I racconti di Moravia

I racconti di Moravia I racconti di Moravia Perchè lo hanno messo all'Indice, e perchè i suoi lettori crescono continuamente di numero? Mi sono posto queste due domande dinanzi alla raccolta, in un solo volume, dei Racconti (ediz. Bompiani) di Alherto Moravia, e senza soffermarmi sulla motivazione ufficiale della condanna, ho cercato di rispondere al primo quesito. Agli occhi di un laico, jMoravia appare, in materia religiosa, un agnostico. Israelita, si è valso anzi, in qualche occasione, di quel senso del peccato, di quell'angoscia della trasgressione e del rimorso, che sono caratteristici di ogni buon cattolico. Se in certi momenti della nostra vita politica, Moravia è sembrato propendere per le sinistre e per l'antifascismo, non lo si è potuto mai definire un militante, e non credo sia stato iscritto ad alcun partito: proprio Andare verso il popolo, qui ristampata, e novella beffarda. I suoi libri sono — mi si consenta il neologismo — di un amoralista: però chi frequenta i romanzieri contemporanei, nota che il vocabolario di cui Moravia fa oso, è per lo più casto, c sdegna le parolacce, il gergo osceno e furfantesco usato da troppa americani e francesi per far colpo. Che i suoi racconti e romanzi contengano situazioni turpi, che parecchi dei suoi personaggi siano dei viziosi, degli anormali » dei pervertiti, è indiscutibile: però nulla di specialmente originale e morboso, che dia a Moravia la palma e la corona sui narratori con cui gareggia. Forse, gli autori dell'iscrizione delle opere di Moravia nell'Indice dei libri proibiti, hanno mirato a colpire un mondo letterario dal quale la divinità è assente, l'immagine di una società di indifferenti anche a quelli che sogliono chiamarsi i cattivi costumi, senza fede, senza speranza, senza carità, un gioco meccanico o animalesco di creature ignare del ciclo che le sovrasta. Nel repertorio di Moravia non ci sono personaggi simpatici: la famiglia degli Indifferenti, i protagonisti della Romana e del Conformista, ecco gente che non vorremmo fra i piedi. E il narratore non ha indulgenze per loro: li descrive con la freddezza e la minuzia di un naturalista, li cataloga nella serie delle Ambizioni sbagliate. Sono, in generale, dei falliti, dei maniaci, degli infelici che contaminano gli altri con la loro infelicità, cosicché non si può dire che il lettor comune corra a Moravia per lo spettacolo di un mondo gaio, decorativo, pieno' di illusioni, di rosei orizzonti: le tinte grigie e cupe predominano, nessuna consolazione o ricreazione è in vista. Però — e qui è la forza dello scrittore — questa materia vile, questi personaggi meschini e antipatici, sono trattati con mano da maestro: una specie di congegno di orologeria mette in moto un meccanismo, e il lettore è preso nell'ingranaggio fino all'epilogo. Badate che lo stile non costituisce la qualità dominante nell'arte di Moravia: ho, rileggendo i Racconti, provato a isolar il periodo, la pagina, a studiar gli effetti, e trovato quasi dovunque un fraseggiar piatto e scolorito, senza rilievi d'immagini originali e poetiche, una trita minuzia elencativa, di particolari che si accumulano, e anche qualche grosso peccato di gusto. Chi oserebbe definir un paio di natiche, le « ampie e pallide roton dita gemelle» (pag. 242) o, sem pre nella stessa materia, commettere l'improprietà di menzionar uno «.scapaccione sopra le natiche»? (p. 277). Eppure, questi svarioni passan quasi inosservati, allo stesso modo della inverosimiglianza di parecchie scene ed episodi — per esempio, quell'entrare e passeggiar per casa de Varchitetto fino alla camera in cui l'amica è nuda — che la marcia del narratore, il suo vertiginoso procedere, fanno presto dimenticare. I Racconti, ripresi e saggiati, mi hanno convinto che il miglior Moravia non è in Cortigiana stanca, ntW'lnvemo di malato, novelle che vent'anni fa lo resero fa» moso, bensì nelle storie fin qui rimaste in secondo piano, come La provinciale e L'avaro, che mi paiono con l'Ufficiale Inglese e con Ritorno al mare, le gemme del libro. In altri termini, il Moravia attirato dagli equivoci e morbosi amori degli adolescenti, oppure dallo spettacolo della donna al tramonto, scopre una maniera ormai diventata cifra, e che non c'interessa più. Alle prese invece con tipi come La provinciale, il pittor d'ambienti borghesi tocca una perfezione quasi fiamminga, e non soltanto la dimora misera, la sordida vita, lo ispirano, ma la psicologia riflessa nei suoi gorghi e nei suoi ghiribizzi, dei suoi personaggi, è davvero geniale. Nei racconti citati, l'uomo e la donna sono vivi e autentici, e lo senti; in altri, il protagonista suona falso, o la vicenda sa di artefatto. Ossia in talune occasioni, Moravia inventa, raffina, contorce, uno spunto che sbanda poi nell'inverosimile, o nel disumano. Chi crederà per esempio al Delitto al circolo del tennis, o peggio ancora alla fan tasia de L'avventura} O considererà Il ritorno dalla villeggiatura, o L'equivoco, qualcosa di più di abbozzi di situazioni riprese e sviluppate poi nei romanzi (il servo che giace con la ganza nel letto padronale; il ladro preso per l'amante della moglie)? E vedrà infine, ne La solitudine, un primo schizzo di quei raccon-1 ti « romani » che sono la più re cente prova dello scrittore nel realismo locale dove già trionfò lo Scarfoglio del Processo di Frine? Comunque, il timore di un Moravia abbarbicato come l'edera a un mondo di ragazzi in fregola, di adolescenti invertiti, di madri procaci, di avventuriere disfatte, e incapace di uscirne è ormai scartato. Sebbene temi del genere facciano ogni tanto la loro comparsa (e anche qui c'è L'architetto e La Caduta), lo scrittore ha saputo svincolarsene e cercar altre vie. I Racconti mettono inoltre in luce l'influenza di Pirandello, un Pirandello imborghesito, meno filosofante e più cronistico e osservatore, però anche esso interessato ad anime chiuse e torve, a certi sfondi di provincia, a storie di burocrati e di pensionanti; che nei racconti « romani », diventeranno popolani o rigattieri. L'abilità di Moravia ncll'intercssarci a questa gente meschina, sovente ottusa e disgustosa, è grande, ed egli vi riesce a furia di particolari caratteristici, di pazienti tratteggi, di battute a botta e risposta. Non c'è, nei Racconti, una bella donna che resti tale ai nostri occhi: le più amabili, a un dato momento, si rivelano avide, sciocche, moralmente lercie; una specie di corruzione generale inonda tutte le pagine del libro, formicola ovunque. Al confronto di Moravia, Maupassant è un sentimentalonc, e chi uscendo dai Racconti, si pone a leggere Cechov, sente un'aura poetica, una umana malinconia che segnano i limiti del nostro. I casi crudeli, gli episodi scabrosi, e soprattutto l'ingegnosità cronistica di Moravia, gli portan sempre nuovi lettori. Giacchè il gusto di molti va a chi sa raccontar storie, a chi espone dei fatti, e se questi hanno del piccante e magari del frollo, i palati dei nostri contemporanei, av- (IIMIIHUIIIIIIIIIIIIIIIlllllllllllllllllllllllllllllllll vezzi a salse pepate, son pronti a trangugiarli. Narratore esperto, Moravia non presenta rompicapi e svenevolezze stilistiche, scrive con le parole di tutti, non s'attarda in divagazioni, colloca immagini a spizzico per crear la atmosfera, senza dar loro troppa importanza, e distrarsi dal contar son affaire. Perchè l'Indice se la sia presa, è spiegabile pensando che nessun insegnamento morale esce dalle sue pagine, mentre vengono accarezzati sentimenti, e dipinti spettacoli che non edificano (anzi offendono) il lettor cattoico. I francesi hanno una parola tanto eufemistica quanto significativa per indicar certi abbandoni dei sensi, ed è: compiaisances. Dobbiamo ritenere che gli ecclesiastici censori abbian visto nell'arte di Moravia, un'arte galeotta, capace di affascinare le nuove generazioni, e tentino di sbarrarle la strada, senza considerare che il successo di molti libri dipende e discende dalla loro concordanza con i gusti e gli umori di chi li ricerca e li ama. Arrigo Cajumi