Incontro con i comunisti sulla strada di Pan Mun Jong

Incontro con i comunisti sulla strada di Pan Mun Jong GIRO BEL MONDO, FRA GUERRA E PACE Incontro con i comunisti sulla strada di Pan Mun Jong Quattro capanne di paglia, coperte di fango • La "tenda dei colloqui,, amplissima, dalle pieghe solenni, ove i delegati siedono di fronte tra bandierine di seta - Gli elicotteri americani e le jeeps russe - Un velo di indigenza sulla commissione nordcoreana - Kim Won Mu, viceammiraglio senza flotta - i\am II: tunica grigio azzurra, pantaloni neri a banda rossa, berretto di foggia francese - Il suo seguito cerca di non farsi fotografare (in regime totalitario la fotografia è un testimone spietato) (Dal nostro Inviato speciale) Fan Mun Jong, luglio. Mercoledì, 23 giugno, andai anch'io, come compo- j ncnte della Commissione delle Nazioni Unite per l'Armistizio in Corea, a una delle riunioni note alla storia contemporanea col nome di <colloquì di Pan Mun Jong». Dal Quartier Generale di Seoul dovetti viaggiare per una ottantina di chilometri verso nord, sino alla stazione di Munsan. In questa stazione si trova un treno, fatto venire dall'America, composto di vagoni letto, vagoni uffici, vagoni mensa, vagoni cinematografo, dove alloggiano e vivono i giornalisti e gli ufficiali incaricati dei servizi presso la Commissione della Tregua. Da Munsan e Pan Mun Jong è un tragitto di venticinque chilometri circa, sopra strade di guerra, in un territorio solcato dalle trincee. Ogni mattina alle 9, una colonna di <jeeps» si muove dal treno in lento corteo, segnalata esattamente al nemico. Alla colonna vengono resi onori formali molto rigorosi. Si avverte in essa In presenza d'una e7itità astratta e augusta che dovrebbe essere quella delle Nazioni Unite. Il paese è la Corca centrale: un infinito gregge di colline rotonde; < spalle », le direbbero dalle nostre parti. In lontananza cavalcano monti bluastri e negli spazi piani luccicano gli infiniti reticoli delle risaie. All'ingresso dell'area armistiziale si passa un posto di blocco della Polizia Militare. E' una baracca di legno tra gabbioni di filo spinato e altre opere belliche. Sul bordo della strada termina un camminamento della prima linea, la vera < prima linea » affacciata sulla terra di nessuno. Questa parte del fronte è tenuta da una divisione di Marines. Se ne vede spuntare qualcuno dietro i margini delle trincee, l'elmetto sul cocuzzolo, una sigaretta all'angolo della bocca, disoccupato dietro la sua pesante mitr'igltatrice silenziosa. Guarda la colonna e non arrischia alcun motto o frizzo o sarcasmo, come avverrebbe da noi. Proibite le armi E' difficile far capire ai lettori europei come l'americano indisciplinato, libero, estroso, amico delle bevande forti, diventi — appena entrato nel sistema mili> -.re — composto, serio e psservlite. Qui, all'ingresso dall'area di armistizio grandi cuttellt avvertono di « Lasciare va le armi*; <E' proibito portare armi»; < Sarà punito chi introduce armi in questa zona ». Ed è un singolarissimo vedere. Ci coniano tre o quattro volte perchè nessun altro, non autorizzate si mi— scoli con ta Commissioni ed entri nello spazio neutro. Tra giornalisti, ufficiali e autisti siamo venticinque. Andiamo avanti. La strada di Pan Mun Jong è una secolare via ìi e municazione con ta Man c<uria. « Laggiù — dice qu aicv-it- — si trovano i cmeiiy. Ma non si vede nulla. L'a rea neutrale è chiusa in un n iiiiiitimiiitiiitiiiitiiiriiiiiifiiitiiiiiiia o èe e o e E' , a ; r s, e e o n e cerchio 'li 2000 yarde di raggio. Quattro palloni d'argento ne indicano i limiti, galleggiando mollemente nell'aria calma. Presso alla strada, dove s'incassa in un'alta trincea si trovano quattro capanne di legno e di paglia. Quattro in fila: chiuse, disabitate, coperte di vecchio fango. Formano Pan Mun Jong. Presso alle capanne si trovano due tende bianche, in cattivo stato. Sono le tende della delegazione comunista. Non so se le case di paglia siano anch'esse utilizzate dalla medesima delegazione; non mi è parso. Al lato opposto, in alto, il terrapieno si apre in una vasta pianura iosa e forma la cterra di nessuno », tra le posizioni dei comunisti e delle Nazioni Unite. Vi si disegna un accampamento di grandissime tende di tela bruna: una per i Convegni della Tregua, una per la delegazione delle Nazioni Unite, una per gli stenografi, una per i giornalisti. Presso le tende, le piattaforme di atterraggio di tre elicotteri; sulla strada un numero imprecisabile di « jeeps». I comunisti non dispongono di elicotteri ma di due sole < jeeps» di fabbrica russo e d'una < Chrysler » nera, modello 1949, per il generale Nam II e il suo collega cinese. Chi volesse, a colpo d'occhio, attribuire un valore allegorico all'aspetto dei due accampamenti, dovrebbe giudicare quello delle Nazioni Unite come un insulto alla miseria. I giornalisti non possono entrare nella tenda dei Convegni, durante le discussioni. I comunisti non li volevano neppure di fuori. Le discussioni, i litigi, i ripicchi, cominciarono proprio per i giornalisti. Il 10 luglio dell'anno scorso l'ammiraglio Turner Joy, che, prima del generale Harrison, dirigeva la delegazione, propose di ammettere 20 giornalisti di ogni Paese a presenziare i negoziati. La risposta del generale Kim II Sung, comandante supremo dell'esercito comunista fu: « Penso che non è il momento, per la stampa, di intervenire ». Intervenne, invece, da Tokyo il generale Ridgway che stabili senz'altro di ammettere i giornalisti e, per radio, ne dette nofisia ai rossi. Ma il 12 luglio, al primo appuntamento tra le due delegazioni, i comunisti non si fecero trovare. Ridgway, ancora per radio, comunicò di non poter passare sopra a un principio fondamentale delle Nazioni Libere: avrebbe piuttosto interrotto i negoziati prima di incominciarli. A transazione i comunisti chiesero che, almeno, i giornalisti fossero tenuti fuori della tenda. E così, io, la tenda di Pan Mun Jong ho potuto vederla, ma vuota; prima della seduta. Paga l'America E' molto grande, le sue pieghe abbastanza solenni per aspirare alla celebrità storica. Contiene un tavolo a doppio T con le cartelle usuali, calamai, penne e pennelli. Al centro, dove seggono uno di fronte all'altro i ge¬ llllllllllItlllllllllllllllllllllllllllllItlHIIIIIIIIIIllllll nerali Nam II (Corea del Nord) e Pieng Chang (Armata volontaria cinese); il generale W. Harrison junior e il vice ammiraglio R. E. Libby (Nazioni Unite), si vedono quattro eleganti bandierine di seta, appaiate: la nord coreana e la cinese; l'azzurra delle N. U. e quella a stelle e striscie, americana. La tenda piglia luce da due ingressi, ma forti lampade elettriche sono sempre accese. In genere i posti attorno al tavolo non vengono mai C07itpletamenfe occupati. Molti delegati preferiscono non venire neppure a Pan Mun Jong e questo da quando i < colloqui» sono diventati un'occasione per perdere tempo. I comunisti perdono tempo con minima spesa. I conti di Pun Mun Jong li paga l'America. La delegazione delle Nazioni Unite è composta, a cominciare da Clark, che ne è il capo, di quattro generali (uno, sud-coreano), un viceammiraglio, cinque colonnelli (uno, sud-coreano), due tenenti-colonnelli, un maggiore, un capitano e sette tenenti. Gli interpreti sono nove, quattro americani e cinque asiatici: tre coreani e due cinesi di Formosa. Si aggiungano due short harid reporters, americani: e gli stenografi. Il communist personel è più ristretto: oltre ai due capi supremi, Kim II Sung e Peng Teli Huai che come Clark non compaiono a Pan Mun Jong, vi sono i due delegati effettivi: geli. Nam II e gen. Pien Chan-wu, cinese. Due maggiori generali (uno, cinese), quattro colonnelli (due, cinesi) e quattro interpreti (due, cinesi). V'è anche un vice-ammiraglio nordcoreano, di nome Kim Won Mu, che dovrebbe comandare una flotta inesistente. Pare sia stato messo per < fi- llllllllllllllllllllllllltlllllliiiiiiiiiiiiiiiilllllllllII gura », visto che la delegazione americana include un vice-ammiraglio. Il terrapieno dell'accampamento di Pan Mun Jong guarda sulla strada, da un fronte di una settantina di metri. E' sistemato in modo da aprirsi con un ingresso centrale per le macchine e quattro garitte per le sentinelle: due a destra di chi guarda, per la Military Police, due a sinistra per l'esercito comunista. Si avverte subito l'inutilità di quella scenografia, di quegli < inpressi », di- quelle sentinelle, sulla strada aperta, in guel grande spazio aperto. Ma cosi hanno voluto i comunisti le cui tende si trovano, come ho detto, al margine opposto della strada ed essi, uscendone, per recarsi a venticinque .metri di distanza, si fanno salutare da rigidissimi < presentat'arm ». Gli americani, invece, escono dalle altre tende dove si trattengono a chiacchierare e fumare con stenografi e giornalisti ed entrano nella <tenda storica » alla spicciolata, senza particolari onori. Il generale Harrison e l'ammiraglio Libby abitano ad una ventina di miglia da Pan Mun Jong e arrivano in elicottero. I comunisti, quando si trattò di stabilire i preliminari, lottarono accanitamente perchè non venissero adoperati gli elicotteri, ma solo semplici jeeps. Temevano, forse, la figura di parenti poveri. Certo, nell'insieme, essi non riescono a nascondere un certo grigio velo di indigenza. Son descritti da quelle tende sdrucite, dalle due solitarie jeeps, dalla grossa antiquata automobile americana, dalle sentinelle non molto ben vestite, da quei fucili troppo lunghi, con le vecchie daghe della prima guerra mondiale, residuati, forse, degli arsenali, russi e, infine, da quei tre o quattro giornalisti cinesi, piccoli, modesti, silenziosi; tutti vestiti alla stessa maniera, d'una specie di uniforme marrone, stretta al collo, secondo il taglio che Mao Tze tung ha copiato dalle giacche di Stalin, — inaiati alla guerra di Corea dai giornali di Pekino, di Sciangai, di Hong Kong, di Peiping. Uno solo possiede una macchina fotografica e la volge dalla parte mia, perchè 3on nuovo del luogo. Seduta n. 75 A sollevare il tono di cosi umile rappresentanza della stampa comunista non contribuisce molto neppure l'inviato del Daily Worker di Londra, Alain Winington, un inglese di tipo byroniano, alto e rossiccio: qualcosa tra il proletario e l'esteta, tra il t giovane Aroldo » e l'allievo di Carlo Marx. Viene subito a vedermi, apprende con evidente simpatia la mia nazionalità; come sospettavo, è stato a lungo a Capri tra le due guerre. Gli chiedo subito cosa pensa di questa guerra di Corea e se crede alla pace o almeno, all'armistizio. E lui mi risponde con una sentenza di sant'Agostino che qui non ricordo più, secondo la quale la pace dovrebb'essere un desiderio fondamentale dell'anima di tutti gli uomini; o qualcosa di simile. Veste poveramente, anche lui, un abito grigio e liso; chiaochiera volentieri con i colleghi delle Nazioni Unite. Non gli dispiace, benché comunista, di respirare un po' dell'aria di casa. Riscuote la fiducia delle autorità militari rosse; nei primi tempi quando erano proprio gli americani i più avari di notizie, lui informava generosamente gli < avversari >. Poi non lo ha fatto più. A me aveva chiesto un particolare colloquio, ma costretti a separarci per l'arrivo della delegazione comunista s'era stabilito di vederci dopo, alla fine della sessione. II generale Nam II usciva dalla macchina stirandosi le gambe e battendo gli stivali sul terreno, mentre il suo collega cinese in pantaloni lunghi, berretto rotondo e meno vistosa uniforme si affrettava per l'< ingresso » comunista a salire sul terrapieno. Nam II vestiva una tunica grigio-azzurra, pantaloni neri a banda rossa e come tutti gli altri ufficiali nord-coreani portava un berretto di foggia francese. Nell'insieme somigliava molto a un generale di Napoleone III. Non volse nessuna occhiata di fastidio ai 7noltissimi fotografi e cinematografisti appostati al passaggio. Il suo seguito invece non celava la sua repugnanza, confermandosi — cosi — la regola generale che nei regimi totalitari non si gradisce lo sguardo dell'obiettivo, testimone spietato e durevole. Erano ormai tutti sotto la tenda e la seduta n. 75 per l'Armistizio in Corea, cominciava con rigorosa puntualità. Fuori della tenda a molti metri dagli ingressi, montavano la guardia, un M.P. da un lato, un cinese dall'altro. Noialtri ci disperdemmo per i prati, in attesa. Cercai, senza trovarlo, il collega comunista Winington. Me ne andai a curiosare attorno agli elicotteri. Giovanni Artieri li generale Nam