Sembrare un pazzo fu il suo dramma

Sembrare un pazzo fu il suo dramma IL BARONE RAPINATORE Sembrare un pazzo fu il suo dramma Appena uscito dal carcere • dice l'imputato - la mia gioia sarà di accompagnare la mamma e la sorellina al cinema a o . — a o n r a a i o e i e o o a e l o 1 un memoriale scritto da Giar- Roma, 26 luglio. Era proprio per discutere della « confessione » del barone Giardina che i difensori attendevano stamane l'intervento di quel funzionario di P. S., dottor Morlacchi, il quale aveva ascoltato < il racconto particolareggiato > del barone compresa la spiegazione del delitto Grossi, ritrattata in un secondo momento. L'elemento più interessante risultato da questo intervento è stato la personalità di Giardina con le sue reazioni al momento in cui venne, quasi per caso, arrestato dalla polizia. Il dott. Morlacchi, infatti, lo < pescò >, al l'indomani della rapina al duca Gaetani, mentre tentava di vendere, insieme col suo complice Tarcisio Loverci, un orologio d'oro a piazza Vittorio. Il particolare che più impressionò chi lo interrogava fu la loquacità con cui narrava quel che aveva fatto. Il ragazzo non solo non ebbe difficoltà ad ammettere la rapina commessa ai danni del duca Gaetani, ma aggiunse con aria sorridente: < Mezz'ora prima di quella ne ho compiuta un'altra >. E il dott. Morlacchi ha continuato per spiegare che il Giardina, sempre spontaneamente, confessò prima la rapina ai danni di quel tabaccaio che, venute in udienza, non lo ha riconosciuto e poi l'uccisione dell'autista Grossi. E qui hanno os servato gli avvocati del Giardina: nel suo rapporto il dott. Morlacchi disse che al ragazzo aveva < parlato > di questi suoi delitti solo quando gli vennero contestati tutti quei fatti di sangue avvenuti a Roma e che per la polizia erano rimasti senza soluzione: la soppressione delle sorelle Stern, del tipografo Trivella e via. Quindi non fu una < confessione > spontanea, ma quasi < suggerita >. Gli avvocati hanno insistito ancora perchè il funzionario narrasse in quali termini c veramente > si svolse l'Interrogatorio. E il dott. Morlandi ha ripetuto: « La sua fu una confessione spontanea. Io non gli suggerii nulla >. < E del delitto Grossi come venne a parlare? >. «Gli chiesi se avesse rapinato sulla via Nomentana vicino casa sua un autista di piazza ed allora Giardina, come ricordandosi d'improvviso, disse che una sera aveva noleggiato un taxi insieme ad un amico, certo " Giorgio ", e a Monteverde avevano ucciso l'autista. Non gli credemmo e gli facemmo osservare che a quell'epoca era quasi un bambino. Il Giardina rispose'. < Sì. ero un ragazzo, ma anche molto sviluppato > E qui altre contestazioni da parte degli avvocati che hanno determinato un vivace battibecco col funzionario. Conclusa in questo modo la battaglia per « la confessione > s'è passato alla lettura di dina In carcere dal titolo: «Dietro le sbarre >. Venti cartelle nelle quali Giardina, dopo aver ricordato la sua infanzia e il modo in cui cominciò a percorrere la strada del delitto ha spiegato quale, soprattutto, sia stato sempre il suo dramma: sembrare un debole, un pazzo e < fare una brutta figura >. E dopo aver ammesso che il suo non fu altro che un sogno da malato e che volle sempre passare per quello che non era, cioè un vero delinquente e che perchè altri lo credessero lavorò di fantasia, conclude: < La mia coscienza è serena perchè ho detto la verità. Delle quat tro rapine vere non ho molto rimorso perchè non ho fatto male a nessuno e qualunque altro, col carattere mio, avrebbe fatto lo stesso. La mia gioia sarà appena uscito di accompagnare la mia mamma e la mia sorellina al cinema».

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