfia' sulle labbra gli aveva chiesto, gelida: — Che cos'aveva da dirmi? — Tante tante cose... Non aveva potuto continuare, lei gli aveva voltato le spalle, con la scusa di un'amica che la chiamava. ' Dopo, lei si era sposata e lui, a poco a poco, era guarito. Aveva avuto, in quel tempo, la sventura di perdere la madre adorata e questo era stato per lui un dolore immenso in cui tutto il resto era andato sommerso. Per Maria Grazia aveva avuto solo un pensiero, che, cioè, un tipo come lei, frivolo, altero, insensibile, non sarebbe mai piaciuto alla sua povera morta. E ciò era bastato per far svanire nell'animo suo fin l'ultima ombra di rimpianto. Ed ora ecco Maria Grazia, sempre bella, ma tutt'altro che altera. Viveva separata dal ma rito, e, senza figli com'era, po teva dedicare tutto il suo tempo agli amici. Cosi disse, fissandolo negli occhi; dopo di che domandò: — Sempre scapolo, vero? —• Sempre. — Anche lei dunque ha tempo e modo di divertirsi con gli amici, non è così? Lui rispose di sì e intanto pensava: Poveretta, non sa che non son più quello di prima e che le civetterie delle donne non m'in tere^sano per niente e massime le sue... Credette di essersela cavata con qualche sorriso e una vaga promessa, ma non aveva tenuto conto del telefono. Terribile Maria Grazia al telefono! insi steva nei suoi inviti con una tenacia da incosciente, o, me glio, con la prepotenza della bella donna abituata a essere esaudita in tutti i suoi capricci. Ma non capisce, egli pensava, che se ora lei ha tante cose da dirmi, io non ho più niente da risponderle? Si difendeva scherzando, cercava di prendere tempo, prometteva senza impe gnarsi. — Verrò, se posso, quando esco dallo studio... — Sul serio, vero? Ho tante cose da dirle. Nella sua prepotenza ineso rabile, c'era tuttavia una nota di agitazione, di ansia, una smania segreta, frenetica, che moveva a pietà. Bah, egli pensò, se ha proprio tante cose da dirmi... Così, verso sera, chiuso lo studio si avviò verso l'abitazione di Maria Grazia. Ma in vista del palazzo che ella abitava, cominciò a sentire un vero fasti dio, come se lei fosse alla finestra a spiarlo, ad attenderlo, già divorandolo con gli occhi. Li davanti al palazzo c'era un negozio di dischi, vi entrò, sedette, stette ad ascoltare della musica-jazz che faceva andare in solluchero alcuni adolescenti entusiasti e rumorosi, noi comprò un disco di Brahms e tornò a casa. Ripetè il tentativo per alcune sere: stazionava lì davanti al palazzo, entrava nel negozio, dove ormai lo consideravano un cliente, poi se ne andava. Al telefono Maria Grazia tempestava, sarcastica, provocante, piena di un'allegria forzata. fauilldspbnctfdvizamfieqedocaDledndcndNpdgpnsgpdacvctdftri—Cpld — Proprio faccio? tanta paura le E rideva di un riso a scatti che aveva qualcosa di furente... Alfine, con la svogliatezza di uno scolaro negligente, una sera infilò il portone, cominciò a salire le scale, a capo chino, con l'impressione che Maria Grazia, dall'ultimo piano dove abitava, si protendesse a tenerlo d'occhio. Ma salite le prime scale, al I primo pian--, la porta s'aprìj bruscamente. Egli non ebbej nemmeno il tempo di rendersene, conto, che una bimba con due! treccine, fece un balzo, lo afferrò per una mano e lo trasse dentro. Ma si tratta di un equivoco, egli balbettò, ritrovandosi in un'anticamera semibuia, silenziosa e severa che ricordava gli appartamenti di altri tempi. La bimba scosse il capo e si mise un dito sulle labbra. — Zitto! Lisa è di là. Di là era un salottino con le finestre che davano sulla strada, e Lisa sedeva accanto a una di quelle finestre di cui la tendina era stata rialzata. Evidentemente da quel posto la fanciulla l'aveva osservato e chissà che non avesse creduto che quelle soste davanti al palazzo fossero dedicate a lei. Doveva essere così; la verità balenò improvvisa nella sua mente, egli sentì un'improvvisa voglia di ridere. — Veramente, cominciò... Ma la piccola dalle treccine, non lo lasciò proseguire. — Io mi chiamo Lucia — disse — e sono più furba di Lisa che ha sempre paura della nonna. Ma se la nonna non sente, dico io. E poi, che male c'è? Non è meglio che lei parli un poco con Lisa, prima di andare dalla nonna? Lui la considerava, divertito. — Certo che è meglio. — Vedi, Lisa, che avevo ragione? Sei troppo timida, tu... Lisa era rossa come una peonia, e vergognosa e pudica teneva il capo basso. Lui vide i suoi capelli di un castano rosso :tupendo. il suo visetto triangolare che a poco a poco impallidiva, e sfumava in un rosa di fiore, gli occhi limpidi come acqua di sorgente, la bocca dalle curve dolci. Pensò, quasi senza volerlo: — Come sarebbe piaciuta alla mamma questa creatura... E quel pensiero Jp riempì di tenerezza, di una baldanza af fettuosa. Che male c'era a in trattenersi un poco con lei? Poi equivoco sarebbe stato chiarito. Sedette di fronte alla fan ciulla e Lucia scoppiò in una risatina trionfante, e scappò via — Quella sciocchine di-Lucia.. — disse soavemente Lisa. — Chissà cosa immagina... E' così piena di fantasia... Poiché lui la guardava in si- lenzio, ella si fece coraggio ej domandò piano: — Come si chiama? — Alessandro... E fu come se, pronunciando il proprio nome, qualcuno l'avesse chiamato a nuova vita. Egli non ebbe più voglia di andar via nè di chiarire l'equivoco. Sussurrò: — Ho tante cose da dirle... Carola Prosperi I j j , ! Denisa Butin, di 27 anni, la donna che per sadismo uccise a Phalempin la piccola Joelle di 4 anni. (Publifoto)