L'allucinante mistero di 44 giorni d'agonia

L'allucinante mistero di 44 giorni d'agonia LA MORTE DELLA SERVETTA DI BUSTO L'allucinante mistero di 44 giorni d'agonia La giovane fu narcotizzata? - La figura del vecchio Candiani due volte vedovo e ormai nonno (Dal nostro inviato speciale) Busto Arsìzio, 13 novembre. Il tragico enigma che avvolge la morte della bionda cameriera ventunenne Silvia Da Pont, è forse prossimo ad essere sciolto. Il capitano Angelo Mongelli, comandante la locale stazione dei carabinieri, conduce personalmente le indagini ed è deciso di andare fino in fondo. La confessione E' già riuscito a strappare la cuniessione al settantenne Carlo Candiani, il ricco commerciante bustese, sul quale si erano puntati iin dal primo momento i suoi sospetti. Il vecchio Candiani si è cioè dichiarato autore della morte della domestica, ma non ha voluto precisare come. Non è ancora stato rivelato quindi il lato più sensazionale della allucinante avventura di cui fu vittima la bella veneta, perchè il più fosco mistero aleggia su un interrogativo; che cosa è avvenuto dal 7 settembre scorso — data della scomparsa della giovane — al 28 ottobre — data in cui, dopo una inspiegabile segregazione, la giovane morì? Il solaio, la lavanderia, e la carbonaia della villetta di via Galileo Galilei n. 8, dove Silvia Da Pont era occupata, come cameriera della famiglia Nimmo, sono i luoghi della terribile prigionia e tra le mura dei quali Silvia si è spenta. In uno di questi luoghi, cioè la carbonaia, alle 8 del mattino del 28 ottobre, la signora Nimmo faceva il macabro rinvenimento del cadavere di Silvia Da Pont. Cinquantadue giorni durante i quali Carlo Candiani — che non ignorava nulla, ma che anzi era stato in realtà il vero protagonista dell'ossessionante vicenda — aveva continuato a vivere indifferente, del tutto tranquillo, come se quel cadavere non lo riguardasse affatto. Quando avvenne la scoperta si attribuì la morte della Da Pont a suicidio per asfissia da gas. Si disse anche che fosse affetta da epilessia. La polizia, con a capo il dottor Vincenzo Petrucci, che dirige la questura di Busto, iniziò le prime indagini. Dopo alcuni giorni anche il capitano Mongelli Intraprese le indagini per conto proprio: esegui un sopraluogo avendo cura di farsi accompagnare — durante l'ispezione ai locali della villa — proprio dal padrone di casa, 11 vecchio Carlo Candiani, che ha compiuto da poco settantanni. Sei sono stati gli elementi che portarono il capitano Mongelli a trarre in arresto il vecchio: una fortiera metallica trovata in un angolo della carbonaia e nella quale erano contenute le feci della Da Pont; alcuni tappeti, una coperta verde, una sedia a sdraio, una vecchia cassa piena di ragnatele e polvere, la sagoma di un corpo umano disegnata fin troppo chiaramente per terra sul detriti di carbone. E furono proprio le stringenti domande del capitano Mongelli intorno alla fortiera metallica che fecero crollare le ostinate resistenze del vecchio padrone della villa, che si manteneva sulla negativa. La drammatica ispezione si era molto rapidamente conclusa, e nel suo ufficio di piazza XXV Aprile, poco dopo, davanti al Candiani, il capitano Mongelli ebbe dalla sua viva voce lo sconcertante racconto. Macabro rinvenimento gcavsdtelectdginhnnnaMlmsenvpdetslaclevrr"vvdilaselos■r! dSoMattina del 7 settembre: vista in una stanza del solaio la ragazza, il Candiani l'aveva raggiunta ed afferrata per burla alle spalle. La ragazza si era spaventata ed era svenuta. Il Candiani, impressionato, l'aveva deposta, sul pavimento, cercando di farla rinvenire. Ma invano. Tacque a tutti l'accaduto, nella speranza che Silvia si riavesse. E Sìlvia che dava qualche debole segno di vita, del quale aveva approfittato per somministrarle prima del vino bianco e poi del latte, in quello stato di « sonno » rimase fino al 20 ottobre, quando la domestica spirò. Sicuramente con fasi ossessionanti la bella friulana si avviava a una lenta agonia, durata, come si è detto, 44 giorni, consumando la propria esuberante florida giovinezza fino a ridursi, dai 70 chili del suo peso, a poco più di 40. Egli stèsso, il Candiani ne trasportò le spoglie in un angolo della carbonaia, coprendole sotto un ramo di pino che la famiglia Nimmo aveva usato lo scorso anno per albero dì Natale, e dove avvenne, per opera della signora Nimmo, 11 macabro rinvenimento otto giorni più tardi. Ieri il Candiani è stato condotto dal capitano Mongelli nella villetta per un altro sopraluogo, durante il quale ha ripetuto lo stesso racconto anche al Procuratore della Repubblica. Ma non ha voluto dire per quali ragioni dopo che Silvia Da Pont non riusciva in ogni modo a vincere l'incredibile stato di letargo In cui era sprofondata, non abbia sentito il semplice impulso di chiedere per lei aiuto, avvertendo qualcuno, e soprattutto di togliere, da quella spaventosa segrega zione, la giovane domestica. E non abbia sentito questo impulso neppure dopo la prima la seconda, la terza, la quarta, la quinta e la sesta settimana, lasciando morire la ragazza in maniera tanto incredibile. E' stato accertato che il Can diar.l è una specie di maniaco dei farmachi e delle medicine. Sostiene di essersi guarito con un medicamento di Bua invenzione, dal diabete. In un ere denzino del suo appartamento sono stati sequestrati infatti diversi flaconi di sostanze me dicinali e chimiche. Tutto ciò è stato preso in consegna dal periti della Polizia scientifica, mentre il perito prof. Cavallazzi, dell'Istituto di Medicina le gale di Milano, che ha stabilito come Silvia Da Pont non sia affatto Ntprsmmi—cntmsqmtlstruencsgprIlczirdpI•7lpiidsnspmidqespclpmorta per asfissia da gas, è incaricato dell'esame necroscopico e tossicologico, per accertare se nei visceri della vittima vi siano tracce dì sostanze tossiche e se il < sonno > di Silvia Da Pont, durato in tutto più di mille ore, debba essere attribuito a una forma letargico-catalettica o di nar colessi. Da parte sua, incuran te delle iperboliche fantasie della gente, il capitano Mon gelll continua le indagini e gli interrogatori dell'accusato. Egli ha già potuto definire la personalità della Da Pont, giovane normalissima, appena ventunenne, sana e forte. Era nata appunto 21 anni fa a Cesio Maggiore, in provincia di Bel luno, ed è da escludere nella maniera più completa che fos se un temperamento frivolo: era bella, forse anche affasci nante, ma nella sua giovane vita non figurano trascorsi che possano infirmare la sua con dotta e la sua moralità. Dolce e anche leggiadra, non era certamente la biblica Susanna, sconvolgitrice dei vecchioni, nè la sua avvenenza può avere in coraggiato, in qualche modo, le possibili tempeste senili del vecchio Carlo Candiani, la se rietà di Silvia, essendo rassicu rante sotto ogni aspetto. "E' stata una martire...,, Tutto ormai è chiaro nella vita della giovane; nulla invece è ancora chiaro in quella del Candiani. Le indagini che il capitano Mongelli vuole ora approfondire sono appunto destinate a fare luce sul passato e sul carattere di questo Carlo Candiani. Egli tiene nascosta in una carbonaia, sdraiata ■■iitiiitiiiiiitiiifiiiiiiiiiitiiiiiiiiiMiiiiuiiiiifiiiif su una chaise-longue e successivamente chiusa in una grande cassa forata perchè potesse respirare, la Da Pont, complessivamente per 44 giorni, senza che la prigioniera potesse emettere un grido, tentare un gesto di ribellione, in una mortale e spaventosa immobilità, alla quale non poteva succedere che una inesorabile consunzione, e quindi la più inumana delle agonie. Chi è quest'uomo? A sentire la gente di qui una delle persone più miti, più rispettabili della città: la sua è imparentata con le migliori famiglie lombarde, da tutti riverito, da molti stimato e persino amato. Ha avuto dei figli e da questi anche dei nipotini. Nessuno qui ha 11 più tenue motivo per dubitare della sua dirittura morale. E ora, quest'uomo, si trova al centro di una delle più misteriose e allucinanti vicende. Non si conoscono le cause per le quali le due mogli di cui è rimasto vedovo siano decedute. Una certezza assoluta guida Ir indagini del capitano Mongelli e questa certezza si esprime con una frase: «Silvia Da Pont è stata una vera martire... >. Egli non ha voluto dire di più, ha soltanto soggiunto: < Ho i miei motivi per affermarlo >. Non si esclude quindi che questa diabolica faccenda possa avere nei prossimi giorni gli sviluppi la sensazlonalità dei quali — pensando alla illibatezza di cui si è sempre ammantata la personalità del Candiani — nessuno vorrebbe ammettere. L. Cavìcchioli iiiiiiiMiiiiiiiiiiiitiiiiiitiiiititiiiiiiiiiiitiiiiiiiiMii

Luoghi citati: Cesio, Milano