Passaporto anche per i buoi al confine con la Cina rossa di Giovanni Artieri

Passaporto anche per i buoi al confine con la Cina rossa GIRO DEL MONDO, FRA GUERRA E PACE Passaporto anche per i buoi al confine con la Cina rossa Una penisoletta britannica sul margine dell'impero di Mao Tse tung - La frontiera di Tai Po, foglio di carta velina, rete di capelli - Sul ponte di Sham Chan, per metà inglese, per metà comunista - Qualche colpo di fucile - 1 contadini che hanno la casa di qua e il campo di là... (Dal nostro inviato speciale) Lowu (confine della Cina sovietica), maggio. Molto tempo della mia vita l'ho speso vanamente nel tentativo di penetrare il mondo sovietico. Le richieste e le ripulse si sono seguite a larghi spasi di tempo, fino a quando, per le guerre e la spartizione del mondo, sul cosmo sovietico 7>ii è toccato d'affacciarmi solo ai posti di frontiera. Cinque o sei frontiere: quella di Mainila, in Finlandia, sull'istmo di Cardia; quella di Petsamo, sull'Oceano Glaciale Artico; quella di Berlino, invisibile e inquietante; quella persiana di Astarà, sul Mar Caspio, lungo un fiume ingrossato dalla pioggia; quella di Narva, in Estonia, nel '39, quando arrivò l'Armata rossa e cromarono, per il patto Molo1 ti i : M111 II 111 ! 11111 ii ■ 111m11 ! 11111T 11 i ■ ■ 11111111 ; 111 ■ : 1) tof-Ribbentrop, le tre libere Repubbliche baltiche. Questa della Cina rossa è la sesta frontiera che vado a vedere, a descrivere, a « capire », cercando di guardare nello spiraglio un mondo difficile da determinare in dati fissi, in forme intelligibili, in schemi . ragionati. Appunto perchè si muove, ribolle, geloso e coperto; e le scorie che tentiamo di esaminare, pigliandole in mano, ci scottano e dobbiamo pittarle via. Il colore « militare » Corro sulla strada tra Kau Lun e Tai Po, sul pezzo di penisola appartenente a Sua Graziosa Maestà Elisabetta II d'Inghilterra. E' un piccolo frammento di Cina, trascurabile se si paragona sulla carta alla enormità dell'Asia cinese. Saranno qualche centinaio di miglia quadrate, appetto ai venticinque milioni di miglia del territorio occupato da Mao Tse tung. Se Mao Tse tung volesse, scuoterebbe gli inglesi dalla penisola di Kau Luti e dall'isoletta di Hong Kong, come granelli di polvere dalla sua manica di generale. Ma non lo fa. La Cina rossa confina con l'Impero britannico e col mondo occidentale solo a questa frontiera di Tai Po, verso la quale lorro. E' un po' poco, ed è un punto quasi invisibile. Ma non è una vera e propria cortina, come usa dire. E' un foglio di carta velina, una rete di capelli. La strada si sviluppa come una grande sciarpa, su per le montagne, le risaie e il mare. Il colore < militare >, macchia questa strada: gli autocarri quadrati, i soldati scozzesi, i reticolati ai blocchi, sorvegliati da giovani poliziotti cinesi, le caserme e gli accantonamenti di carri armati, le postazioni di artiglieria con scritte e tabelle indirizzate alle tiuppe. E' quasi una strada della costiera italiana, durante la guerra. A Tai Po, cioè al mercato di Tai Po, ogni traffico civile cessa e si entra nel regno del comandante Frazcr, il cupo del territorio di confine. Io non ho visto il comandante Frazcr, ma solo l'ispettore capo Penfold. Non era necessario: l'organizzazione amministrativa inglese una volta in funzione, e funziona perfettamente, non lascia margine a iniziative. L'ispettore Penfold mi aspetta, sa tutto di me, rileva un ritardo di tre minuti sull'orario prefisso. Raggiungiamo la camionetta e Penfold siede dietro di me ed io accanto all'autista cinese, al quale egli dà ordini in cinese. Ed ecco, siamo nel territorio di frontiera: una larghezza di sedici miglia in linea d'aria tra i due punti opposti di Sha Tao Kok verso nord e di Castle Pick, verso ovest. E' un grosso collo di penisola attraversato da un fiume mediocre chiamato il Sham Chan (pronuncia: Scia??i CianJ. Tutto piglia nome dal fiume: il ponte ferroviario che lo cavalca, il grosso paese al di là della riva, già nel mondo comunista. Lo si intravede, adesso; lo vedrò tra poco più da vicino. L'Impero britannico e quello di Mao Tse tung s'incontrano su questo ponte. S'incontrano pure in altre località secondarie e l'ispettore Penfold me le mostra: a . an Kam To, dove passa la strada automobilistica, e a Sha Tau Kok cne è un paesetto diviso in due dalla < rete », di cui adesso dirò. Ma il traffico delle persone e delle cose, da e per la Cina rossa, avviene al ponto di Sham Chan; ed è qui che di tanto in tanto si sparano colpi di lucile. Su questa frontiera gli in¬ glesi posseggono l'acqua e Mao Tse tung la terra. E' una vecchia storia. Il mare è britannico sino alla Mir's a Bay e a Nan Tao, sul delta del Fiume delle Perle. La costa appartiene ai cinesi. Anche l'acqua del fiume Sham Chan, l'acqua che passa sotto il ponte della ferrovia è inglese. Effettivamente la Cina comunista comincia sull'altra riva, ma il ponte per metà (meno un metro sul centro), è comunista; per metà, meno un altro metro (sempre sul centro) appartiene alla Regina Elisabetta di Inghilterra. I due metri, nel mezzo, appartengono a nessuno. Il ponte domina tutta la riva comunista. In basso, al livello dell'acqua si vedono le casermette dei soldati rossi, un loro campo di pallacanestro, con taluni occupati a giocare, un terreno da tennis. Alla spalletta, invece, col lunghissimo palo della bandiera rossa, si scorgono le garitte e le traverse degli sbarramenti, guarnite di filo spinato e di gabbioni smontabili. Tre o quattro soldati in uniforme cachi, berretto a visiera e fucile vanno su e giù, sino allo spazio centrale del ponte, le « tavole di nessuno ». In quei due metri di superficie, l'Impero britannico scambia con l'Impero comunista cinese, i documenti di frontiera, i passaporti e le' altre carte indispensabili, mediante due soldati che stendono il braccio, senza uscire dal proprio limite territoriale. E' un uso voluto dai comunisti, da un mese a questa parte. Dal lato inglese i poliziotti fanno lo stesso. Soìio cinesi di Hong Kong, sudditi britannici; parlano il dialetto di Canton e non possono intendersi minimamente con i loro colleghi comunisti che sono del Kiang Si e delle province settentrionali. La legge del ponte è il silenzio assoluto. «No talking», dice l'ispettore Penfold. Ma prima di soffermarci su questo fiume giallo, tra sponde di creta, all'imbocco di questo ponte dominato ri^Ja bandiera rossa (dall'altro lato, intravisto uno straniero, subito si soìi fatti attenti e uno arriva con un binocolo e parlotta con un altro) diamo uno sguardo alla « rete ». Mosaico di giade In camionetta la linea di confine si percorre in meno dì mezz'ora. Corre in valle, ai piedi di una catena di colline nude. La fence (la barriera) s'inoltra nei campi, in curve e meandri complicati. E' una rete nuova, a fili grossi, armata su montanti di acciaio alti tre metri; sul limite a terra è fornita di rinforzi che ne rendono difficile l'attraversamento. In alto i montanti son curvi e, dunque, inabbordabili. Sarebbero necessarie lunghe scale. Ma, notte e giorno, sotto capannucce di paglia distantì un cento metri tra loro, si trovano guardie rosse armate di fucile mitragliatore. Lungo la rete là strada corre per notevoli tratti parallela e io vedo il mondo di là e il mondo di qua. Vedo le contadine al di là della rete, curve sugli orti e le risaie, perchè — non l'ho ancora detto — il paesaggio è una splendida campagna verde di tanti diversi verdi, a riquadri di risaia, campetti di patate dolci, giardini, cavolaie, un tappeto e un mosaico di giade pallide e diverse. Qua e là le contadine vestite di nero, pantaloni e caìnicia lunga e il grande cappello di paglia orlata, come l'ombrello di un vescovo, da una grande franpia di tessuto nero: il mo-hu. Non levano il capo al rumore della macchina, continuano chine a piantare i germogli di riso, a curare le lattughe. A metà del ponte dì Sham Chan, guardando bene, si vede l'imbuto di un altoparlante. Dalla gola di quell'imbuto — dice l'ispettore Penfold — due volte al piorno escono invettive in lingua mandarìna contro l'Impero britannico e gli Stati Uniti, ed anche nominativamente contro le persone dei funzionari inglesi di frontiera. La propaganda sovietica vuole così e nessuno ha ancora scoperto perchè il Governo di Pekino abbini in uno stesso odio il signor Winston Churchill, il presidente Truman e qualche sergente maggiore britannico del corpo di polizia. Inoltre essi non vogliono fotografi da questa parte. Anche io, munito di macchina, sono stato preso di mira, come ho detto, da un binocolo. Ma fotografie, subito, non ne ho potute fare. L'ispettore Penfold me lo ha impedito. « Smetta, smetta — mi ha detto bruscamente. — Quelli di là possono sparare » Se la bestia non ritorna Poi ho fotografato, di sorpresa, più tardi, mentre l'ispettore verificava la carta di identità di una contadina di confine e il passaporto della sua vacca. Perchè ì comunisti della Cina rossa hanno inventato anche il passaporto per i buoi e le vacche. La « rete » ha creato incresciose divisioni. Alcuni contadini si soìi trovati la casa da un lato, il campo dall'altro. Per recarsi a lavorare il campo, in territorio inglese, il contadino (sovietico) deve portare, spesso, con sè il bue o la vacca. L'autorità comunista ha censito tutta la popolazione lungo la rete, ha numerato tutto il bestiame e ha attribuito un sin fun cin, o carta d'identità, sia agli uomini che agli aìiimali. L'uomo porta il suo sin fun cin in tasca, il bue lo porta al collo: ■IIIIIIIIIIHIIIIIIIHIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIItllllllllllllllllllllllll col nome, la fotografia e la impronta dipitale del padrone. La verifica delle carte dei buoi è molto accurata. Se un contadino non ritorna più indietro, la sua famiglia, i suoi parenti o chi ha garantito per lui, vanno in galera. Se non ritorna la bestia, il caso è più complicato. Si deve dimostrare: 1) che la bestia è morta; 2) che non è stata venduta come carne da macello allo straniero; 3) che il fatto non si deve attribuire a negligenza nell'usare un bene dello Stato. Tutto ciò, naturalmente, nell'assoluta impossibilità di recarsi dall'altra parte del confine a raccogliere le prove. Dalla parte britannica del ponte di Sham Chan c'è la stazione di Lowu. Sino a quattro anni fa, l'espresso Hong Kong-Sciangai, passava di volata dinanzi a questo piccolo posto di frontiera. Frontiera, in effetti, non esìsteva e si era ben lontani dal pensare alla rete, agli altoparlanti, alle carte di identità per le vacche. Adesso Lowu è un porto di arrivo, è il primo approdo nel mondo libero di quelli che intrappolati nella prigione cinese, ne escono, quando ne escono, segnati molte volte irreparabilmente. Lowu è una stazioticina nera di carbone, con un piccolo deposito per le locomotive, i posti di dogana e qualche tettoia per ripararsi dal sole. Tabelle in inglese e in cinese comminano punizioni a chi si offre di aiutare i passeggeri clandestini della frontiera. Tuttavìa c'è gente che entra nel inondo libero senza passaporto e senza carta di identità sulla sola garanzia di un uomo. Quest'uomo fa il guardaportone volontario della Cina comunista. E' un italiano. Ne parlerò la prossima volta. Giovanni Artieri