Aspetti della «austerity» in un paese troppo comodo di Riccardo Aragno

Aspetti della «austerity» in un paese troppo comodo ——- SCOPERTA DELL'ITALIA Aspetti della «austerity» in un paese troppo comodo L'austerity è un costume che esige molti sacrifici individuali a vantaggio della collettività-Qui, da noi, ognuno tende a fare il comodacelo suo, e spesso ci riesce, ma, tutti insieme, viviamo peggio di quanto potremmo (Nostro servizio speciale) Milano, maggio. La parola austerity ha colto la fantasia del mondo. In pochi anni ha cancellato dal vocabolario moderno il significato di spartano e gli ha aggiunto un che di buffo. Si è talmente parlato delle bistecche di balena e delle salcicce di mollica di pane, dell'uso della margarina invece che del burro e di altri aspetti alimentari della austerity britannica che molti ne dimenticano aspetti anche più complessi. Austerity, per l'inglese, invece, è anche il passare dinanzi ad una vetrina ed osservare che tutto il meglio è for export only, aspettare cinque o sci anni la consegna d'un'automobile, limitare l'acquisto del whisky a due bottiglie all'anno, abbandonare l'idea delle sigarette avvolte in carta d'argento ed accettare la birra con un basso grado alcoolico. E ancora tener spente le vetrine dopo l'ora della chiusura dei negozi, accettare verniciate certe parti delle nuove macchine che andrebbero cromate, far senza scaffali per i libri perchè il legno è razionato, riadoperare due tre quattro volte le stesse buste per la corrispondenza, appiccicandoci ogni volta una etichetta gommata che la richiude e serve per il nuovo indirizzo. Noi siamo, tu lo sai... L'austerity è insomma un intero costume di. vita scomoda che ha uno scopo ben preciso: quello di permettere una vita assai più comoda di quel che altrimenti l'inglese si potrebbe permettere. Da noi succede l'opposto: siamo pieni di comodità che ci procurano una vita assai più scomoda di quella che potremmo condurre. .L'austerity inglese, mi spiegavano a Londra, può essere messa in atto soprattutto grazie alla straordinaria disciplina del pubblico, che si niiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii assoggetta individualmente ai piccoli sacrifici necessari e collettivamente rispetta i diritti, i bisogni e le necessità dei propri simili. < Si, va bene — urlava un mio allegro amico — tutto questo qui è impossibile. Noi, tu lo sai, siamo... ». Quel che noi siamo andò perduto, perchè nonostante il mio amico urlasse a pieni polmoni io non potei sentire che cosa avesse detto. Le finestre della hall del mio albergo erano aperte e fuori un gruppo di motociclette, di automobili e di tranvai stavano compiendo un carosello infernale. Il rumore indiavolato è la prima e la più grande delle austerities che si sopportano qui, come atto di sottomissione alla libertà di sfondamento delle marmitte e dei silenziatori di tutti i mezzi a motore che circolano a velocità spaventosa. Ma non è l'unica disavventura collegata con la circolazione. Chi adopera mezzi pubblici di trasporto deve sottoporsi al disprezzo sovrano delle precedenze. Non esiste un ordine per salire sui tranvai o sugli autobus, esiste soltanto la mischia. Noi, che siamo famosi in tutto il mondo per la straordinaria cortesia che dimostriamo nel passare ogni porta (< S'immagini, dopo di lei », < Mai... >, < La prego j, < La supplico >) abbandoniamo ogni ritegno, ogni rispetto per dotine e vecchi e bambini, dinanzi alla porta di un tranvai o di un filobus. E non avviene mai che un pedone possa attraversare la strada al primo tentativo, nè che un guidatore possa procedere per più di cento passi senza dover frenare bruscamente. Un piccolo intoppo nella circolazione — che naturalmente sta diventando sempre più complessa — fa subito salire al cielo il suono di dieci trombe di ogni tonalità e registro, che pare un organo infernale. E un lieve urto dei paraurti provoca ur¬ iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiifiiiiiiiiiiiiii(itiiiiiitii la spasmodiche e l'intervento, nel discorso, di antenati che non immaginavano che cosa sarebbe avvenuto nel tempi moderni. >E che avviene sulle strade t Non si può mai star tranquilli, perchè in qualsiasi momento qualcuno che è fermo accanto al marciapiede può sgusciare nella circolazione senzu aver fatto alcuna segnalazione, o da una strada laterale può balzare qualcuno che non ha tempo di vedere chi arriva. Per imprimere alla loro macchina quel pittoresco moto ondulatorio tanto odiato ai marinai, i motociclisti debbono percorrere le strade a slalom, mentre i carri a buoi o a cavalli, per mantenere alte le medie di crociera, tengono ben saldo il centro della, strada. V'è, per le strade italiane, un'allarmante esuberanza di libertà che costringe chi le percorre ad una tensione continua. Il costume di chi guida e di chi cammina è necessariamente consterò>, se si vuol salva la vita. Il lusso e l'astinenza Non meno austero è il costume di tutti coloro che indossano una divisa, in nome di una dignità che, in un clima così caldo, va perduta in fiumi di sudore. Le fatiche del poliziotto vestito d'una pesante divisa, di lana invernale con scarpe pesatiti e cravatta e berretto (e quasi sempre un'arma) che su una spiaggia torrida misura il bikini d'una bagnante sono, mi pare, un quadro abbastanza pittoresco dell'austero costume imposto a tanta gente. E vi sono altri sacrifici continui cui si è sottoposti, come regola di costume, che compongono il vasto quadro dell' austerity italiana. In quasi ogni abitazione si sopportano porte che cigolano, rubinetti che gocciolano, serrande che si rifiutano di scendere, lampadine troppo deboli ch'e diffondono una lu- ce rossastra o giallognola, ascensori che restano per giorni fermi ai piani superiori. Per chi viene dall'estero quest'orgia di rumori, questo caos circolatorio, questa frequenza nei difetti di funzionamento degli oggetti d'uso corrente diviene rapidamente una curiosa caratteristica della vita italiana. E' compensata, si capisce, da tanti altri vantaggi, ma colpisce, tuttavia, soprattutto per la sua inutilità. Il silenzio, la disciplina e l'esattezza sono generi di conforto di altissimo valore pratico e di pochissimo costo economico. Se mi guardo in giro, viaggiando per l'Italia, mi accorgo che anche noi abbiamo creato, in stile nostro, un grande capolavoro di austerità, lo stile francescano. Uno stile di modestia e di frugalità — e di dignità cristiana — volontariamente scelto. Questo stile è anche troppo praticato, ancora oggi, in vastissime regioni della penisola, non tanto per libera scelta quanto per la dura vita che vi si conduce. Da Roma iti giù si vive una vita di spaventosa austerità, perchè questa è la sola vita che la stragrande maggioranza si possa permettere. Ma qui nel Nord, dove in molti ambienti la scelta sarebbe possibile, quell'epoca di modestia e di costume francescano si è eh iusa. Nell'Italia del Nord, oggi, l'austerità della vita nasce, a volte, curiosamente, dall'eccesso di sfarzo. In quasi ogni città trovo locali iìiìouì: cinema, teatri, ristoranti, locali talmente di lusso che intimidiscono la gente comune che se ne tiene lontana e li evita come sì evitavano ai tempi delle diligenze le strade infestate dai grassatori, per paura d'esser rapinati di tutto il proprio avere. Che ci sia un gruppo di habitués di questi locali conta soltanto fino ad un certo punto per il costume del paese. Resta il fatto che quasi tutti girano austeramente al largo, sentendosi esclusi automaticamente da tanto lusso e tali tariffe. II conto dell'albergo Fra le comodità scomoda che scopro quotidianamente in Italia v'è il sistema, tanto deprecato dai turisti di tutto il mondo, di far salire tutti i conti sul prezzo convenuto con percentuali e tasse e aggiunte e trovatine, per cui immancabilmente la somma finale è sempre maggiore di quel che si prevedeva. I prezzi netti che vengono quotati, e sui quali i turisti stranieri fanno i loro piani di viaggio (quasi sempre piani molto dettagliati e rigidi), sono in generale abbastanza bassi e lasciano quasi sempre un certo margine per gli acquisti. Ma quando poi si va a pagare il conto finale, ci si accorge che il conto è assai più alto del previsto. Così chi viaggia in Italia e frequenta alberghi e ristoranti, si trova spesso a concludere il proprio viaggio assai più austcraìncnte di quanto non avesse previsto. E i turisti che tornano a casa seccati per questo sistema sono, ogni anno, centinaia di migliaia. Son tutti < scomodi » o < sacrifici » che colpiscono al ritorno in Italia perchè all'estero non usano. In Inghilterra, ad esempio, i pedoni usano limitarsi a passeggiare sui marciapiedi e gli automobilisti debbono dare precedenza ai pedoni in moltissimi attraversamenti, per cui nella inevitabile lotta fra chi va a piedi e chi va in macchina si è giunti ad un equo armistizio riposante sia per chi guida come per chi cammina. Qui la guerra viene anco- lo sono assai più spietatamente che in Italia — sono previsti o prevedibili con grande approssimazione. E le ra attivamente guerreggiata notte e giorno, in città e in campagna. I conti — anche (filando sono pepati, e spesso file, le celebri, deprecate e be- ncdettissiine file rappresentano un netto progresso sul selvaggio sistema delle gomitate nei fianchi, degli spintoni e anche delle occhiatacce feroci accompagnate dal grido: < Lei non sa chi sono io ». Lo si sa benissimo, in qualsiasi caso: < Un mio simile ». Ormai ne ho visti tanti di quei sorrisi compiaciuti falsamente modesti, volutamente spensierati di chi risponde: <Che ci vuoi farei Noi siamo fatti così ». Queste bellissime esclamazioni non persuadono in fondo nessuno: perchè basta avviare il discorso, dovunque e con chiunque, sul costume italiano per accorgersi che tutti se ne lamentano. Si lamentano del rumore, del disordine, di dieci altri inconvenienti che realmente esistono e di cento altri che non ci sono: si lamentano del prossimo e di se stessi. Mei la più grande austerità sta nel fatto che tutti son disposti a far sacrifici enormi pur di non cambiare affatto un costume di vita notevolmente più scomodo di quel che potrebbe essere. Riccardo Aragno 1111 ì I ! 1111 ! ! 111P111111111M111111 ! 111 ì 111 {I r ! 11111

Persone citate: Mei

Luoghi citati: Inghilterra, Italia, Londra, Milano, Roma