Le remote origini della tragedia di Biella

Le remote origini della tragedia di Biella Le remote origini della tragedia di Biella Anche la moglie è deceduta Biella, 20 agosto. Sul tavolo del commissariato di P. S. giacciono un bicchiere di vetro, una bottiglietta contenente ancora due dita di acido solforico, una pistola a tamburo e un plico di documenti. Oggetti apparentemente comuni, che hanno tuttavia un significato tragico se inseriti nel quadro dell'episodio verificatosi ieri pomeriggio a Vernato e che ha avuto per protagonisti due coniugi attempati: lo straccivendolo Gino Salmistraro di anni 52 e Ines Zordaj di anni 49. Come è noto, dopo un violento alterco con la moglie, il Salmistraro sparava al suo indirizzo due colpi di pistola, ferendola mortalmente. Rientrato in casa, l'uomo ingeriva una notevole quantità di acido solforico, morendo dopo aver avuto la forza di portarsi lino al commissariato di P. S. per costituirsi. Il fatto è avvenuto in uno dei più popolari rioni di Biella, nello stabile n. 12 di via Conciatori. Portandosi in quel luogo, dove lo squallore impera assai più che in ogni altro angolo della città, ognuno potrebbe essere tentato di definire questo un dramma della miseria; è invece un dramma assai più complesso, che acquista caratteristiche di vera e propria tragedia, non solo per la fulmineità della sua conclusione senza possibilità di appendice, ma anche soprattutto per le premesse ohe ci portano lontano nel tempo. E' piuttosto questo del Vernalo un dramma del destino, un destino tuttavia non bizzarro e crudelmente cieco, ma legato invece indissolubilmente al temperamento e alla natura di coToro che ne furono i protagonisti. Nelle sue premesse, questa tragedia potrebbe essere un comune episodio di pretura, rit'ereiilesi a coniugi o familiari la cui esistenza è avvelenata da una reciproca incomprensione. Gino Salmistraro odiava la moglie e in questo sentimento era contraccambiato. Difficile sarebbe attribuire la colpa della loro impossibile vita coniugale all'uno o all'altro. Quattro anni fa si erano separati di tatto pur continuando a vivere in stanze attigue, divise solo da una tramezza. L'espediente non poteva Logicamente servire a ristabilire la tranquillità, tanto è vero che le liti continuarono ad essere frequentissime. L'ultima fu fatale. Non vi furono testimoni che possano riferirne le cause, ma era certo una lite come molte altre, senza importanza, specifica ai fi- ni delle indagini. Un documento assai importante è stato trovato in una tasca dpi- la giacca di Salmistraro: trattasi di un foglio dattiloscritto dove è contenuto una specie di testamento spirituale. Ir: esso l'uomo preannuncia in termini abbastanza chiari quanto è poi effettivamente accaduto, cosicché il dramma perde le sue caratteristiche passionali per acquistare quelle di una vera e propria premedita zlone. « Le cose della inia vita — dice 11 foglio — sono' giunte a un punto che nessuno potrebbe sospettare ». Dopo aver accennato a una serie di circostanze per cui rimase privo di affetti, circostanze nelle quali non nega la sua parte di responsabilità, seri ve: «E' giunto infine il disgusto e tutto è andato come neve al sole ». Prosegue esplicando chiaramente il suo odio p*jr la donna, preannuncìandone la line sua e di lei, concludendo: * Sia fatta la volontà del destino». Da più giorni forse l'uxoricida aveva in tasca questo singolare testamento. La lite di ieri fu il pretesto per attuare il disgraziato disegno. Scoppiata fulminea senza che la gente del vicinato se ne preoccupasse, neppure i colpi di pistola desiarono l'attenzione di chlchessìa. L'inchiesta dellu P. S. ha potuto accertare quello che e accaduto poi. La signora Romea Camerano, abitante di faccia ai coniugi, udì r due colpi secchi ed ha dichiarato di non avervi fatto coso, avendoli attribuiti allo scoppio di pneumatici. Solo 20 minuti dopo, affacciandosi alla finestra vide* distesa la vicina di casa sui balcone in una pozza di sangue. La Camerano discese a precipizio le scale, imbattendosi in un altro vicino di casa, Carmelo Filoramo; quest'ultimo, pochi istanti prima, aveva veduto scendere dalle scale, pallidissimo, l'uxoricida, che con gli occhi stravolti aveva detto di avere ucciso la moglie. Il Filoramo non gli credette, ma subito dopo l'uomo crollava a terra stringendo in pugno la pistola puntata al capo e premendo il grilletto che si inceppava. Terrorizzato, il. vicino strappava dalle mani del Salmistraro l'arma; quest'ultimo che aveva appena bevuto un intero bicchiere di acido solforico, trovava uncora la forza di risollevarsi e inforcare una bicicletta, pedalando lino sulla porta del commissariato di P. S., dove cadeva agonizzante, sussurrando: « Ho ammazzato mia moglie ». Pochi minuti dopo decedeva all'ospedale. Nella notte, per le gravi ferite riportate, moriva anche la moglie. In quello stesso ospedale, pochi gior ni fa, una figlia dei due tragici coniugi, aveva dato alla luce un bimbo. Ancora ricoverata nel re parto maternità, essa è all'oscu ro dell'episodio. Domani le salme (dei due infelici avranno sepoltura

Persone citate: Carmelo Filoramo, Filoramo, Gino Salmistraro, Ines Zordaj, Romea Camerano, Salmistraro

Luoghi citati: Biella