Roma, la capitale non somiglia al paese di Riccardo Aragno

Roma, la capitale non somiglia al paeseSCOPERTA DELL'ITALIA Roma, la capitale non somiglia al paese Ammirata da tutto il mondo, indispettisce milioni di italiani • La sua parentela col resto della penisola non è ben chiara - Bellissima, affascinante, noncurante, abbonda di peccato e di indulgenze - Conclusione di. un viaggio: il successo della ricostruzione nella libertà ritrovata (Nostro servizio speciale) Roma, giugno. Tanto all'arrivo, quando scesi dal Lago di Bolsena lungo la Cassia, quanto alla partenza, quando mi avviai sull'Appia, attraverso i Castelli, diretto a Napoli, quanto al ritorno, quando vi giunsi dalla Casilina, Roma mi colpì come una città isolata dal resto dell'Italia. La separa dal Nord un vasto tratto di campagna romana che è o pare deserta; dal sud l'enorme bonifica pontina; ad est le distese brulle e le gole e le montagne. Ad ovest essa possiede uno sfogo privato al mare. Roma, la capitale, non somiglia al Paese: è potente, in una nazione dove il motivo dominante dei discorsi dei cittadini è l'impossibilità di riuscire a far sentire la propria voce. E' epicurea in un Paese dal costume parco. Sconcertante armonia Circondata dalla ammirazione incondizionata del mondo e da un condizionato livore di milioni di italiani, essu ha l'aria di non tener gran tonto nè dell'ossequio dei primi nè del dispetto dei secane" mostra così fiera e soddisfatta di si da apparire immensamente irritante e immensamente affascinante. Migliaia di voci la dicono corrotta, ma queste accuse non sono accompu nate da prove. Certo essa appare corruttrice perchè si offre con la sua bellezza, la sua ricchezza e la sua arte dell'ozio alla conquista di chiunque arrivi: quasi tutti coloro che son venuti per domarla ne restano vinti. Alcuni ripartono innamorati e inferociti, altri restano, contenti d'esserle asserviti. E guai al meschinello di provincia che arriva alla stazione ferroviaria di Roma — un monumento di grandiosità che credo non abbia pari al mondo intero — per chiedere a qualcuno dove diavolo possa essere il suo posto in questo mondo così complicato. Egli si accorge subito che nella capitale tutti sono occupati in faccende assai diverse. Se ne riparte al più presto convinto che la cosa migliore, o l'unica che possa fare, è l'< arrangiarsi >. Su la si guarda con occhi italiani Roma fa l'impressione d'una stupenda casa padronale dove è in corso una gran festa da ballo. (A volte il ballo è in maschera e vi piovono dal Nord i ricchi a bussar quattrini e arrivano dal Sud i poveri a portarne). Intorno al palazzo sontuoso sta, come nelle favole, l'assedio dei miseri: quartieri e borgate ormai universalmente noti per il livello di vita abbietto, con punte di disperazione che si son spinte fin nelle caverne della passeggiata archeologica o nelle grotte di Via Flaminia. Nell'interno, illuminato dai capolavori, sta un mondo che dà l'impressione d'una ricchezza favolosa ed irreale. Il cinema, la religione, la burocrazia, il mondo politico e quello intellettuale sono i temi principali di questo ballo in maschera. Appaiono, al primo arrivo, come gruppi in discordia e in conflitto con se stessi e con gli altri. Ma già prima di partire ci si accorge che giostrano invece in una sconcertante armonia fondamentale: l'aria di Roma. Il mondo del cinema si presenta come un enorme pallone colorato, che viaggia su fra le nuvole, trattenuto a stento da migliaia di ragionieri piangenti. La religione vi appare chiusa in una cornice di fastoso mistero. Il mondo intellettuale — che si riunisce in gruppi fissi ad ore che, al paragone dei discorsi che vi si tengono, diventano le più naturali del mondo (<Troviamoei a mezzanotte, così stiamo un poco assiemo) — si muova come una immensa aragosta in fondo al mare. Quando tocca con le sue antenne qualche problema reale si ritrae immediatamente e cambia direzione. La folla dei burocrati II mondo politico con cui si viene a contatto ai tavoli dei caffè e dei ristoranti famosi è tutto intento ad inghiottire cibi e a masticare concetti che hanno poca relazione con quel che si mangia o si pensa nel resto della penisola. Fra questi gruppi di artisti, di scrittori, di religiosi, di uomini politici si muove grigia e lenta la folla dei burocrati, annegati in un mare di scartoffie, di appunti, di pratiche di archivio, di regolamenti, di istruzioni, di disposizioni, perennemente in bilico fra l'autorità di cui si sentono investiti e la schiavitù che li lega alle leggi o disposizioni che essi stessi, o altri burocrati prima di loro, hanno emanato. C'è chi va malignando che il vero miracolo dell'Italia è dì riuscire a funzionare, sia pure imperfettamente, nonostante gli ostacoli di ogni genere che sì inventano in queste centinaia di migliaia di uffici. Ma a me non fa impressione: lo sento dire, di Whitehall, anche in Inghilterra, dove i burocrati sono tanto meno numerosi e tanto più efficienti. Ma pur così indaffarata come è nella sua funzione di capitale d'Italia, e nella missione che s'è scelta di distilleria del pensiero della penisola, Roma non riesce ad apparire strettamente legata al Nord industriale, all'agricoltura della pianura padana, ai quieti contadini toscani e umbri o ai pescatori e ai marinai liguri o veneti. E tanto meno lascia trapelare la sua parentela col Sud arido, chiuso in se stesso, parco e disperatamente laborioso. Dopo la lunga corsa dal confine ulpino fino all'estrema puntu della Sicilia mi accorgo che l'italiano che giunge, da qualsiasi città o da qualsiasi, paese, a Rotna resta smarrito, perchè non può riconoscervi la sua Italia modesta. Vi trova quel che l'Italia sogna di essere. E spesso si vendica dipingendo della capitale questo quadro maligno. Se si guarda invece a Roma con occhi stranieri ci si accorge facilmente di perchè non bastano gli < oh » di meraviglia e gli aggettivi e le esclamazioni e i giorni e i soldi ai turisti stranieri. Qui c'è, in misura suprema, che non ha l'eguale al mondo, la bellezza delle costruzioni e quella degli spiazzi, l'incanto dei vuoti e quello dei pieni; v'è la bellezza fisica della gente giovane, che ha tutta l'aria di una razza eletta, la noncuranza filosofica degli anziani che fa invidia a chi sia alla ricerca d'una norma con cui invecchiare. Ci sono le gioie della mensa e quelle del clima. C'è il giorno che intorpidisce piacevolmente e c'è la notte che esalta subdolamente. C'è abbondanza di peccato e c'è abtondanza di indulgenze Pigro distacco lia /•• r italiani e stranieri insieme la più gran delizia, qui, è di lasciarsi prendere da questa atmosfera ed imparare a vedere il mondo con occhi romani. Bastano pochi giorni di questo clima, di questi pasti, di questi discorsi e di questo stordimento da sovrabbondante bellezza per imparare l'arte di guardare al globo con pigro distacco. Si vedono milioni di uomini indaffarati nelle industrie e nei commerci in città e paesi tristi e bui, oppure arsi e polverosi; milioni di contadini affaticarsi intorno alla terra, senza gran speranza di giungere ai pascoli verdi; anime rose dai problemi morali, spiriti consumati dai problemi economici, cervelli turbati dai problemi sociali e miseri affannati ad accumulare inutili ricchezze. Subito ci si sente promossi alla più alta scuola della maldicenza. Ci si sente in un'isola e non si vuol partire mai più. Invece il viaggio ulla scoperta dell'Italia è già finito e d'un tratto mi trovo a gettare nella valigia centinaia di foglietti di appunti su argomenti che non hanno fatto a tempo ad essere esauriti. Quando la lasciai, sei anni e mezzo fa Roma — come del resto tutta l'Italia — era tutto un fervore di gente indaffarata e disperata, di intellettuali che facevano piani, di uomini politici che studiammo intese, di gente che sveniva di fame sui marciapiedi, di bor- saneHsti che si passavano febbrilmente poche merci. Era al suo inizio la favolosa operazione di rimettere l'Italia in sesto. Ce l'ho fissa negli occhi, meglio forse di tutti voi che avete passato qui questi ultimi duemila gioryii. Al momento di partire mi accorgo che posso buttar via dal finestrino i fogli del taccuino dove c'è scritto che al 31 marzo la flotta mercantile ha toccato 3.S30.S74 tonnellate, che la mortalità infantile è caduta precipitosamente, che il consumo dello zucchero è aumentato tante volte, che le zone malariche sono state disinfestate. Dovunque, nell'attività e nell'alto livello di vita del Nord, negli innumerevoli cantieri del Sud, nella caotica circolazione e nell'esuberante uso della libertà ritrovata il successo della ricostruzione italiana è più che evidente. Non resta, ora, che il compito più difficile: quello di metterla in ordine. Riccardo Aragno

Persone citate: Castelli