I puritani della moda di Enrico Emanuelli

I puritani della moda VIAGGIO ATTRAVERSO L'UNIONE SOVIETICA I puritani della moda Anche l'abito da sera è una divisa che riflette il moralismo dei politici • Ma il sogno di molte donne, per un facile gioco psicologico, s'identifica con l'eleganza di quel mondo "fine di secolo,, che hanno combattuto e vinto - Dalla Casa statale dei modelli alla lavorazione in serie - "Questo è il nostro massimo di scollatura,, • Una serata al Grande Teatro (Dal nostro inviato speciale) Mosca, luglio. Non mi intendo di moda e non pensavo di scriverne. Ma in attesa che mi autorizzassero a vedere cose che ritenevo più importanti, domandai che almeno mi lasciassero andare alla < Casa Centrale dei Modelli ». Appena arrivo, chi m'aspetta per farmi da guida, una donna alta e non più giovane, dall'aria molto tedesca, mi dice: « Ha fatto bene nel mettere questa visita tra le altre del suo programma. Dal modo con cui un popolo si veste, lei può capire il suo carattere ». Dovessi subito tirarne una conclusione direi che il popolo sovietico s'adatta a prendere la moda che gli danno e quella che gli danno • è molto seria, persino austera. Non riflette il carattere della donna moscovita, ma soltanto il moralismo dei politici, che è quasi sempre meno longanime di quello dei religiosi e diventa una specie di rigore virtuoso, che può portare all'ipocrisia. Come una festa a corte Il mese scorso c'erano a Mosca molte ragazze francesi, svizzere, italiane venute per un campionato di palla a canestro. Parecchie di esse passeggiarono nelle vie del centro in calzoni e maglietta, ma le donne moscovite le guardavano non persuase, anzi disapprovando. Quelle ragazze in calzoni lunghi neri o bianchi o rossi quadrettati di giallo non piacevano ed irritavano. Poi feci un'altra constatazione. Poche sere fa andai al Grande Teatro per vedere il balletto La bella addormentata e per ora dirò soltanto che la messa in scena era d'una grandiosità che toccava il fasto, d'una ricchezza quasi favolosa. Proprio all'inizio si rappresentava la cerimonia per il battesimo della principessina e pareva d'assistere ad una grande festa alla corte dello zar. Quando il sipario si apri su questa scena, ed apparvero sul vasto palcoscenico più di 200 comparse, tutte erano donne in meravigliosi abiti scollati, di un lusso che le luci e la distanza facevano ancora più seducente, il pubblico ebbe quell'atttmo di stupore, che è difficile spiegare come sia fatto: è un'altra qualità di silenzio, una carica più avida degli sguardi, che quasi si ripercuote nell'aria. Le eleganti signore sul palcoscenico, che simulavano d'essere aristocratiche, coperte di gioielli, intente a muovere i ventagli, piacevano; i loro abiti, d'uno sfarzo appunto teatrale, destavano ammirazione. Mi guardai intorno nella sala. Non soltanto c'erano donne vestite, com'è naturale, in maniera molto diversa; purtroppo lo erano anche in maniera curiosa. Probabilmente erano le stesse che avevano ripudiato le ragazzi sportive in calzoni e maglietta. Adesso capivo perchè le ragazze d'una certa Europa, che a noi passano oramai inosservate e che anzi mettiamo tra quelle che hanno gusti moderni e sinceri, non piacessero alle donne di Mosca. Le donne di Mosca le vedevo in ammirazione di vecchie eleganze che noi diciamo < fine di secolo », roba che forse piacque ancora ai primi del Novecento. Sono cose che sembrano in contrasto con una certa immagine retorica che molti hanno dell'Unione Sovietica o con quella romantica dei rivoluzionari; ed andrei più in là se dicessi quel che mi è parso d'intravedere. Il sogno di molte donne sovietiche, per un giuoco psicologico non difficile a capirsi, si identifica con l'eleganza . di quel mondo che hanno combattuto e vinto. Parigi, New York, Roma vadano vestite come vogliono, a loro non importa e nemmeno interessa. Il sogno è stato interrotto ad un certo punto dalla storia russa ed il filo va ripreso, anche se l'animo è molto cambiato, a quello stesso punto. La più ammirata Quella sera al Grande Teatro, tra un atto e l'altro, imitando un vecchio costume aristocratico, il pubblico passeggiava a coppie, l'unii dietro l'altra ed il grande atrio pareva una sala di ricevimento a corte. Ma la donna più ammirata indossava soltanto un vestito di velluto nero, pesante, che dalle spalle come un sacco le cadeva sino ai piedi, accollato, con maniche lunghe; alla vita aveva un nastro rosso, al petto una rosa rossu. E' un abito tipico del conformismo sovietico, quasi una divisa che mi capitò di vedere in altre occasioni e che persino, con una piccola variante, ritrovai nella mia visita alla « Centrate dei Modelli ». Ad ogni modo non bisogna generalizzare; e poi non è nemmeno giusto dire, come qualcuno vorrebbe, che questa < Centrale » pensi a vestire in un certo modo tutte le donne dell'Unione Sovietica. Saranno dieci su cento, e forse meno, quelle che possono comprarsi un abito che dia loro risalto in mezzo a tutte le altre. Un'operaia, l'impiegata comune, la studentessa, la contadina, la moglie del piccolo e del medio burocrate non sono nella possibilità d'acquistare un vestito ideato dalla fantasia sotto controllo della < Casa Centrale dei Modelli*. Meglio cosi. Per fortuna la maggioranza va vestita in modo diverso e la semplicità la salva da quanto ai nostri occhi risulta come una velleità d'eleganza. I magazzini di stoffe sono sempre invasi da queste operaie, contadine, studentesse, mogli di piccoli e medi burocrati, tutta gente che guadagna un salario appena decoroso, un decimo od un ventesimo di quanto guadagnano altri che sono più su nelle retribuzioni. Vidi queste donne in coda, davanti ai banchi, ed acquistavano quel che bastava per cucirsi il vestitino in casa. Sono d'altronde i più belli che abbia visto. Prima ancora di visitare la '< Centrale dei Modelli >, nella Kusnetski Most, che sino alla rivoluzione fu la strada delle eleganze, dei gioiellieri, dei mercanti d'arte, avevo spesso guardato le vetrine dei negozi, specie quelli che espongono i cappellini. Erano di feltro, di paglia, qualcuno di tela e mi ricordavo come alle nostre donne proprio il cappellino faccia loro capire in quale anno è stato girato un film, quando si va agli spettacoli retrospettivi. Con sicurezza dicono: c E' roba del 1920 », oppure: < Siamo nel 1931 ». Ma quelli che ho visto nelle vetrine di Mosca, e sulla testa di poche donne, sono certo che non avrebbero suggerito nessuna data. Erano fuori del tempo, né vecchi nè moderni. Rispondevano soltanto ad un concetto di rigore virtuoso, di secchezza puritana, così come la sognano le bigotte nelle nostre province, sempre pronte a dichiarare che la fantasia è opera del diavolo. Questo essere fuori del tempo, è stata la cosa che più mi ha colpito quando vidi la sfilata delle indossatrici alla « Centrale dei Modelli >, tanto da non capire come riuscissero ad escogitare nuovi tipi allo scadere d'ogni anno e d'ogni stagione. Io penso che non mutino nulla perchè il concetto che il politico ha fissato, e che si identifica con quello che noi abbiamo quando si tira in ballo la moralità del vestire, non può cambiare. Ogni nuovo anno porta sul mercato stoffe sempre più abbondanti, migliori t più j resistenti. Sino a due anni fa i c'era scarsezza di tessuti, oggi itoti c'è più e basta una cosa simile per fare felici. I Questa estate alcune fabbriche hanno preparato stoffe di cotone stampato a fiori ed a disegni geometrici, che sono belle e piacerebbero anche alle italiane di gusti non troppo avventati'. Ed ho l'impressione che con le nuove stoffe ripetano ogni anno sempre lo stesso soprabito, la stessa giacca, lo stesso abito da sera, la stessa vestaglia, lo stesso pigiama, lo stesso abitino per casa; ed infatti quando raccontai ad una, donna straniera, che da tempo vive a Mosca, quel che avevo visto, mi rispose: «Su per giii proprio come l'anno scorso e come due anni fa ». La sala per la sfilata delle indossatrici è al primo piano del palazzo in cui ha sede la « Centrale dei Modelli ». Simile curiosa denominazione a noi risulta di sapore burocratico, ed è giusto. Noi pensiamo alla moda in termini di fantasia, di capriccio, o come a qualche cosa che nello stesso tempo si fa e si distrugge, come la vita stessa. Nell'Unione Sovietica il meccanismo è invece così diverso, che non è possibile parlarne con il nostro punto di vista. Non si tiene conto della fantasia o dei capricci; ma, come ho letto in una loro rivista, valgono soltanto « gli interessi della società socialista ». Durante la sfilata che vidi, una indossatrice mostrò un abito per mare che aveva una scollatura da educanda. Con sollecitudine mi fu detto: « Questo è il nostro filassimo di scollatura » e compresi che ci si riferiva ad una norma immutabile, tanti centimetri e non di più, una regola che stabiliva il lecito c l'illecito, che sanzionava il morale e l'immorale. Solo piccole varianti Mi trovavo in una bella sala dalle pareti chiare, una grande pedana era nel mezzo, intorno una cinquantina di poltrone molto comode. Di ogni abito una annunciatrice diceva il numero ed il nome del disegnatore e rispondeva alle poche curiosità del pubblico. Mi vedevo circondato da donne per lo più mature e mi dissero che erano le direttrici delle sartorie statali, che poi avrebbero doVinto eseguire in serie le copie di quanto vedevano, consegnandole quindi ai magazzini di vendita. (Alla <.Ccnfrale » non si può comperare nulla). Quel che mi si mostra è già stato approvato da una commissione di scrittori, pittori, attrici; ed è una commissione che promuove o boccia, permette o proibisce imponendo più che i propri gusti, il proprio timore di sbagliare. Così, come credo d'avere capito, ai disegnatori non resta che giocare su piocolc varianti. Una volta la tasca è diritta, un'altra obliqua; una volta Ir spalle sono quadre, un'altra curve; un po' cambiano la sagoma del collo, un po' la disposizione dei bottoni e la loro maggior fatica consiste nell'adatlare le stoffe all'età ed alle corporature femminili. Infatti l'annunciatrice non dimentica mai di dire che si tratta d'un abito per donna giovane, per donna d'eia o per donna forte. Le indossatrici rispecchiavano queste tre classificazioni e si alternavano rapidamente, un sorriso appena amabile sulle labbra. Venne quella c forte», una donna sui trent'anni dalle carni tese e bianche, mostrò un abito azzurro a pallini d'azzurro più chiaro. Era quello per la futura madre, aveva due cordicelle ai fianchi per poterlo via via allargare; ed all'altezza del seno c'erano come due patelle o sportellini trattenuti da due bottoni e fece vedere come si aprivano per poter allattare il bambino. Per il resto, nella mia incompetenza, mi pareva di avere sempre sott'occhio le stesse cose, di cui appena avvertivo il cambiamento di colore e di disegno delle stoffe. I soprabiti erano sempre dritti e lunghi; i tailleurs avevano sempre giacche lunghissime; l'abito da sera era sempre di velluto, sempre una specie di tunica che cadeva sino a toccare il pavimento. Erano vestiti di cui non riuscivo ad afferrare nulla. Non erano vecchi e nemmeno nuovi, non erano belli e nemmeno brutti. Più che castigati o, come si dice, più gMIIMIMMIMIMMIMMIMMIMMIMIMIMMIIIMIIMM che onesti, mi apparivano noiosi ed anonimi. Èssi rappresentavano soltanto il soddisfacimento minimo, regolato dall'alto, guidato da una idea politica, d'un desiderio antico come la terra. Finita la esposizione dei modelli, scomparse le indossatrici, rimango a parlare piacevolmente con la donna che mi fa da guida e che alla < Centrale » deve dirigere non so quale reparto. Riaffiorano antichi ricordi parigini, qualche nome di sarto famoso, che mi vien detto per dimostrare d'essere al corrente; e poi, come per riprendersi, la mia guida esclama: « Oh, la nudità delle donne occidentali è spesso antiestetica ». Sollecita una risposta, ripetendo: <Non è veroT Non sembra anche a voi che sia così? » Mi pare che in questo suo insistere ci sia l'eco di un rimpianto, come di chi ha compiuto un grande sacrificio e per consolarsi desidera che gli si dica: « Hai fatto bene a farlo ». Enrico Emanuelli IMIMMIMMIMMIMIIIMMIMMIMMIMIMMIMIIIIIIIIIII In quarta pagina: un articolo di PAOLO MONELLI da Helsinki \ 4 Mll MMIH IMMIMIMIMMIMIMMIMIIMIMMIIIMIIir

Persone citate: Dalla Casa, Most