IL CONVEGNO sulla disoccupazione di Ferdinando Di Fenizio
IL CONVEGNO sulla disoccupazione IL CONVEGNO sulla disoccupazione Da che inai si può giudicare il successo di un convegno di studi? Non certo dal numero dei partecipanti. Innumerevoli raduni infatti, cui abbiamo assistito, erano affollatissimi e sterili. Ciascun conferenziere saliva in cattedra ed esponeva le sue idee; le discussioni susseguenti ponevano poi in luce che i partecipanti non avevano, in comune, neppure le fondamentali espressioni tecniche. Ciò non è avvenuto a Roma, svolgendosi in questi giorni il Convegno di studi sul problema della disoccupazione in Italia, indetto dall'I.S.E. con l'aiuto dell'Istituto per la Previdenza sociale: animatore l'on. Tremelloni. I convenuti, al massimo, erano un centinaio. Tuttavia, in genere, ferratissimi. E poiché, in definitiva, ad altro quella adunanza non aspirava, se non a porre in luce quanto poco si sappia, oggi in Italia, attorno al problema della disoccupazione che pervade tutta la nostra economia, si può dire ch'essa abbia raggiunto pieno il suo scopo. Ha posto in dubbio, fra l'altro, taluni correnti luoghi comuni. Scendiamo al particolare. E' di norma assumere, come indice della situazione economica generale, ad esempio, il numero dei disoccupati, quale appare nelle statistiche ufficiali. Dal crescere di quelle cifre si suol inferire, cioè, che la situazione economica peggiora ; mentre se i disoccupati diminuiscono si torna a respirare e si proclama un miglioramento. Orbene quella induzione, su fondamento tanto incerto, è ingiustificata all'estremo; e furono proprio i solerti funzionari del .Ministero del Lavoro a chiarire questa particolarità. I dati statistici usuali che si inti tolano alla « disoccupazione italiana », altro non sono (com'è noto) se non una complessiva rilevazione degli iscritti negli uffici di col locamento. Ora succede che, iniziandosi, per esempio, una politica di lavori pubblici, le iscrizioni degli uffici di col locamento si moltiplichino: accogliendo dunque, quegli elenchi persone che fin allo ra erano parzialmente inoc cupate, oppure occupate del tutto, ma insoddisfatte dei loro salari. (Non è affatto escluso, invero, che nell'Italia Meridionale il bracciante occupato in cantieri di rim boscamento guadagni di più di chi lavora presso aziende private). Onde si conclude: si può avere un aumento ne gli elenchi degli iscritti agli uffici di collocamento, quindi un aumento nella disoccu pazione apparente, proprio mentre la si combatte nel modo più efficace, cioè con lavori pubblici. Ciò forse chiarisce per quale motivo quella certa cifra di due milioni di disoccupati, in Italia, — che da anni fa il giro della stampa — rimanga pressoché immobile, nonostante che negli ultimi tempi il Governo abbia avuto qualche iniziativa per provocarne la diminuzione. Altra questione, come dare lavoro ai disoccupati. Si risponde quasi sempre: accrescete l'attrezzatura industriale. Ma fu presentata, al recente convegno, una memoria di un sagace statistico, il Guidotti, che fa parte dell'Ufficio Studi della Banca d'Italia. Egli, utilizzando i dati disponibili, mostrò che per occupare una persona nell'agricoltura si deve investire, in Italia, in media, fra i due e i tre milioni di lire. Per accrescere di una unità lavorativa gli addetti alla produzione industriale occorre investire almeno quattro milioni di lire in media. Per contro, il fabbisogno di capitale per occupare una persona in altre forme di attività: trasporti, commercio, artigianato, pubblica amministrazione, è molto minore di quelle cifre: al massimo raggiunge il milio ne di lire per addetto. Da ciò, a fil di logica, scende questa norma: volendo, in un Paese povero di capitali, condurre a fon. do una lotta contro la disoccupazione, conviene per lo appunto sviluppare queste ultime forme di attività. Alimentare, cioè, quei rami di industria che — rispetto all'agricoltura ed all'industria mineraria dapprima ; alle manifatture di poi — si possono dire « terziari », perchè sono produttori essenzialmente di servizi. Non diversamente avviene, del resto, per tutti i Paesi che abbiano raggiunto un certo grcofeste oppdidpziessinpmrevdforignmpnnclasmqcpcvdnalavdfmvsatcdtstgrmnrpairqlUsvgqtirlgposmsitciPtrd grado di sviluppo sia agricolo che industriale. Lo afferma" il Colin Clark, uno statistico di fama mondiale, e che impegna una sua nota opera recente a dimostrare, per l'appunto, questa tesi. Un terzo luogo comune, di cui si comincia infine a dubitare, si esprime così: il problema della disoccupazione in Italia è costituito essenzialmente dalla necessità di trovar lavoro alle nuove generazioni. Orbene, può darsi che questa ultima proposizione esprima la realtà odierna. Ma ci si avvia, in questo caso, a rapide mutazioni. Un demografo esperto, l'Occhiuto, ha riunito i principali dati riguardanti la popolazione del nostro Paese: cioè nascite e morti, nuzialità e fecondità, per classi di età, per regioni e per tutto il territorio nazionale. E giunge a concludere che, fra non molto, la popolazione italiana si stabilizzerà attorno ai 46 milioni di abitanti, di cui quasi 27 milioni in età sicuramente lavorativa (fra 20 e i 64 anni). Onde il problema del futuro non consisterà nel ricercare nuovi sbocchi alle giovani leve del lavoro, bensì nel mantenere occupati tre milioni di anziani, che i progressi nella medicina conservano in vita; e nell'offrire occasioni di lavoro alla manodopera femminile, disponibile in maggior copia per l'evolversi dei costumi. H convegno recente discusse attorno a molti altri argomenti economici e statistici connessi alla disoccupazione: determinazione della forza di lavoro; accertamento degli occupati e disoccupati effettivi, mediante indagini campionarie ; grado di cultura degli aspiranti a nuove incombenze; migrazioni interne e internazionali, ecc. Terminò poi raccomandando caldamente più ampie indagini su vari aspetti della disoccupazione in Italia. Orbene, chi non converrebbe sull'opportunità di queste ricerche, anche se lunghe e alquanto costose Una più approfondita conoscenza del problema che si vuol risolvere, evita molti gravi errori, e prepara, dunque, una più razionale poli tica economica. Ferdinando di Fenizio flgeDsttptbtsdilmceloumldczdiUttnrl1Tiìiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiimiiiiiiiim
Persone citate: Colin Clark, Guidotti, Occhiuto
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