Come in sogno

Come in sogno Come in sogno Quando muore un nmico, si sa, I i come se morisse qualcosa di|noi: si ha un senso di mutilazio-.ne e di soffocamento. Ma questo 10 non lo provai quando mi giunse iri America la notizia della morte del mio amico Marco: lo provai un anno dopo, quando tornai in Italia e seppi che sua moglie s'era risposata. Solo allora, non potendo ritrovare qualcosa di lui in quella ch'era stata la cerchia dei suoi affetti, la sua donna, la sua casa, gli oggetti che immaginavo dovessero conservare l'impalpabile impronta della sua esistenza, solo allora ebbi il senso raggelante della sua scomparsa. E alla pena si mischiava, esacerbandola, una crescente ostilità verso Marina. Ricordavo la sua risposta alla mia lettera di condoglianze, risposta che me l'aveva fatta sentire smarrita, disfatta; ricordavo la commozione con cui le avevo telegrafato appena sbarcato a Genova, accennando al « nostro caro Marco » e annunziandole la mia visita; e il suo secondo matrimonio mi pareva sempre più cosa quasi mostruosa. M'era passata, naturalmente, la voglia di andarla a trovare nella sua casa sul lago. Ma dopo una settimana ricevetti una sua breve lettera. Mi scriveva con la disinvoltura affettuosa di un tempo: mi chiedeva perchè non le avessi fatto la visita promessa e mi pregava di non indugiare ancora. La curiosità, una curiosità un po' cattiva, e forse anche il bisogno di manifestarle in qualche modo 11 mio animo, mi fecero vincere la riluttanza che avevo a rivederla. Le telegrafai annunziandole il mio'arrivo per il giorno dopo. Partii con un che di teso, di convulso, quasi andassi a sostenere una lotta; ma poi, a mano a mano che il trenino si avvicinava al lago, il senso dell'inutilità di quella lotta finì col disasprirmi; e mi abbandonai al mesto ridestarsi dei ricordi. Rivedevo la casa di Marina, tra il verde dell'orto e il grigio cenilo del lago; rivedevo quelle stanze ampie e luminose, i vecchi mobili, certe grandi sedie a dondolo sulle quali Marco si abbandonava con infantile ilarità; e non riuscivo a staccarne l'immagine di lui nella pienezza delle sue forze e della sua alacrità. In quella casa, pensavo, egli sarebbe stato pienamente felice se avesse potuto liherarsi dal cruccio di non guadagnare mólto con la sua pittura: cruccio che gli veniva dal veder Marina sempre preoccupata per il domani. Agiva forse su di lei il timore per cui suo padre, avvezzo a giudicare gli uomini dal loro guadagno, aveva avversato il suo matrimonio con Marco? Certo è che viveva in una specie di ansietà continua, come se da un momento all'altro potesse trovarsi nella condizione di dover vendere i mobili e gli abiti per mangiare. Marco non era riuscito a comunicarle la sua noncuranza, la sua capacità di vivere, per così dire, a fior dell'attimo. Non era mai riuscito a indurla a fare una di quelle spese irragionevoli che a volte ci danno levità e sicurezza perchè le sentiamo come un riscatto dalle limitazioni d'ogni giorno, che alla lunga diventano opprimenti. Mi ricordai di una loro discussione tri seria e scherzosa per l'orto ch'era davanti alla casa. Marco voleva sostituire con rose e altri fiori i pomodori che vi erano piantati, disposto, come diceva, a non mangiare pomodori per dieci anni; ma Marina si opponeva con una dialettica ostinata e cavillosa che lo disarmava soprattutto per il fastidio che gli dava. Che uomo era il suo secondo marito? Mi parve strano il non aver pensato a informarmi su di lui. Mi chiedevo che atmosfera avrei trovato in quella casa, e quasi mi pentivo d'essere partito. Fui contento, quando il treno si fermò davanti alla piccola sta zione, di non vedere Marina, come in passato, vicino al can cello dell'uscita. Pensavo già di rinunziare alla visita e tornarmene in città col primo treno. Ma appena uscito dalla stazione, vidi Marina su un elegante calesse a cui era attaccato un cavallino bianco. Mi chiamava, gridando forte il mio nome, col braccio levato in un gesto di saluto. Quella voce e quel gesto mi parvero così esagerati e teatrali, così estranei a lei, che n'ebbi un moto di fastidio. il mio fastidio crebbe quando le fui vicino ed ella mi trasse a sè e mi abbracciò, cosa che non aveva mai fatto. Il suo viso, il suo sguardo, la sua voce, tutta la sua persona esprimeva una vivacità, un fervore, un'effer vescenza che in lei non avevo mai veduti. Il gesto sicuro e ar moninso con cui prese la frusta e avviò il cavallo insinuò nel mio disagio una specie di dolente meraviglia. Vedevo in lei una donna nuova, e non potevo non attribuire la strana metamorfosi all'influsso del secondo marito Sapevo che aveva amato Marco veramente, con totale dedizione: e pensando ch'egli era stato uomo da svegliare in una donna le più riposte possibilità di gioia, soffrivo nel riconoscere che un altro uomo era capace di infervorarla più di lui — Antonio — ella disse a un tratto quando fummo fuori del paese — è dovuto partire ieri sera Ma tornerà dopopranzo. Continuò a parlarmi del marito con estrema naturalezza, come se io gli fossi familiare. Ma ne parlava con un tono che non era di donna innamorata. C'era nelle sue parole la semplicità e l'indifferenza di chi discorre di un fratello o di un vecchio amico a persona che li conosca da tempo immemorabile. Quando lo stradale, incassato tra alti muri e scarpate frondose, sbucò in un ripiano aperto sulla tremula d stesa del lago, ella parve vibrare tutta alla gran luce del meriggio. — Siamo quasi arrivati — esclamò socchiudendo gli occhi. — Vedi la casa? Notai che il suo viso s'era stranamente affilato; e in quel suo guardare lontano con le palpebre socchiuse e il capo sollevato ella mi ricordò l'atteggiamento e l'espressione che Marco prendeva spesso davanti al cavalletto. N'ebbi un lieve trasalimento. — Scendiamo qui — disse Marina fermando il cavallo davanti al cancello. E soggiunse ridendo: — Ho sempre paura di far urtare il calesse contro il cancello: non sono ancora molto pratica. Non potei frenare un'esclamazione di sorpresa vedendo che l'orto era stato trasformato in un giardino dalle aiuole ben curate. Marina ne fu contenta come una madre cui si lodi il suo bambino. — Belle, queste dalie: vero? — disse fermandosi e guardando quei fiori pomposi con lo stesso sguardo a occhi socchiusi che avevo notato dianzi. Suo marito, pensai, dev'essere molto ricco, altrimenti qui ci sarebbero ancora pomodori e melanzane. — E questo cavallino ti piace? — S'indugiò a carezzare il collo della bestia, poi soggiunse: Ricordi come (Marco sognava un calessino con un cavallo bianco? Era il primo accenno che faceva a Marco: Aveva lo sguardo assorto e un sorriso indefinibile che le dava un'espressione tra smarrita e incantata. — Ricordo — dissi. — Ma tu allora eri contraria. Non mi udiva. Riprese a camminare e diede le redini a. un ragazzotto che ci veniva incontro. — La rimessa — le domandai tanto per dire qualche cosa — l'hai fatta nella dipendenza? — Oh no! — rispose con semplicità, sorridendo. — La dipendenza l'ho venduta. Mio marito, sai, guadagna così poco... La guardai meravigliato, ma ella già entrava nel salone a pianterreno. Attraversammo il salone in penombra e uscimmo sulla veranda. — La rimessa — disse — l'ho fatta costruire lì, guarda, vicino all'imbarcatoio. In quel momento il ragazzo staccava il cavallo dal calesse. — E' proprio bello quel caallino: vero? — Lo guardava con l'espressione tra smarrita e incantata di poc'anzi. Poi disse, con un che di spiritato nello sguardo: — Povero Marco. Sognava anche una barca a vela. Per un cavallo e una barca avrebbe dato la casa e tutto quello che possedeva. Della casa non gli importava nulla. Di tante cose non gli importava nulla. Ricordi che non si preoccupava affatto dell'avvenire? Come se presentisse che non sarebbe vissuto a lungo. Perciò non dava nessuna importanza al denaro. — Tu, invece... — mi sfuggì, e la mia voce mi parve stupidamente sarcastica e cattiva. Vidi il suo viso contrarsi dolorosamente. Mi aspettavo uno sguardo di rimprovero, un segno di risentimento; ma ella non si volse nemmeno a guardarmi: pareva che le mie parole le avesse non udite ma pensate lei. Restò a lungo così, poi a un tratto mi guardò come sorpresa di vedermi, ebbe un timido sorriso di bambina, e disse con una specie di stupita e struggente tenerezza: — Strano come a volte... Mi pare, sai, di vedere Marco... No, non è questo. Ho l'impressione, non so, di vivere come in sogno, e di pensare, di guardare le cose come se... ecco: come se io fossi Marco. M'invase d'improvviso un affanno gioioso, e non riuscii a trattenere le lacrime. Capivo finalmente che la morte di Marco l'aveva davvero sconvolta nel profondo, e che in lei s'era trasfuso, attraverso il rimpianto, e forse anche il rimorso, qualcosa dello spirito di lui. Ero ormai certo che il secondo marito non aveva per lei grande importanza. Si era risposata per non soccombere alla disperazione, per sentirsi quale avrebbe potuto essere con Marco, per sentirlo vivo nelle gioie a cui poteva ancora abbandonarsi. E Marco viveva veramente in lei, assai più che nel tempo del loro inebriato amore. Giuseppe Lanza IMMIMIMMIMMMM MMMIIIMIMMMIM IMMMiIMMM I

Persone citate: Giuseppe Lanza

Luoghi citati: Genova, Italia