Vecchi monarchici e neorepubblichini

Vecchi monarchici e neorepubblichini UN CONNUBIO PARADOSSALE Vecchi monarchici e neorepubblichini Un tale che si diceva capitano nella marina mercantile, napoletano di parlata, viaggiando in treno, ai compagni di scompartimento, vantava: < Vi dico io che 11 novantotto per cento degli ufficiali di tutte le forze armate sono, come me, monarchici e fascisti >. (Mai Impressionarsi di chi grida: " Ho la vittoria In pugno ". Novantotto volte su cento non è che un pugno di mosche). Dei compagni di scompartimento, accasciati dal caldo, uno Bolo rispòse, pacato: <Ma come fanno a essere, nello stesso tempo, monarch'ici e fascisti?>. Il baldanzoso continuò a vociferare contro la Repubblica vile e democratica, ma alla domanda non rispose. Probabilmente non l'aveva capita. Il congresso all'Aquila Si direbbe che molti monarchici di antica fede e fermo sentimento, che con trepida speranza hanno seguito 11 congresso missino all'Aquila, non abbiano nemmeno loro capito: che nella democratica libertà di opinioni della quale oggi anche essi godono, uno può rimpiangere la monarchia o perfino 11 regime fascista, ma o l'una o l'altro, tutti e due Insieme, no. Perchè dal 28 ottobre 1922, o al più tardi dal 3 gennaio 1925, la monarchia Italiana impersonata da Vittorio Emanuele III non fu, di fatto, che una monarchia di comodo per un dittatore, che aspettava il momento per disfarsene: al sovrano non lasciava più nemmeno i primi applausi nelle grandi cerimonie nazionali: tutti li voleva per sè, duce. Possibile che I monarchici di schietta osservanza monarchica ci sentissero ancora l'esaltazione di un re, messo e messosi in disparte? O prendevano alla lettera quello che scriveva, scherzando, un giornale svizzero: che l'Italia era il paese più monarchico del mondo, perchè, inve-. ce di un re solo, ne aveva due? Dicono che, tuttavia, l'altoparlante Mussolini, alla presenza di Vittorio Emanuele III, taciturno e ingrugnato, si sentisse sgradevolmente intimidito. Il re, naturalmente schivo di popolarità chiassosa, aveva anche le sue buone ragioni per tenersi in disparte: specialmente dopo l'attentato alla inaugurazione di una Fiera di Milano, quando davanti la sua automobile scoppiò un candelabro della luce elettrica, imbottito di esplosivo regolato da un orologio: nè mal la polizia fascista fece sapere di avere scoperto traccia del complotto contro il monarca. L'Italia, nel ventennio, non fu una monarchia ma una diarchia. Equivoca forma di sovranità a due che finisce sempre con l'eliminazione di uno dei due condòmini. Quante volte il dittatore dovette vincere la tentazione di disfarsi del collega, al quale via via toglieva le prerogative della sovranità, cercsndo di tenerlo buono con offrirgli qualche nuova corona d'occasione! Hitler, il suo scolrro diventato presto suo maestro, morto Hindenburg, non aveva messo tempo a proclamarsi, FUhrcr e cancelliere del Rcich, anche capo unico dello Stato tedesco. In Italia avvenne invece che eliminato fosse il dittatore che, dichiarata, senza chiedere il parere del sovrano, nè quella stessa del suo Gran Consiglio, una guerra evitabile, aveva portato l'Italia a una inevitabile, totalitaria sconfitta. Non che il collega nella diarchia di sua iniziativa eliminasse l'ai tro. Attese che II fascismo stesso si disfacesse del proprio capo. Così pensava di sai vare il suo già svotato costi tuzionalismo, e l'unico principio costituzionale nel quale fu fermo: la non responsabilità del monarca, in qualunque ca so, anche di fronte al disastro nazionale. Non c'è da stupirsi se noi la monarchia abbia eli minato anche se stessa. Movimento anacronistico Intanto — è un merito negativo, ma può essere ricono sciuto per esempio a Grandi — 11 regime fascista si scio glieva spontaneamente, riconoscendo esaurita ogni funzio ne che poteva aver avuto nella storia d'Italia. Per amore o per forza, per venti anni, una fun zione la aveva avuta. Ora al capi e ai gregari non restava che sparire dalla vita politica italiana. Così fecero i più savi nei quali, oltre la fazione, c'era coscienza della Patria. Altri incapaci di misurare la fatalità dell'evento, attaccati alle loro facili fortune, si credette ro ancora buoni per un'altra volta. Così si spiega che, nella sua fatuità, Galeazzo Ciano Invece di chiedere un aereo che nessuno gli avrebbe nega> to, per dileguare, chiese protezione ai Tedeschi e andò a farsi fucilare a Verona, consenziente il suocero, con gli altri disgraziati che, fosse pure senza essjrsl resi conto di ciò che avevano fatto, avevano votato l'ordine del giorno Grandi: eliminazione forzata di Mussolini e autoscioglimento del fascismo. Ogni fascismo sarebbe potu to cancellarsi nel popolo italiano se, dopo 1*8 settembre, prò trattasi su parte d'Italia l'oc cupazione, e dominazione, te desca, alquanti ex-fascisti, più inconsolabili e faziosi degli al tri, non avessero visto la pos sibilità di riafferrare un po' di pdandazntedrmlgpascrcpniqpfftdsddrpgMttaucsevnccclgabdnmcnlccCRtnco potere, e 1 comodi particolari del potere, con la forza delle armi germaniche. Per ciò rinnegare la finzione monarchica, dichiararsi social-repubblicani agli ordini di un dittatore senza più fiato, ironicamente tenuto in piedi, a Salò, dal dittatore vero, unico per I Tedeschi e per I popoli inferiori protetti dal Reich nazista: Hitler. Furono costoro non più fascisti, ma sottonazistl. Il popolo italiano, che tanto danno e vergogna ne ebbe, 11 chiamò c repubblichini >. Ora, fra I promotori di un anacronistico movimento fascista, che si dice italiano e sociale, assai più che 1 già operanti di un regime fascista, che in Italia fu effettivo, appaiono i repubblichini di Salò: non neofascisti ma neonazisti in Italia. Anche costoro, in qualche parte d'Italia, assai più superficialmente che non facciano credere, possono aver fatto qualche presa su giovani teste calde e confuse. Sui figli dì quella piccola borghesia scontenta e incantablle che nel 22 Mussolini aveva potuto se durre con la facile demagogia dell'Italia al giovani. Troppo rammentiamo l'allegro uso del potere che fecero molti di quei giovani inesperti e baldanzosi Ma almeno potevano dire che tentavano un esperimento politico; e molti di loro potevano anche dire di beneficiare di una guerra vittoriosa. Superstiti di una sconfitta Oggi questi neorepubblichini comunque si camuffino, sono i superstiti di una sconfitta che essi hanno reso ancora più grave con la guerra civile. Debbo no ai loro giovani adepti rac contare una storia ben falsiti cata del fascismo, della monar chia, della guerra, di ogni Italia. Ma si capisce che i troppi giovani italiani incerti del loro avvenire economico cedano alla bella favola di un'Italia che si dà tutta all'appetito dei giovani. I missini possono per un momento trovare appoggi, anche sostanziosi, da non giovani che calcolano di salvare I loro particolari, non sempre sociali, interessi senza gli impacci di una legalità democratica. Costoro si dicono avversi alla Repubblica e, siccome il contrario di Repubblica è la monarchia, si dichiarano monarchici. Di fatto, se fossero qualche cosa, i missini sarebbero, modo loro, fascisticamente o sovieticamente, repubblicani. NmIvctrcsezrtglcbvdprdtCcPpdzdMnMpsf ■llllllllltltllllltltlllllllllllllltllllltllltltllllilllllt Non si capisce proprio come del monarchici possano dirsi, in Italia, egualmente fascisti, e viceversa. Nè può bastare, a sanare la contraddizione in termini, che tra vecchi monarchici e neorepubblichini ci sia una concordia generica per una ripresa di quel nazionalismo antieuropeo prodotto di un'Infatuazione Incapace di misurare la realtà. In una strada di Firenze, sotto un manifesto in cui campeggiava la fiamma del M.S.I., un libero passante aveva scritto col carboncino: La fiamma è bella, ma chi si è scottato una volta... Giulio Caprìn iiiimiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiNuiiiiiiiii Il principe Bernardo d'Olanda (a sinistra) e il duca Filippo di Edimburgo nelle tribune della piscina di Helsinki assistono alle competizioni di nuoto per le Olimpiadi iiiMnNiiiiiiMiiim

Persone citate: Bernardo D'olanda, Galeazzo Ciano, Hitler, Mussolini, Vittorio Emanuele Iii