Successo a Cannes del «Cappotto» di Lattuada

Successo a Cannes del «Cappotto» di Lattuada DA VX RACCONTO DM GOGOL Successo a Cannes del «Cappotto» di Lattuada (Dal nostro inviato speciale) Cannes, 8 maggio. La serie dei successi italiani continua. Dopo i vivaci entusiasmi suscitati da Due soldi di speranza di Renato Castellani, anche l'atteso II cappotto di Alberto Lattuada, libera trasposizione nei nostri tempi del famoso racconto di Gogol, ha avuto caldissime accoglienze da parte di un pubblico vibrante al delicato umorismo elegiaco di questa nuova opera, la più alta realizzata finora dal regista del Mudino sul Po. Alberto Lattuada non è nuovo artista per gli annali di Cannes: cinque anni fa II ban~ dito venne presentato al primo di questi festival rivieraschi, suscitando durevole impressione. Ma questo suo nuovo film, che volutamente appare in prima mondiale nel primo centenario della morte del grande romanziere russo, ha ben altre e più alte ambizioni. Esso raggiunge un clima di poesia quale ben raramente allo schermo è dato di attingere: e lo fa con estremo pudore. Volendo azzardare una definizione parziale e limitata come sono tutte le definizioni, si potrebbe dire che II cappotto è un capolavoro della discrezione. Esso non grida mai: mormora, allude, suggerisce. Appare come un pastello di tonalità grigio-rosate. E raggiunge i suoi migliori effetti che non sono meramente sentimentali, ma piuttosto lirici e di un lirismo trattenuto e patetico, per pura forza di intima misura. E' stato veramente ammirevole e consolante che quest'aristocratico riserbo non abbia compromesso l'esito di un lilm così scarsamente plateale e che il suo messaggio abbia ugualmente toccato con vivezza i cuori. // cappotto è un'opera difficile che poteva anche naufragare se il Lattuada, malgrado la sua indiscussa bravura tecnica, non fosse stato anche sorretto da un'ispirazione, talora forse un poco gracile, ma sempre assai seria e profonda. Insomma, è andata molto bene. Il film presenta un umile travetto, che nella sua vita mortificata conosce una breve stagione di modesto splendore, grazie ad un cappotto nuovo che lo ravviva come uomo, infondendogli qualche fiducia in se stesso e qualche tenue speranza d'amore. Contro di lui stanno i grandi della terra, i potenti, quelli che comandano e governano: in questo caso il sindaco di un.> picrola città di Iprovincia. Gogol, nel Cappotto j a . . e a e , o n i i o l i o come nel .Revisore e nelle Anime morte, condusse la sua sarcastica e patetica battaglia contro gli abusi, la infingardaggine e la corruzione della pessima burocrazia zarista. Ma poiché le burocrazie di tutti i luoghi e di tutti i tempi si rassomigliano e hanno gli stessi vizi di lentezza e dì disonestà, direi che più ancora che la vanagloria è lo spirito del « gerarchismo >, nei suoi aspetti eterni e contrapposto alla sopportazione degli umili, che il Lattuada ha dipinto. Certamenjte il film non è polemico nel senso spicciolo, ma è una satira del costume ed una pittura morale in senso lato. Derubato del suo caro cappotto, il povero travetto Carmine De Carmine muore di sde'gno e di freddo. Ma, quando ! gli impettiti gerarchi si pavoneggeranno nella loro vana reitorica, durante una solenne I pubblica cerimonia alla prei senza di un ministro, il funeìrale del povero travetto guasterà tutto e il suo fantasma i successivamente tornerà sulla I ferra e umilierà lo stesso sindaco. Spaventato e pentito, costui prometterà di emendarsi. JE' un'ironica vittoria dell'umiltà sulla prepotenza. Il fantasma finirà col diler'iare in lontananza ancora speranzoso di | ritrovare il cappotto rubato addosso agli stupefatti viandanti notturni. Renato Rascel ha avuto, con questo film, la sua grande occasione poetica e ne è stato inferamente degno. Molto con! frollato, di una melanconia guardinga, questo attore capace di intonazioni di una così linda umanità è stato festegigiato da una lunga ovazione al • termine dello spettacolo assieì me al regista. Gli sfondi di am;biente sono stati offerti da una Pavia veduta con acuta intelligenza in un clima duramente invernale. La musica di Felice Lattuada e la fotografia di Montuori hanno validamente contribuito al pieno successo. Tra gli eventi minori del festival segnaliamo « Atterraggio forzato », un buon film norvegese sulla Resistenza. Vi si narra la odissea di un gruppo di aviatori americani aiutati da Ivalorosi partigiani norvegesi: è una pellicola solida quanto prolissa. Quanto al film spagnolo «Gli sradicati», lo possiamo considerare come un 'molto volonteroso sottoprodotto del nostro realismo sociale. Molta attrattiva infine ha suscitato nel pubblico la apparizione di un vecchio assai arzillo e dei suoi indiavolati filmetti di quarantanni fa sullo Ischermo pomeridiano: si tratta di Mack Sennet. detto da molti storiografi del cinema il mae¬ stro di Charlot ». P g

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