Bagutta, dama matura di Paolo Monelli

Bagutta, dama matura LETTERATI E ARTISTI COME BUONI BORGHESI Bagutta, dama matura Non si son viste ragazze in pantaloni, nè giovanotti in maglione, ma signore ben pettinate, pittori vestiti come avvocati, e avvocati che fumavano la pipa come i pittori della tradizione (Dal nostro inviato speciale) Milano, 15 marzo. Venticinque anni fa, e nemmeno venti, c nemmeno diciotto anni fa, a nessun giudice di Bagutta, nè al fatutto VergaIli, nè al mondano Tonino Nicodemi, nè allo scettico Franci, e nemmeno al musicista Veretti che poi alla Scala ci andò da autore trionfante, sarebbe venuto in mente di spostare la data già fissata per il premio, e anticiparla di un giorno, facendola cadere il venerdì — Peppino Somma, assiduo cronista di questo premio finché vlsBe, avrebbe fatto gli acongiuri e esclamato, < qua andiamo malamente > — per il fatto che Stasera va in scena alla Scala la prima di una nuova opera. Se era necessaria una dimostrazione pubblica che il premio Bagutta ha venticinque anni, e 1 suoi fondatori almeno il doppio, eccola qui. Che ne Bapeva.no quegli squattrinati fondatori, quei giovani giornalisti alle prime armi, quei romanzieri in attesa di lettori, quei pittori che avevano inventato di fare il bianco dei quadri lasciando vergine la tela, tanto pochi soldi avevano per i colori, che ne sapevano di prime alla Scala (anche il loggione era troppo caro per loro) e di pubblico raffinato e dì frak? E che cosa importava a loro se la sera del premio sarebbero stati assenti due o tre industriali o due o tre signore dell'aristocrazia comandate ad una cerimonia mondana? E d'altro canto, si sentivano cosi orgogliosi di avere fondato quel premio, 11 primo — purtroppo — di una troppo lunga serie di ultri premi venuti dopo, non ancora guasto e sommerso dai troppi imitatori, che nessun'altra cerimonia pareva loro altrettanto degna o anche soltanto concorrente, e tenevano fede con impegno alla data fissata per l'assegnazione fin dall'anno prima, anzi fin dalla fondazione del premio; e non c'era cataclisma, non c'era malattia di giudice o fatto internazionale che potesse far cambiare i primi anni quella data stabilita alle origini nell'atto di fondazione. Oggi invece Bagutta ha la gravità d'una dama matura ed impennacchiata che passa metà del pomeriggio davanti allo specchio, per far bella figura la sera in società (ed il marito attende pazientemente nell'altra stanza chiedendosi quando mai sarà pronta),, ha il rispetto delle convenzioni mondane; è una festa ufficiale per quanto mobile. Nel calendario milanese, le signore invitate Inaugurano un modello di grande sarta, i giudici non sanno mal decidersi a radunarsi perchè sono pieni d'impegni d'ogni genere; chi come Verganl è nello stesso tempo giudice di cento altri premi e concorsi di bellezza, chi come altri è direttore di azienda, chi ha moglie e deve tener conto degli Impegni che questa ha assunto per conto suo? Di tutti i titoli di giornali con i quali è stata annunciata questa venticinquesima radunata attorno alla tavola della celebre osteria toscana Pepori (la bella prosperosa e prolifica famiglia Pepori è stata effigiata nella sala della cerimonia in uno spiritoso affresco del pittore Morelli), di tutti i più sacsdzpfdattmsstsiqzBamVtptpcsmtnicgsspmtoqRivlagtfmttlacnffdZgiatse„oquenVcheh^nSìparlato di venticinque anni di parlat scapigliatura, di neoacaplgliatura, e simili. Anche ci fosse stato qualcosa di slmile alle origini — ma i fondatori, anche se squattrinati, avevano già maniere e gusti borghesi avevano, i più, impieghi sicuri e promettenti un buon avvenire, bevevano onesto vino toscano, cantavano le canzoni della montagna, andavano, i più, a letto prcsio la sera per alzarsi presto la mattina, avevano già moglie o vagheggiavano un matrimonio con tutte le carte in regola; e sono finiti, i più, commendatori, padri di florida prole, proprietari di ville e di appartamenti — ad ogni modo oggi non si può parlare di scapigliatura se non nel senso fredduristico della parola; cioè mancanza o scarsezza di chiome, e grlge le rimanenti, nella maggior parte dei giudici. E anche del premiato di ieri, l'avvocato e cacciatore faentino Francesco Serantinl, un robusto romagnolo sessantenne dalla testa nuda e volitiva; un uomo solido che riuscì subito simpaticissimo all'enorme pubblico che stipava le sale rimesse a nuovo con pitture di Novello, Vellani Marchi, Steffenini, Morelli e Zuffi; soprattutto perchè non aveva nell'aspetto nulla di letterario, nulla che evocasse il calamaio e la carta e le pazienti scritture, ma un'aria dì campagna, di zolle calpestate con il fucile in spalla e il cane avanti pronto alla ferma. Ed anche a chi non conosceva ancora il suo libro, quello premiato, piacque subito il titolo che andava proprio d'accordo con la sua figura di uomo che un mezzo litro di Sangiovese lo manda giù come niente, L'osteria del gatto parlante. Dunque niente scapigliatura, nonostante il rituale grido a comando, e certi cori sonori, e certi atteggiamenti romantici; e lo strabocchevole pubblico era quanto di più ben messo e corretto che si possa immaginare, non ho visto una ragazza In pantaloni e chiome prolisse, non un giovanotto in maglione, ma signore ben pettinate e signori dignitosi, e pittori vestiti come avvocati, e avvocati che fumavano la pipa come i pittori della tradizione, Ma delle nozze d'argento di Bagutta vi ha già parlato su queste colonne Titta Rosa in un malinconico articolo; « Siamo dunque cosi vecchi? » — si chiedeva Titta Rosa, che fu vincitore del quinto premio Bagutta» in ima, memorabile1 serata che per una volta tanto amenti la leggenda che il vincitore del premio è già stato scelto quindici giorni prima della cerimonia e quella votazione che si Hvolge intcr papilla e fra gli antipasti e la frutta è solo una finta. Debbo dire uhe la maggior parte delle altre volte le cose sono andate cosi, ed il vincitore, avvertito in tempo, aveva potuto mettersi in treno dal natio paesello e venire a fingere di essere sorpreso dalla buona notizia all'albergo ove era di pas- saggio, e presentarsi a godere, il trionfo. Ma quella volta deliqumto premio il vincitore bai- zo proprio fuori dalla discus-! Bioneri giudici erano arrivati ali ultima sera senza essersi! mossi d'accordo, quella volta Vergani non aveva un candidato che gli premesse in modo particolare e non aveva sprecato la sua eloquenza irresistibile per imporlo. Fra 1 candidati c'era anche Titta Rosa per il suo libro « Il varco nel muro », ma 1 giudici se n'erano scordati, si stavano palleggiando altri nomi, lo Zuvattini lo Stuparich il Tecchi, quando qualcuno vide che a un metro dalla tavola dei giudici, cioè al tavolino della stampa, stava seduto Titta Rosa, intento a preparare il suo pezzo di cronista, e lontano le mille miglia dall'idea che alla tavola dei giudici ci si potesse occupare di lui. Quando quel qualcuno dunque vide Titta Rosa, e gli tornò alla memoria il suo libro, e ne parlò a bassa voce ai vicini, subito si accese la discussione sul suo libro; ed allora, affinchè la cosa non giungesse alle orecchie dell'attento cronista si cercò un nome fittizio per definirlo; e fu chiamato 11 Cloni dal nome del protagonista di un aneddoto piuttosto indecente che il Bacchelli bolognese ama raccontare anche a chi lo ha sentito da lui un centinaio di volte. <I1 Cioni? Benissimo, ed ora concioniamo — disse il Bacchelll. Ma non si concionò per nulla; i giudici borbottavano fitto fitto con misteriosi gesti, facendo circolare pezzettini di carta con mimica feroce. E quando Titta Rosa sentì suonare il suo nome come quello del vincitore, scattò in piedi rosso incred.ulo lacrimoso, e la sua commozione fu il più bel premio per i giudici ed il coro dei baguttiani. Mezz'ora dopo l'assegnazione del premio un signore entrava m una libreria In Galleria (in quella Milano raffinata del 1932 c'erano librerie aperte tutta la notte a Milano, oggi in Galleria dopo le nove sono aperte soltanto le ricevitorie del Totocalcio; diremo: o tempora o mores?) — e chiedeva con voce rotta dall'affanno una copia del libro « Le dita rosee >. «Le dita rosee >? chiese il libraio, che roba è? Al che il signore ri spose, sì, le dita rosee, il libro che hanno premiato adesso in Bagutta. L'aneddoto significa due cose, che non sempre l'ignoranza delle cose letterarie presup pone il dispregio delle medesime: e che i premi letterari quando sono dati con coscienza, possono servire a rimettere in circolazione un libro caduto in dimenticanza pochi giorni dopo che è uscito. (Questo ì-ra più vero prima, quando i Memi.letterari erano pochi; oggi che ce ne sono 365, uno per ogni giorno dell'anno, uno per ogni stazione balneare o caffè d'Italia, la segnalazione serve ben poco; ma questo è un altro discorso). Dello svolgimento della cerimonia di ieri sera vi ho già detto; solo aggiungo che in quella frettolosa cronaca ho dimenticato di ricordare, fra i premi aggiunti al protopremio, oltre a quello dato a Comlssn per un articolo in lode della pastasciutta, quello dell'Opera Prima, assegnato ex aequo a Bruno Corti per due opere, Solitudine al Congo e / mesi del 3urgo, ed a Gioigio Soavi, per il libro Le spalle coperte. Bruno Corti non potè venire a prendersi la sua quota perchè da vent'anni vive e lavora al Congo. Ed ho dimenticato anche di celebrare le fatiche e l'impegno e la fraterna commozione di Orio Vergani, lui veramente immutabile traverso i ventl- nillililllìlUlllllllllimiMlllllllMIHIIIH cinque anni, anima del premio come e più di sempre, corifeo, oratore, vociferatore, presentatore, regista della serata in ogni menomo particolare, con ricordi declamati al microfono che facevano brillare lacrime negli occhi dei più anziani, e confidenti impegni per l'avvenire: < Fra venticinque anni sarà qui al mio posto mio figlio >, disse ad un certo momento battendo sulle spalle di un bel giovanotto che gli stava accanto. C'è stata poi la solita gara di offerte da parte di mecenati, due dei quall hanno ver3ato subito una somma pa h all'ammontare del premio (che e sempre di cinquemila lire come aIle origlnl piu no. vantacinqurmila lire di '«con¬ tingonza>); ed è stato dato! l'annuncio che uscirà presto un1 volume di lusso, celebratore del venticinquesimo anniversario con testo di Vergani e riproduzione delle famose tavole a colori con cui Vellani Marchi dalla fondazione ha illustrato le serate del premio a i più noti personaggi della letteratura e dell'arte che sono passati per l'ormai storica trattoria. Paolo Monelli

Luoghi citati: Congo, Italia, Milano, Novello