Elisabetta promette al popolo di essere una buona regina di Riccardo Aragno

Elisabetta promette al popolo di essere una buona regina I^A §®LEI]ITE CERIMONIA PjELjLA PROCLAMAZIONE Elisabetta promette al popolo di essere una buona regina L'impegno assunto al Consiglio del Trono - "Lavorerò sempre per mantenere un governo costituzionale; il mio cuore è troppo pesante perchè io possa dirvi altro che questo,, - Vessilli spiegati sui tetti coperti di neve - Tra lucide tube cerimonie medioevali (Dal nostro corrispondente) Londra, 8 febbraio. Le trombe d'argento hanno suonato e le bandiere sono tor-1 nate, per qualche ora, sull'alto dei pennoni. Alle 11 di stamane, dagli spalti del Palazzo di San Giacomo — la Corte che Enrico Vili costrui sul luogo di un antico lebbrosario — la principessa Elisabetta Alessandra Maria è stata proclamata Elisabetta ti < per grazia di Dio Regina di questo Reame e di tutti gli altri suoi Reami e Territori, capo del Commonwealth, difensore della Fedo. La dichiarazione della Regina Questa proclamazione pubblica ha avuto luogo al termine di una seduta del consiglio di accesso al trono, nel corso del quale la regina ha dichiarato: < Per la morte repentina di mio padre sono chiamata ad assumere i doveri e le responsabilità del trono. In quest'ora di profondo dolore mi è di grande consolazione la certezza della simpatia che voi e i miei popoli provate verso di me, verso mia madre, verso mia sorella e gli altri membri della mia famiglia. Mio padre era il capo rispettato ed amato della nostra famiglia e della più grande famiglia dei suoi sudditi: il dolore per la sua perdita è sentito da noi tutti. Il mio cuore è troppo pesante perchè io possa oggi dire a voi altro che questo: lavorerò sempre, come ha fatto mio padre durante il suo regno, per mantenere il governo costituzionale e promuovere il benessere e la prosperità dei miei popoli, così sparsi in ogni parte del mondo. So che in questa mia risoluzione di seguire il suo fulgido esempio di devozione al dovere mi sarà di ispirazione la lealtà é l'affetto di coloro di cui sono chiamata ad essere regina, e mi aiuterà il consiglio dei loro Parlamenti eletti. Prego Dio che mi aiuti a svolgere degnamente il difficile compito che mi è statò assegnato in una età cosi giovane >. La giovane regina — dalla voce acuta, dai toni ancora quasi infantili — pronunciò queste parole dinanzi a uno dei più rari consessi di aristocratici e di anziani del Commonwealth britannico che si raccolga nel lungo elenco dei riti statali britannici. Fanno parte di questo Contiglio del trono i discendenti di antiche famiglie nobili che compongono il < collegio degli stemmi araldici > con tutte le qualifiche medioevali connesse (i portatori delle verghe d'oro, d'argento e nera, i Lord* c pursuivants» e gli araldi dei vari ducati del regno), molti dei Pari di antica e di nuova creazione, ministri ed ere-ministri di alto rango e capi partito di Gran Bretagna, d'Australia, del Canada, del Sud Africa, della Isola di Ceylon, del Pakistan e della Nuova Zelanda. Quasi tutti, nella grande sala dall'immenso tavolo, indossavano abiti neri da mattina a code; ma i membri del collegio degli stemmi araldici indossavano costumi pittoreschi, che si sono poco modificati attraverso i secoli: grandi giubbe ricamate in oro su fondo scarlatto con leoni ruggenti e rampanti e vari altri simboli nobiliari. Portavano le catene e le insegne dei più eccèllenti ordini cavallereschi. A questo costume si è aggiunta, nel corso dei secoli, una feluca settecentesca ornata di bianche piume di struzzo. Quando le lancette dell'orologio della bassa torre del palazzo di San Giacomo giunsero alle 11 in punto, la compagnia dei granatieri che era schierata nel cortiletto detto «dei frati» scattò sull'attenti. Vestiti con le giacche blu e gli altissimi kepi di pelle d'orso bruno, i granatieri della regina erano incredibilmente immobili come soldatini di piombo (ve ne è una raccolta stupenda nel Palazzo reale). Poi 4 trombettieri della guardia del sovrano coi berretti da caccia medioevali di velluto nero e le giacche b\anche ricamate in orò con lo stemma del re ora defunto e le trombe d'argento uscirono sui piccoli spalti del palazzotto. Non vi è porta che dia su questi spalti e tradizionalmente il passaggio viene creato attraverso una grande finestra. L'antico e II moderno Seguivano questi trombane ri i < cinque capi araldi del Collegio degli Stemmi » con al centro l'araldo dell'ordine della Giarrettiera, Sir George Bellcw, che portava in mano una grossa pergamena ornata da itti vistoso stemma di Corte in blu scur. . Quasi a marcare quel continuo contrasto fra l'antico e il moderno, che ti incontra infallibilmente in queste cerimonie regali, egli portava occhiali con una pedante montatura in tartaruga In quella cornice pittorescamente antica, dinanzi a due microfoni « a un imponente schieramento di macchine da presa cinematografiche e del le telescriventi, egli lesse il proclama. rstcurtnpsauzlrQnWmlagcdtctlctdeeg Centoquindici anni fa, durante una cerimonia identica, su questi spalti comparve dietro agli araldi una regina diciottenne e la folla scoppiò in un scroscio di applausi: era la regina Vittoria che saliva al trono. Ma da allora il cerimoniale proibisce ai sovrani di presentarsi in pubblico in questa occasione. Edoardo Vili assistè a questo proclama da una delle finestre del palazzo, assieme a colei per la quale doveva più tardi rinunciare al trono, Wally Simpson. Questa volta,'dietro quella finestrella si vedevano i volti di Winsfon Churchill e di sua moglie. Lui con un'alta tuba lucidissima in testa e l'abito a code da cerimonia, la moglie, dai capelli di argento lucido, senza cappello. La piazzetta, di poche decine di metri quadrati, era completamente sgombra, salvo la compagnia schierata sull'attenti. In alto, sulle terrazze dell'ala settentrionale dell'edificio, ministri e personalità battevano i piedi per il vento freddo che veniva da occidente. Un sorriso nel lutto D'un tratto, mentre l'araldo ebbe richiusa la pergamena ed ebbe gridato <Dio salvi la regina», su tutti i tetti, che una leggerissima nevicata aveva imbiancato durante la notte, le bandiere salirono da mezza asta in cima ai pennoni. Le trombe delle guardie del sovrano squillarono di nuovo e la banda dei granatieri intonò l'inno reale: il primo inno suonato per la nuova regina. Le bandiere dei reggimenti, in ogni parte del Regno Unito e del Commonwealth, in quel momento si inchinarono fino a terra. Il fiocco nero per il lutto di Giorgio VI non era stato tolto. Fu questo un breve momento di sorriso lieto in un Paese dove i segni del cordoglio sono universali. Pochi sono gli inglesi che in questi giorni vanno in giro per la città senza la cravatta nera, poche le signore che non indossano un abito od un soprabito o un cappello nero. La cerimonia della proclamazione della nuova regina dagli spalti di palazzo di San Giacomo è, secondo la tradizione di stato britannica, come una scintilla che mette in moto tutta una serie di fuochi artificiali: vi sono centinaia e centinaia di luoghi designati, in queste isole e in tutte le altre terre sotto la stessa corona, in ogni parte del mondo, dove quel proclama deve essere ripetuto per i notabili del posto e per il popolo con un cerimoniale altrettanto pittoresco anche se meno smagliante di quello della Corte londinese. In ogni capitale del Commonwealth, in ogni città che sia sede di un governatore, in ogni borgo, paese o villaggio quel proclama che annuncia ai sudditi l'avvento di un nuovo sovrano viene letto ad alta voce. Qui a Londra i luoghi designati, all'infuori della Corte di San Giacomo, sono quattro: Charing Cross, accanto a Trafalgar Square, che è il centro dell'immensa metropoli; nella City, che come ognun sa è un qualche cosa d'indipendente perfino dalla Corte; ed infine alla Torre di Londra. Come una stampa antica Terminata la cerimonia alla Corte di San Giacomo perciò gli araldi del Regno partirono in corteo per rileggere (un araldo diverso per ogni nuovo luogo) l'annuncio festoso. Rientrati dagli spalti nella sala del trono, gli araldi scesero nel cortile in cui i re antichi usavano accomiatare gli ambasciatori, per "prendere posto nelle berline di stato. Contemporaneamente, dopo il grido « Ufo salvi la regina » in. cento luoghi del regno le batterie di artiglieria comin- davano a sparare le salve di saluto per la nuova regina. Ieri erano state sparate .56 salve al lug"*>- ■ itmo di una al minuto. Oggi il ritmo era di un colpo ogni dieci secondi. Gli artiglieri, nei pittoreschi costumi del 1860, erano tre ad ogni pezzo, con un ginocchio a terra, in una posizione perfetta, degna di una stampa antica, sullo sfondo dei grandi alberi del parco, disposti in fila nel grande spiazzo erboso perfettamente verde. Li comandava un ufficiale nella divisa antica, che però controllava i tempi sul cronometro moderno che portava al polso. Il vento trascinava la ntiAiola del fumo bianchissimo verso il traffico ininterrotto di autobus rossi a due piani lungo Park Lane. Intanto, nel cortile di San Giacomo, il corteo composto di una guardia di corazzieri a cavallo che indossavano i pantaloni attillati di pelle bianca e le corazze scintillanti e gli elmi che scendono fin sul naso, seguiti da un'immensa automobile nera Rolls Royce e da tre berline di stato tirate ciascuna da due cavalli, si mise in movimento. Alle 11 e un quarto a Charing Cross, proprio accanto a Trafalgar Square, il proclama fu riletto, questa volta dall'araldo di Lancuster, e di. li il corteo prosegui per lo Strand e imboccò Fleet Street. Subito passati t grandi palazzi dei tribunali, ri è il confine che divide la città di Westminster dalla città di Londra. Nella City, né il sovrano nè i suoi messaggeri hanno il diritto di entrare liberamente. Attraverso la strada era stato perciò teso (da un poliziotto) un cordone di seta rossa e dinanzi a quel cordone la guardia a cavallo che precedeva il corteo si fermò. Il « maresciallo » della City si fece avanti e disse: c Chi va làt ». ti messi araldici del re — gli fu risposto — chiedono il permesso di entrare ». Attraverso la City La pergamena col proclama fu portata al Lord Mayor, il sindaco, il qiiale disse: *Io conosco il contenuto di questo documento », e concesse formalmente il permesso di entrare. Così il pittoresco corteo si avviò verso l'interno della City per rileggere, dinanzi allo Stock Exchange, la Borsa, il proclama. Nel grande crocevia dove stanno la Banca d'Inghilterra, la Borsa, il Municipio, in una delle zone più celebri e più ricche e più dense di popolazione (durante le ore di lavoro) del mondo intero, la folla era stamane strabocchevole. Decine e decine di migliaia di persone lasciavano ai cavalli e alle carrozze soltanto uno strettissimo passaggio. Le finestre, le terrazze, i tetti erano pieni — inverosimilmente pieni — di persone. Alla Torre di Londra il proclama fu letto dal governatore ai ibeefeaters» schierati. Sul petto di ciascuno di questi tradizionali guardiani della Torre si leggevano le iniziali « Giorgius Rex », mentre essi alzavano le loro tube schiacciate e gridavano tre hurrah per la nuova regina. Le bandiere sventolarono in cima ai pennoni in segno di festa per la nomina della nuova regina fino al primo pomeriggio. Poi tornarono a mezz'asta. Mentre in tutto il regno, co me una eco continua, il prò clama veniva ripetuto — a Cardiff, a Glasgow, a Edimburgo, a Liverpool, a Manchester, a York e a Windsor —, la regina, che indossava abiti ncbamnr—sSc| innimiiiiiii iiuiimiiiiimiimimiiiiiiimi neri da lutto — cappello a zuc chetto di « velour » nero con bordi di velluto e pelliccia di agnellino di Perniai nella famiglia reale britannica le donne non portano mai abiti neri, se non per il lutto stretto) — viaggiava in macchina assieme al marito da Londra a Sandringham, una distanza di circa 230 chilometri. Riccardo Aragno ntlllllMIIIIIIIIIIIMIIIIIIlItllllllfIflIllllIlllllllllIIIII La regina Elisabetta lascia la sua residenza londinese di Clarence House per recarsi al castello di Sandringham ove giace la salma del padre Giorgio VI. (Telefoto) tllllllllllllIflIIIIItlllllltllllllllTIIIlllllllIllllllllllIIIIIIIII IIIIIIIIIIIII IlltMIIMIIIIItllillltlllMIIIIIIIlllIlll1llllillTIIIIirfMllllliltllIlltll1TI»a