La libertà è condizione dell'insegnamento filosofico di Paolo Serini

La libertà è condizione dell'insegnamento filosofico PER LA SERIETÀ' DELLA SCUOLA ITALIANA La libertà è condizione dell'insegnamento filosofico Con il suo intervento nella]questione dei nuovi program- mi di filosofia per i licei, Be- nedetto Croce ha dato risonan- za nazionale a un problema che sinora era stato discusso quasi esclusivamente negli am- bienti e nei periodici scolastici; e ne ha messo In luce l'alto in- teresse e significato culturale. L'intervento è consistito in una lettera al direttore del Giornale di Napoli, che qui riproduciamo: « Caro amico, sono tormentato dal pensiero che quel disegno di riforma scolastica contro cui l'anno passato protestò il convegno dei professori di filosofia di tutta Italia, ohe si tenne a Pisa, al quale anche io aderii, possa da un giorno all'altro ricevere carattere di cosa fatta per mezzo di qualche decreto legge o altro espediente che sarà escogitato da chi ha interesse alla cosa. Quel disegno è la distruzione atale "dell'insegnamento filosofico nei Licei. ;« SI dirà: perchè? Perchè quando un insegnante non ha la libertà di scegliere 1 filosofi da studiare ]'" discutere, e quelli da includereI Bll sono imposti dal protrainma. manca la possibilità di un inse- gnamento serio. Nel programma enunciato non si trovano, per ''sempio, ni: Spinoza, nò Leibniz, nè Hegel, riè altri anche di gran- d" risonanza. e viceversa si tro ™.™ " Gioberti e il Rosmini rtino dei quali è noto come ingegno immaginoso e oratorio ma non filosofico, e l'altro, il Rosmi- era interamen^do aKoriàIe alla politica che sono tanta1 parte del pensiero moderno i «Se ciò a cui intendono i rifor-! malori si attuerà, l'insegnamento liceale di filosofia diventerà cosa spregevole, che offrirà materia ai motti di spirito e al riso. E la lfilosofia che lo Stato avrà solfo- cato, sarà coltivata fuori della j scuola, e sarà un rimprovero con- Unno alla falsa e servile filosofia. Per intendere nei suoi precisi termini il significato della let-: ;tera crociana, bisogna ricorda-. re anzitutto che, da venticin-1 que anni, la filosofia nei nostri ! licei si studia con metodo sto-' rico. Il suo insegnamento si risolve cioè in quello della sto- ria della filosofia, acce gnato dalla lettura e cono. .- to di tre testi filosofici (appar- tenenti all'antichità o al me- dioevo, all'età moderna e alla filosofia postkantiana), uno per anno. E ogni professore èlibero di dare maggiore o mi- nore risalto, nello svolgimento del programma, a questo o aqueùpeHsatore o indirizzo spi culativo; e, soprattutto, di sce- gliere, anno per anno, a secon- da dei suoi personali interes- si e predilezioni e della mag- giore 0 minore maturità dei suoi alunni, il testo da leggeree da commentare. Le possibi- lità di scelta lasciate dal le gislatore sono larghissime (l'è lenco di testi indicati dal prò gramma ministeriale non solo è assai ampio, ma ha carat fere indicativo); e vanno dai filosofi greci a quelli contem- poranei: Croce, Gentile, Boti troux, Bergson, Blondel Ora, nel dicembre scorso, la 1 commissione incaricata dall'on. Gonella di preparare i nuovi programmi per le scuole di ogni ordine e grado, — la co siddetta «Consulta didattica />, ,— ha presentato al ministro ! della Pubblica Istruzione prò- 1 poste che, per quanto concerne 1 i programmi di filosofia, se gnano un netto stacco dai prin cipi di libertà oggi in vigore, i Secondo tali proposte, l'inse¬ anamento della filosofia nei li'cei dovrebbe comprendere (oli ' re a un'introduzione prelimi nare) una « delineazione stori <=a » intesa a dare « rilievo e luce ai sommi pensatori che , hanno approfondito 1 problemi . umani j» e la 5 lettura organica l a i t a a e a e ? o - a . a l di un'opera filosofica di detti autori per ogni anno». Tali autori dovrebbero essere esclusivamente i seguenti: Platone, Aristotele, sant'Agostino, san Tommaso (solo nel liceo classico), Galilei (solo nel liceo scientifico), Descartes, Vico, Kant, Gioberti e Rosmini. A quanto pare, nella stessa Consulta « non è mancato chi ha sostenuto che il limite posto, nell'insegnamento della filosofia, alla libera scelta da parte dell'insegnante dei classici da leggere, sia una flagrante violazione di quel principio di libertà che si è inteso far valere nella scuola » e che dovrebbe costituire il cardine della sua progettata riforma. Ce ne informa, nella sua relazione al ministro (che è stata pubblicata nelle Cronache Scolastiche di Roma del 10 febbraio '52), il vice-presidente della Consulta, prof. Giovanni Calò. Il quale, da parte sua, si è affrettato a metter le mani avanti: negando che « in una tale violazione si sia incorsi, se quella libertà vada rettamente intesa e tenuta nei giusti limiti che la scuola, organo educativo, necessariamente comporta»; e osservando che «ragioni didattiche » impongono di evitare la « possibilità di scelte troppo personali e unilaterali dal punto di vista dottrinario, inadeguate, o del tutto inadatte didatticamente... ». Si tratta di giustificazioni che non solo non persuadono, ma che anzi aggravano l'impressione di disagio che desta la lettura del progetto dei nuovi programmi. Noi non vogliamo addentrarci qui in questioni di principio, e osservare, per esempio, che non s'intende affatto che cosa significhi, in filosofia, « libertà rettamente intesa », o ricordare che una tale formula è spesso servita, specie negli ultimi centocinquanta anni, a preparare o a tentar di legittimare le più gravi restrizioni alla libertà, sia didattica che politica o religiosa. Ma quali superiori principi pedagogici e quali « ragioni didattiche » possono mai giustificare l'esclusione dall'Olimpo dei « sommi filosofi » di quattro quinti dei filosofi moderni e di tutti quelli contemporanei; e l'incomprensibile tentativo di far culminare lo svolgimento del pensiero postkantiano in Rosmini e in Gioberti; e il bando comminato a testi filosofici tutt'altro che didatticamente « unilaterali » o « inadeguati », come, per via d'esempio, l'Itinerarium di san Bonaventura o le Pcnsces di Pascal, il Novum Organutn di Bacone o il Saggio di Locke, i Nuovi Saggi ' di Leibniz o il Trattato sui principi della conoscenza di Berkeley, la Missione del dotto di Fichte o l'Introduzione alla storia della filosofia di Hegel, l'Aesthetica in ntice di Croce o l'Evoluzione creatrice di Bergson? Come si conciliano tali restrizioni ed esclusioni — che colpiscono, di fatto, intere correnti di pensiero, come l'empirismo o l'idealismo — col proposito dei nuovi programmi di « avviare alla mentalità critica e alla conoscenza dei grandi problemi umani cui la filosofia intende rispondere e delle principali caratteristiche posizioni che si possono assumere di fronte ad essi » La relazione citata insiste sulla necessità di combattere, nell'insegnamento della filosofia, quel « nozionismo estensivo » che ì « fomite di verbalismo e di mnemonismo » e che produce nei giovani un senso di fastidio o « un atteggiamento diffidente e scettico per una successione, vista dall'esterno, di sistemi e di dottrine, fra loro in gran parte contrastanti ». Giustissimo. Ma a tale esigenza non si sodisfa, certo, col limitare l'autonomia dell'insegnante e col ridurre il numero dei testi filosofici tra cui egli possa scegliere quelli da legge re e approfondire con 1 suoi alunni; bensì assicurando alla scuola insegnanti dotati, oltreché della necessaria discrezione didattica, di robusto senso storico-critico. Capaci cioè di ricostruire dall'interno, con fre schezza e impegno, nella sua organica continuità, lo svolgimento dell'umano pensiero t di far sentire ai giovani il valore e il significato di quel grande dialogo tra pensatori diversi o avversi, attraverso il quale i problemi si chiariscono e la verità si sviluppa e ma tura, in cui consiste propria mente la filosofia. Fortunatamente, sembra che le vivaci reazioni suscitate ne gli ambienti scolastici e cultu rali dal progetto della Consul ta didattica, — e che hanno trovato espressione nel XIV Congresso nazionale della Federazione Insegnanti medi, tenutosi nel marzo scorso a Roma, — abbiamo già dato, o stiano per dare, i loro frutti. Proprio ieri, infatti, in una lettera pubblicata su un altro quotidiano, il segretario della Consulta didattica, professor Gozzer, ha dichiarato che « i programmi ufficialmente proposti dalla Consulta», la cui « pubblicazione sarà ultimata entr,o qualche settimana», «si discostano in maniera totale » da quelli oggi in discussione: ammettendo, implicitamente, cosi che si è fatto, o che s'intende fare macchina indietro. Non resta che prender provvisoriamente atto di tale dichiarazione, augurandoci che i nuovi programmi < ufficiali » siano tali da rispettare quell'autonomia dell'insegnamento filosofico nei nostri licei senza di cui si giungerebbe, come scrive il Croce, alla sua « distruzione totale ». Paolo Serini

Luoghi citati: Berkeley, Italia, Napoli, Pisa, Roma