Tutto è nulla di Francesco Bernardelli

Tutto è nulla Tutto è nulla L'Europa è in armi, si batte ni grido di democrazia, giustizia, libertà; l'Europa è tutta cuore, tutta fede, tutta orgoglio; contro gli Imperi centrali si batte, e di- fende la sua democratica, giusta, libera civiltà. ■ Tutte le rose ai forti, e fuoco, perdio, sui barbari: la vittoria è certa. Anni di passione 1914-1918; il sangue è sparso, il martirio compiuto, dal martirio e dal sangue con ali dannunziane la pace sorge incoronata di vittoria. Tutto è fatto; tutto è nulla. I giovani nelle battaglie della civiltà hanno appreso la 'barbarie, il « sacro egoismo », il Dio degli eserciti sono passati, baionetta in canna, nel campo della libertà; D'Annunzio e qualche altro si danno da fare; ci risiamo, l'Europa democratica giusta e civile partorisce vent'anni di imperialismi, di ingiustizie, di inciviltà. Conquistate, 0 popoli, conquistate i vostri imperi; dalle colline di Roma, e da altre vette, si vocifera, si grida, si aizza; ecco gli eroi, ecco gli uomini del destino. Mussolini, Hitler. 0 giovani, conquistate tutto il vostro destino. Tutto è nulla; sterminio e strage. E tutto ricomincia. Cos' è ciò che è stato? — dice l'Ecclesiaste — quello stesso che sarà. Cos'è ciò che è accaduto? Quello stesso che accadrà. Nell'ottobre del '15, sul Carso, Filippo Corridoni, sindacalista e rivoluzionario, parla, alto e sereno, a un suo ufficiale giovinetto: — Questa non è guerra nazionalistica, questa non è guerra di confini o di supremazia: questo è l'inizio della grande rivoluzione proletaria di tutto il mondo. E per liberare i proletari di tutto il mondo, egli aggiunge, ci vogliono le vittime propiziatorie; i capi debbono offrirsi in olocausto. Passano pochi giorni; Filippo Corridoni si presenta, pattuglia di combattimento, davanti ai reticolati delle Frasche, alto, sereno, cantando l'inno di Oberdan, e«si fa ammazzare dai fucili austriaci. Proletari unitevi, proletari di tutto il mondo unitevi per la vostra libertà. Tutto è nulla, la Russia scrolla le sue catene, la rivoluzione spazza tutto il passato, e nasce un nuovo tutto, il totalitarismo. I proletari non conoscono la libertà, conoscono padroni nuovi. Ma l'Ecclesiaste ammonisce: — Nessuno può dire mai: «Guarda, questa cosa è nuova! », poiché essa esisteva già nei tempi andati, prima di noi. E allora si pensa agli imperi antichissimi, agli Assiri ed ai Babilonesi, agli Egiziani, a quelle genti schiave che costruirono le grandi piramidi, le opere che paiono immortali, e anche si pensa che ora un altro impero è nato, comunista, sovietico, e duro, e a fronteggiarlo sta sorgendo, imperiale, la libera America. Ma per ragioni dialettiche, e mimetiche, avviene spesso di assumere il volto, i mezzi, i modi dei nostri avversari. Attenti dunque alla libertà. Che appare, scompare, riappare, in questo mondo ove tutto è nulla e gli uomini vanno a milioni, a miliardi, per 1 cunicoli, le trincee, le caverne della gran macchina dell'universo. Vanno gli uomini, e va il mondo. Questo mondo è pien di vento matto matto chi è contento chi lo pia e chi lo lassa chi lo guarda e chi noi ved' chi noi gionge e chi lo passa chi l'adora e chi non crede chi aspetta altrui mercede va morire a passo lento questo mondo. Girotondo, canzonetta leggiadra, fiorita nel bel Quattrocento da chi sa quale immemorabile saggezza, come l'Ecclesiaste, come lo sguardo di Budda. E in questo nostro tempo di miracoli, il rischio metafisico, il senso di oscillare, tutti noi uomini, e la terra che ci ospita, su abissi che si schiudono, questa angoscia, e la follia della ragione, e il trionfo dell'irrazionale, gli spaventi, le allucinazioni si trasfigurano in immagini famigliari, ci accompagnano per strade colme di orrore. La scienza propone l'as. surdo, lo sollecita, lo realizza (Rachilde al principio del secolo scrisse, divinando, che l'età dei mostri era ancora da venire, e che sarebbe venuta): il giornale, il rotocalco, il libro, la radio, il film lo divulgano. Ci sentiamo ai margini del tempo e dello spazio, di tutti gli spazi e di tutti i tempi. Un pomeriggio (ed era un dolce pomeriggio, leggero, un inizio di primavera che si alzava sulla punta dei piedi a guardare la città già avvolta in un pulviscolo d'oro), un pomeriggio andammo al cinematografo: e d'un tratto, sorpresi, rapiti, vedemmo qualcosa di meraviglioso. Ci parve di aver raggiunta non so quale cima di luce, e di assistere alla creazione del mondo. Si proiettava Sovnge Splendor ed era, semplicemente, il documento a colori di un viaggio in Africa: ma fu un prodigio. Se Gabriele, se l'indiato Gabriele tremò di stupore all'apparizione del Centauro, là in Alcyone, noi ci trattenemmo a stento, quando, visione ch'era al di là di noi stessi, al di là di ogni nostra esperienza umana, vedemmo sotto un velo di acqua tersa e trasparente, vedemmo un branco di grandi ippopotami giacenti, immobili, eterni, nati in quel momento dal caos. Cristallina e verde, appena verde era l'acqua intrisa di un lume d'aurora, effusa in un albeggiare simile all'alito che trasse a fiore dell'essere la terra e il cielo. Pareva di cogliere, non con 1 sensi, ma per misterioso afflato, il respiro di quei mostri affondati nelle acque e nelle erbe Immense le groppe, possenti, il muso placido, e arcano, e il mistero della vita li avvolgeva in uru dolcezza tremenda. Sopra fio riva il primordiale riso del tempo, il primo scoccare del tempo Ma il turbamento ancor più ci strinse, e anche più ci esaltammo, quando, poco dopo, si vide un artista, un pittore, un maestro dei moderni, Picasso al lavoro, Aperto, dilatato era il suo oc chio vòlto allo spettatore, e nel fondo gli si accendeva uno stra no bagliore, e la mano sicura tracciava su di un vetro lince lunghe, larghi disegni. Ed ecco, un altro mostro appariva, un bisonte dalle forme arcaiche, primitive, e pur ricco di una intelligenza paurosa: un che di demoniaco e fatale che riassumeva e origini e il fine ultimo della vita È allora ci venne fatto di riaccostare gli spazi ed il tempo, lo scorrere dei secoli e le figure, c ci parve che tutto fosse presente in un punto, che tutto coesistesse nella nostra coscienza di effimeri. E ci sovvenimmo di quella dottrina del relativo che ha sovvertito la concezione del tremmo trarre la certezza che non c'è ne spazio nè tempo, ne passato ne presente nè futuro. Ed anche il detto che tutto è nulla acquistò allora un suo senso, non tragico e disperante, ma fertile di misteriosa felicità. Che se tutto par fuggevole, e ricorrente, e poi distrutto, e poi risorto, e poi perduto, che se tutto è nulla e il nulla è tutto, questo non è che inganno o errore di noi mortali, perchè tutto muore e tutto vive, attuale, nella perennità di un Dio ignoto. Francesco Bernardelli mondo; e dalla quale, si dice, po-

Persone citate: D'annunzio, Filippo Corridoni, Hitler, Mussolini, Oberdan, Picasso

Luoghi citati: Africa, America, Europa, Roma, Russia