JLf fiditi di Salgari di Giovanni Artieri

JLf fiditi di Salgari GIRO DEL MOKIPO, TRA GUERRA E PACE JLf fiditi di Salgari A Calcutta, sulla soglia dell'Estremo Oriente - Dei "thugs,, silenziosi strangolatori, nessuno ha sentito parlare - La gran fiamma della dea Khali e una tremante moltitudine di adoratori - Vietatissimo farsi schiacciare dalle ruote di ferro del famoso carro di Jarnagath Concludiamo con il presente la serie degli articoli sull'India del nostro Giovanni Artieri, il quale, continuando il suo giro del mondo sui « clippers » della Pan American World Airways, è partito pel Giappone (Dal nostro inviato speciale) Calcutta, maggio. Diciamo, dunque, addio all'India. Ne usciremo da questa città di Calcutta, dove la ruzza indo-europea finisce "e comincia l'umanità dagli occhi divergenti e dalla pelle giallina. L'India è ancora Occidente; in India l'uomo europeo, il bianco, si trova ancora a casa sua. Per quanto utopie e teorie razziali siano da respingersi, per quanto corra l'obbligo di credere alla indifferenziata natura dell'uomo, sotto ogni colore di pelle e ogni latitudine, qtialcosa pure voglion dire i lineamenti, la forma del cranio, il taglio degli occhi, l'angolo facciale. Curiosità di ragazzi Spesso vii son trovato sperduto e solo nei luoghi più remoli della Persia e dell'India: nei deserti di catrame del Kuzistan, sulle piste automobilistiche del Bengala, nei monti lunari tra Sciraz e Persepoli, nelle paludi e risaie del mar Caspio; mai ho perso il contatto umano con gli abitanti dei luoghi. Essi erano fatti come me. Nella loro moltitudine i miei occhi incontravano con stupenda facilità volti uguali a quelli delle statue di Michelangelo e di Bernini. Taluni giovinetti persiani, talune ragazze indiane richiamavano le figure ■ 1iMlllllllil]1lllltiIlllII1ttll1IIIM»llIIII1llllllIIIIII di Leonardo e di Raffaello. Il fatto della pelle, per quanto rattristi segretamente ogni indiano, non fa una differenza di razza. E' una < tinta > stabilita da secoli di radiazioni ultraviolette. In India e sino a questa città di Calcutta l'uomo europeo non è solo; l'umanità attorno a lui non stride; la gente è fatta come lui, anche se porta il turbante; mastica il bethel, parla una lingua antichissima e venera una moltitudine di dèi strambi e potenti. I/uomo bianco in questo Paese viene a ritrovare intatta la propria « antichità ». Viene a specchiarsi in una magica lastra che 10 riporta indietro di trenta, quaranta, cinquanta secoli. 11 suo volto non muta, la sua faccia, il naso, la fronte, l'incedere, il gestire sono gli stessi, perchè il seme è lo stesso. A Calcutta l'India esplode in un prodigioso rigoglio di vitalità. L'intero continente indiano si concentra qui con tutte le sue razze e lingue e grandiosità e miserie. In questa città si fabbricano motori a reazione per aeroplani e si uccide per fanatismo religioso, come sei secoli fa. Vi abitano grossi milionari, ma i carri municipali vanno in giro la mattina a raccogliere i morti per fame, sulla strada, durante la notte. Sulla Chowringhee, la grande arteria centrale, passano i flutti di automobili americane di ultimo modello e si vedono i rickshaw tirati dall'uomo. A Calcutta si vede anche uno dei più anti- ci» e famosi templi dell'In- IIIIIMtail1Mllt(tlM(IIIIIIMIEIMl IIIMIIIIIIlMIIII dia, quello dedicato a Khali; tutti in Italia lo hanno conosciuto sui libri di Salgari. E qui lasciatemi aprire una lunga parentesi. l« Lei che viaggia in India — mi hanno scritto alcuni ragazzi di Roma — ci faccia il piacere di dirci se davvero in questo Paese si trova ciò che leggiamo nei romanzi di Emilio Salgari: i thugs, i coccodrilli, gli elefanti e le tigri. Ci parli pure della dea Khali; ci dica se il famoso carro di Jarnagath esce per le strade di Benares e se ancora i fanatici vi si buttano sotto. Ci dica se esistono i marajah, i bramini, le devadhasi; se l'India misteriosa possa sempre considerarsi tale... >. I ricchi non credono Cori ragazzi miei, gli indiani non conoscono Salgari; ma non conoscono neppure i thugs, questi silenziosi straìigolatori col laccio di seta. Nessuno ha saputo dirmi l'esatto significato della parola thug e. neppure il vecchio abate Dubois, autore di una | vera, incomparabile Bibbia sull'India, i suoi costumi e razze e modi, l'annota. Qualcosa di simile ai thugs si trova, tuttavia, alle foci del Gange, sulle rive de.ll'Hooghly, che è poi il fiume su cui è costruita Calcutta. Sono associazioni di battellieri e pescatori, pirati per forza di miseria che assaltano spogliano i mercanti della costa, in viaggio a Calcutta per via d'acqua, su piccoli battelli c velieri. Questi barcaioli adorano, effettivamente, la dea Khali, in forme fanati¬ IMlllIMMIllllllBilIIIIIIIIIIIIIIIklIIIIIMIllllIMIIIIII che; con qualche beneficio d'inventario possiamo, dunque, credere ai thugs, cari ragazzi. Il culto di Khali, oggi, anno 195S, è florido a Calcutta, quanto ai tempi delle storie di Salgari. La città stessa ne deriva il nome (Khalighat), il tempio o il complesso di templi alla periferia della città esisteva prima che questa esistesse e su sei milioni di abitanti, quattro lo frequentano. Miriadi di pellegrini arrivano da ogni luogo dell'India per inginocchiarsi nel sangue dei sacrifici e baciare le forche di legno usate per decapitare le capre. Io sono entrato ed ho sostato nei cortili r. nei padiglioni del tempio di Khali, tra una folla ossessa, tra grumi di umanità in attesa di poter gittare fiori gialli nel tenebroso sacello della dea. Sul fondo buio di questo sacello, all'aprirsi di una cortina, compariva una enorme fiamma candida, ottenuta dalla cera vergine e dal legno di sandalo. Quella fiamma era <lei>: Khali. Volti atterriti, fronti pallide, mani tremanti cade» ano, battendo la pietra. La paura piegava all'adorazione una folla di miserabili, ricca solo di quella fede e di quella paura. Il culto di Khali, come si vede a Calcutta, effettivamente sembra essere la religione dei poveri. I ricchi indiani non credono agli dèi; non credono agli dèi neppure i bramini addetti al culto. Quello che mi accompagnava a vedere la fiamma di Khali non solo non si buttava in ginocchio al suo svelarsi ma mi spiegava il trucco per ottenerla. Il culto e la paura, ripeto, restano la sola ricchezza del povero. Si, si, cari ragazzi, la dea Khali è ancora quella che voi leggete nei romanzi di Salgari ed è forse la prima e più grande sorpresa per il viaggiatore: ritrovare reale e attuale una reminiscenza di letture dell'età quasi infantile, ancora intatta una favola appartenente al tempo e allo spazio delle avventurose fantasie. Gli animali* Tigri, elefanti, coccodrilli, serpenti son tutti qui, nell'India vera come in quell'altra India delle storie stampate. Sebbene i rajah e i marajah non diano più cacce in onore di ospiti europei, come al tempo della regina Vittoria, i giornali di Delhi, di Calcutta, di Madras pubblicano di tanto in tanto, ma senza grande rilievo, la notizia dell'uccisione di un men eater, un mangiatore di uomini, il tigre maschio, vecchio, che ha fatto il palato alla carne umana e ogni tanto assalta i villaggi c si porta nella giungla un bambino o una donna indifesa. La timida tigre Ma la tigre ordinaria, quella che uccide solo le bestie della foresta non raggiunge mai gli onori della stampa. E' un animale timidissimo ed io l'ho intravisto nella giungla ai lati della strada tra l'aeroporto di Benares e te città, durante un pomeriggio torrido. Passarono branchi di antilopi e la tigre dietro, una macchia giallastra subito persa nella polvere. Coccodrilli e devadhasi II' ballerine dei templi) sono scomparsi quasi del tulio. Per vedere i primi bisogna discendere i grandi fiumi, l'Indo, il Gange, lo Jumma, il Brahtnaputra, sin quasi alle foci; per vedere le seconde occorre attendere le grandi festività annuali di Benures. Ho visto da vicino il famoso carro di Jarnagath con le sue grandi ruoti ili ferro. Si trova a Benares, sotto una tettoia, presso alla chiesa protestante e al Kashi Club, un circolo pei inglesi. Ancora adesso comi ai tempi di Yanez e di Sandokan, il carro viene portato fuori all'inizio della stagione delle piogge, centinaia di cotonimi vi si aggiogano, trainando in processione per la città, sino al Gange, la pesante statua di argento c d'oro di Vishnu il salvatore lJarnagath è uno dei nomi di Vishnu). I fedeli possono lasciarsi schiacciare dalla enorme, pesantissima macchina solo clandestinamente. A un muro della rimessa è affisso un decreto del governo, in bengali e inglese, col quale si proibisce il suicidio. religioso e si fa obbligo a chiunque si trovi presente ad un tentativo del genere di adoprarsi a sventarlo}. Diciamo, dunque, addio all'India. A questa vecchia madre degli europei, nutrice della razza bianca, officina di religioni, patria delle più antiche scritture, delle più complesse civiltà, rimasta in un angolo di questo mondo, trascurata, sfruttata, negletta, abbandonata alla sua triste e severa maestà, nel fiume di innumerevoli secoli. L'India è ancora Occidente, ancora assai più Europa che Asia. Bisognerebbe connincerne molti india?», e tra questi il signor Nehru, pei quali l'America e l'Europa sono lontane, in Russia e la Cina molto vicine. Questi indiani temettero il pericolo dei giapponesi a Calcutta, durante l'ultima guerra, ma non capiscono adesso il pericolo di Mao Tse Tung in Birmania e di Stalin nel Tibet. Probabilmente essi non credono alla possibilità di un'India comunista o d'altro colore. Conoscono meglio di noi questo loro problematico paese. Lo sanno immodificabile come un elemento naturale o una categoria dello spirito. « E' l'India », si dice, senz'aiira spiegazione. E' l'India, infatti: un pianeta caduto sulla terra, simile a un grosso seme portato dal vento, venuto a creare l'ansiosa, irrequieta, drammatica civiltà di metà del mondo. Giovanni Artieri callllllllilllllllllililllliliiiillillllilllllllllilllllllllii