La musica e i suoi interpreti

La musica e i suoi interpreti IL LIBRO DEL GIORNO La musica e i suoi interpreti Sul complesso problema dell'interpretazione musicale — considerato, oltre e più che nei suol aspetti tecnici, nel suo significato estetico, — Andrea Della Corte ha pubblicato testé un grosso volume (L'interpretazione musicale e gli interpreti, Torino, Utet), che, mentre fa autorevolmente il punto della lunga serie di ricerche, di studi, di discussioni sull'argomento susseguitesi dal Settecento sino a oggi (ma che ha assunto particolar interesse e intensità nell'ultimo venticinquennio), ne offre, in pari tempo, una nuova, organica trattazione. Il Della Corte non è di coloro che assimilano l'interpretazione a un'originale creazione, e quasi a una nuova opera d'erte. Nè tanto meno è propenso a riservar la qualifica di « interpreti » a quei < virtuosi > che, considerando la partitura che hanno dinanzi come una « virtualità monca e imperfetta», se ne valgono solo come di un'occasione per mettere in mostra la loro bravura tecnica o la loro presunta genialità. Il compito dell'interprete è per lui un altro: apparentemente più modesto, ma, di fatto, più vero e più degno. Quello d'intendere e di riprodurre l'opera d'arte « qual è », ossia quale fu voluta e realizzata dall'autore, « senza nulla aggiungere nè togliere ». (Noi non dobbiamo tendere, — scriveva il Furtwangler, che però non è sempre rimasto fedele a tale cànone, — a dare una nuova interpretazione, ma solo a interpretare »). Altri¬ menti, «l'opera d'arte sarà gioco dei nostri capricci », e « noi produrremo solo falsità ». Ciò non significa però che, per il Della Corte, il problema dell'intepretazione musicale si riduca semplicemente a un problema di fedeltà filologica alle note e alle didascalie del testo e di esatta riproduzione sonora; nè che l'interprete non rechi, nella propria opera, il contributo personale della sua cultura e della sua sensibilità: quel < quid estetico » che fa la sua originalità (e la sua grandezza), e per cui un Toscanini, per esempio, si differenzia da un Furtwangler o un Backhaus da un Gleseking. L'interprete non è un mero esecutore, nè tanto meno un filologo. A formarlo occorrono bensì cultura, senso storico, rigore filologico, reverente fedeltà al testo, valentìa tecnica. Ma occorre anche qualcosa di più: quella capacità di cogliere, in « spirito e verità », il nucleo lirico di un'opera e di farlo rivivere nella sua realtà estetica, che è anche essa una forma di genialità artistica, e per cui l'interpretazione si può considerare, a buon diritto, come una « reinvenzione ». Solo che tale capacità non deve sovrapporsi all'opera d'arte, e violentarla, ma tendere, invece, a diventarne il disinteressato strumento rievocativo. E un interprete, infatti, è tanto più grande quanto meno tende a metter in risalto se stesso, quanto più sa far tacere la propria voce per lasciar risonare, nella sua purezza originarla, quella del creatore. Ta¬ le, ad esempio, un Toscanini: interprete dì netto indirizzo « storicistico >, il quale elimina « quanto più può le tendenze e gli orientamenti propri » per « mirare al mondo e all'accen to specifico dell'opera»: «sen za alcun arbitrio, senza vani tà, egli coglie l'inflmo melos e canta >. Ma l'opera del Della Corte non si limita ad approfondire il problema della natura e del significato estetico dell'interpretazione musicale. Risponde anche a moltissimi altri quesiti e problemi, che, da quando l'interpretazione ha fatto oggetto di consapevole studio, non hanno cessato dì affacciarsi alla mente di teorici e di critici, di esecutori e di amatori (Alludiamo ai problemi relativi al valore della simbolistica musicale, al rapporto tra melos e « movimento », al dare alle note valore e intensità relativi o assoluti, allo < staccare » i tempi e al « rubare », alle trascrizioni e alle cadenze, al concertare e al dirigere, ecc.). K, nella seconda parte, trac eia, — con la consueta ricchezza e precisione Informativa e critica, — tutta una serie di piotili di grandi interpreti (da Spontini e da Spohr a Tosca nini, a Furtwangler, a Bruno Walter; da Mozart e da Cle menti a Paderewski e a Buso ni; da Corelll e da Vivaldi a Hubermann e a Tsale; dai pri mi interpreti canori di Rossini e di Verdi a Borgatti e a Sta bile), che non mancherà d'in teressare un pubblico più va sto di quello dei musicologi. p. s.

Luoghi citati: Borgatti, Hubermann, Torino, Tsale, Utet