Il demiurgo di Ferdinando Vegas

Il demiurgo Il demiurgo Disancorato da una fede, in scammino verso un'altra ancora iremota e incerta, l'uomo vive so- cspeso tra due credenze, senza scn tirsi radicato ne nella vecchia ne nella nuova: questa, secondo il filosofo spagnuolo Ortcga y Gasset, è la caratteristica delle età di crisi, come quella che l'umanità sta oggi penosamente attraversando. In un aere rarefatto di divino l'uomo però non riesce a respirare, neanche per brevissimo tempo; ed eccolo subito affannarsi a colmare il vuoto, ad occupare cioè il desolato intervallo con qualcosa che tenga vece degli dèi scomparsi dall'orizzonte, in attesa che i nuovi vi si affaccino. Sorgono così i miti; non i miti vichiani, le robuste ed ingenue creazioni della fantasia primitiva; ma i miti riflessi e coscienti, elaborati di proposito dalle menti mature nelle età di sconforto e di ripiegamento. Non potendo riversarsi nel divino l'uomo allora si aggrappa disperatamente a se stesso, si finge miticamente maggiore di se, creando un tipo esemplare, un modello umano e più che umano. Nella grande crisi aperta dal Romanticismo, tuttora non chiusa, i miti si sono susseguiti l'un l'altro con sequenza rapida, persino convulsa; e paiono essersi polarizzati verso gli estremi, là dove la misura del semplicemente umano viene affatto dimenticata: o l'uomo si estolle nella superba singolarità del sttperuomo nietzschiano oppure si deprime nella meschina grcgalità dell'Homo collettivo marxistico. Vi è un mito che ha voluto reagire contro questa disumanizzazione e forse per ciò è molto meno famoso e divulgato: il mito del demiurgo, alla cui delineazione dedicò amorosa e fervida pazienza, il meglio della sua operosa vita, Filippo Burzio. Ce lo ripropone ora l'apparizione dell'ultima sua opera, purtroppo postuma: Dal superuomo al demiurgo (Zanichelli, Bologna 1952). Può forse sembrare superfluo, ed anche presuntuoso, parlare di Burzio e della sua concezione demiurgica ai lettori Ce La Stampa, che hanno avuto la ventura d'acquistare grande dimestichezza e con l'uomo e con il suo pensiero nel corso d'un dialogo durato tanti anni. Non sarà però del tutto inutile, speriamo, riprendere sommariamente le lince essenziali del mito burziano, al fine di poter meglio comprendere quale sviluppo e completamento l'Autore abbia inteso di dargli in quest'ultimo scritto. Il demiurgo di Burzio è un lontano discendente (nel tempo, non nell'ispirazione) di quello del famoso mito platonico: il dio arte fice che, per la sua intrinseca bontà, adempie al compito di plasmare le periture e imperfette cose terrene sul modello delle eterne e perfette idee celesti. Dio limitato, mediatore tra la suprema divinità delle idee e il caos informe della materia, a questa appunto il demiurgo imprime ordine e bellezza, traendone le cose. Analoga, imperiosa esigenza d'un elemento ordinatore sorse nell'animo del Burzio, allorché il disordine morale del primo dopo7 guerra rese manifesta tutta la gravità della crisi contemporanea. Già in Politica demiurgica (del '23), che affrontava la crisi sul piano etico-politico, il demiurgo era delincato nei precisi contorni del portatore d'una attività direttiva, mediatrice, arbitrale fra le opposte ed estreme forze che si contendono il mondo. Tra il collettivismo e l'individualismo Burzio aveva scelto il secondo, ripudiandone però la forma esasperata del superuomo. Nè poteva altrimenti, poiché egli era un autentico liberale; ed il liberalismo è congenitamente individualistico. Ma di un individualismo che rifugge dalla straripante « volontà di potenza » e si afferma invece grazie alla forza, possente e rattenuta, della misura, della moderazione, dell'equilibrio; la forza dominata e difficile insomma, che fa veramente l'uomo signore e di sè e del mondo. L'attività del demiurgo si «spande dunque gioiosamente, con felice sicurezza, con alacre fervore, nell'opera di rinnovamento, alla quale egli si dà col massimo impegno, pur serbandosi sempre raccolto in sè. Perciò i suoi attributi sono l'universalità, per cui pensiero ed azione non conoscono barriere; il distacco, col quale si colgono tutti gli aspetti della vita, senza farsene mai dominare; la magicità, che solleva nella sfera della poesia e fa raggiungere la felicità. E' una « arte di vita », come Burzio stesso la chiamava, quella che così vien proposta agli uomini immersi nella crisi, affinchè meglio possano valicarla affidandosi alla guida mediatrice dell'umano demiurgo. Guida che si concreta sul piano politico nella funzione da Burzio assegnata alle élites dirigenti degli uomini demiurgici (un Cavour, un Giolitti, esempi tanto cari all'Autore). Sfociata ormai chiaramente la crisi, in questo secondo dopoguerra, sul piano filosofico-religioso, il Burzio ha ripreso ancora una volta, nell'opera in questione, la sua concezione, investigando dapprima alla sua luce il momento politico attuale. Con acuta e profonda analisi, trasfusa in un discorso lucido e terso eppure animato, egli descrive le tre ideologie (ed i rispettivi regimi noli tici) dominanti, — la liberal-de mocratica, la socialcomunista e la nazional-impcrialistica, — ri trovando al fondo di tutt'e tre, come elemento basilare comune il materialismo. Si chiami laici' tttdmtansecetpgdgdsficrpnssgm smo, immanentismo, storicismo, il « residuo » (nel senso della so ciologia di Pareto) tipico dei mi- ti odierni e sempre questo: materialismo. E' esso l'estremo portato del razionalismo moderno, la deduzione desolata dello scadimento della fiducia umana nel trascendente, nella Forza arcana animatrice dell'universo, in Dio, in una parola. Ma l'uomo non vive solo, e neppure precipuamente, di razionalità; il bisogno del divino si fa sentire troppo prepotente perchè egli possa acconciarsi alla dissacrazione del mondo moderno. Ed ecco spiegato dal Burzio, con un tòcco semplice e illuminante, il perchè del successo oggi conseguito da una nuova ideologia, la democristiana: non pavido rifugiarsi di abbienti dietro un grande simbolo, non concorso di masse ingenuamente credenti; manifestazione invece « del perdurare, in amplissimi strati della società contemporanea, di forti bisogni religioso - trascendenti ». Scarse però sono le basi razionali della nuova ideologia, perchè scarsi sono oggi gli upmini che aderiscono con convinzione critica ai dogmi cristiani. Poco ciò importa per il successo pratico, appunto perchè le ideologie, i miti, poggiano sull'irrazionale e poco si curano dell'impalcatura razionale. Per un animo religioso e logico come quello del Burzio, però, il dissidio tra ragione e fede non può durare a lungo, senza che la civiltà nel suo complesso ne soffra. Occorre perciò un rinnovamento religioso, che dia soddisfazione al bisogno religioso anche al di fuori della religione positiva. A indicare una possibile apertura in questo senso è dedicata la seconda parte dell'opera burziana, nella quale l'attività psicologica del demiurgo si dilata ad attività cosmica, operante nell'universo. Ma sempre attività demiurgica, cioè «razionalità limitata e non onnipotente», attività «libera ma imperfetta »; una Forza cosmica insomma, che media l'empito bergsoniano della Vita con l'onesta misura del demiurgo burziano. Qui sta l'originalità e la suggestione dell'ultima parola di Burzio; nell'offrirci un mito a taglio d'uomo, un mito che ci faccia abbeverare alla sorgente della religiosità, senza per questo inebbriarci di turgido titanismo. .Si potrà disaltere in parecchi punti la sua lunga disamina critica delle odierne dottrine filosofiche e scientifiche; si potrà preferire una soluzione della crisi scevra di ogni lievito mitico, disposta ad affidarsi solo alla scabra forza deir«intelligenza affrancata». Non si potrà però negare che egli ci ha lasciato una parola buona e viva, una parola suscitatrice di pensieri e di speranze; la parola dì cui oggi, accettandola o no, abbiamo tanto bisogno per orientarci nel mare procelloso della crisi. Ferdinando Vegas ■Uliiiliiiiiiiilii li i iiiitiili ■ iiii ■■ il Milli ■■■ iiii Colto a volo: il «feroce» atteggiamento del tennista svedese Steffan Stockenburg che sta per ribattere una palla Illllllllltliilllliitllllllllillfllllllllltltllllllillllillllitlllllllilllllliiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiitiiiiiiiiitiit

Luoghi citati: Bologna, Pareto