Una lezione sul "cafard" al processo di Bologna

Una lezione sul "cafard" al processo di Bologna Una lezione sul "cafard" al processo di Bologna Patologia orientale: l'ora più pericolosa è quella del mattino, ci si può anche ammazzare - Ettore Grande sarebbe oggi almeno ministro plenipotenziario - La favorevole deposizione di un padre domenicano (Dal nostro inviato speciale) • Bologna, 13 novembre. Dopo, l'Amok, ecco entrare in aula il Cafard. Non poteva mancare allo scenario esotico questo elemento essenziale. Tutto l'Oriente con le sue varie patologie, si sta presentando alla ribalta del processo. Se qualcuno aveva dimenticato Salgari e Loti e Morand, le seducenti sensazioni di una vita romantica e pittoresca, anche se scomoda, gli vengono opportunamente rinfrescate. Del cafard ha tracciato un quadro impressionante il prof. Gaetano Boschi, incaricato di medicina legale all'Università di Ferrara e direttore . della clinica neurologica dell'Università di Modena di cui, fino a pochi mesi fa, è stato anche rettore. Egli è suocero del dott. Clemente Gandini che ebbe una parte corale nel dramma di Bangkok e che, alcuni giorni fa, rese una deposizione riveduta e attenuata. Cambiò clima per guarire — Mia figlia Onofria — dice il teste — sposò il dott. Gandini nel gennaio 1937 e, dopo un paio di mesi, si recò col marito a Bangkok. Un anno dopo, mia moglie la raggiunse e la trovò così deperita che unitamente al marito la fece rientrare in Italia. Appena la vidi all'idroscalo di Napoli, compresi che mia figlia presentava sintomi accentuati di cafard. Mi apparve scialba, spiritualmente spenta, e questo mi confermò la perniciosità del clima di Bangkok. Il cafard, o cacoforia tropicale (l'opposto di euforia) è un male caratterizzato da uno smorzamento di ciò che si chiama gioia di vivere, ossia di quella costellazione affettiva che suole tonificare l'istinto di conservazione individuale. Nei casi gravi tale istinto di conservazione può essere soppresso, nei Paesi caldi, con manifestazioni preferibilmente mattinali. L'ammalato accusa stanchezza, irritabilità, abulia, pessimismo. Uno stato nervoso generale che ha per finale il suicidio. L'ora più pericolosa della giornata è al mattino, quando, al risveglio, si passa dal sogno alla realtà e si ha 11 massimo della lucidità. La malinconia — prosegue il teste — si differenzia abbastanza nettamente dal cafard. Essa è una psicosi che colpisce specialmente l'umore del paziente. Anche la malinconia può condurre al suicidio ma in conseguenza della cupa tristezza. Il cafard, invece, è una nevrosi per l'astenìa che produce e per l'interessamento diretto del cèntro nervoso che regola la conservazione della vita individuale. Ne deriva perciò il carattere di relativa autonomia di un eventuale stato di suicidio, che appare pertanto come insensato e 'immotivato. — Che differenza c'è — chiede il presidente — tra cafard e nevrastenia? — Il nevrastenico — risponde 11 prof. Boschi — è un soggetto operante, realizzatore, redditizio, capace di subire stimoli sociali così da poter attendere anche a funzioni elevatissime, mentre chi è colpito dal cafard è piuttosto un rinunciatario e praticamente non può accudire a mansioni che richiedono qualche sforzo. — Come era sua figlia prima che andasse a Bangkok? — Prima della partenza per il Siam e all'inizio della sua vita laggiù, la mia figliola era spigliata, gaia, vivace, desiderosa di tutte le sane attrattive della vita. Parlava correntemente inglese e francese e a Bangkok imparò in breve tempo il siamese. Desiderava dei tigli, ma poiché il clima altera anche le funzioni delle glandolo endocrine, essi non vennero. — In che cosa è consistita la terapìa per guarirla? — E' consistita massimamente nel cambiamento di clima. L'ho mandata in Svizzera e poi in montagna in Italia. Dopo tre mesi era guarita. Anche suo marito era tornato e la sua vita si era normalizzata in tutto. In pochi anni ebbe tre figli. Pure del clima di Bangkok si è occupato il teste Cavicchioni che fu ministro plenipotenziario dal 1932 al 1934, ma per dire che non gli dava fastidio, come non ne dava a sua madre che i aveva 77 anni. Egli combatteva le zanzare strofinandosi con essenza di cedrina e il gracidio dei rospi gli conciliava il sonno. Avv. Marchesini — Nel giorni scorsi ha ricevuto a Bologna una visita di omaggio di Bovo e Benedetti? Teste — Non mi hanno fatto nessuna vìsita d'omaggio. Fui io che, saputo della presenza a Bologna del console Bovo, mi recai in Corte d'Assise per salutarlo e così feci la conoscenza di Benedetti. Avv. Stoppato — A verbale. Così la Parte Civile impara ad essere Indiscreta con 1 suoi stessi testi. Marchesini — Il fatto è che Benedetti, il giorno prima della sua deposizione, è stato a pranzo a Modena insieme con Bovo e Cavicchioni. Il teste non risponde. In serata si è appreso che egli ha manifestato il proposito di scrivere al presidente una lettera per spiegargli le ragioni dell'incontro, al quale ha accennato l'avv. Marchesini. L'avv. Pier Natale Goria, lungamente chiamato dall'ufficiale giudiziario, se ne arriva in ritardo. — Un po' di fiacca, eh? — dice il presidente. — Ero andato giù un momento — risponde il teste, mortificato come uno scolaretto. E narra di un lontano episodio fra lui e Grande. Uno scatto di Grande — Alla fine del 1928 Grande mi chiese un parere circa il divorzio di una signora mediante citazione del marito a indirizzo ignoto e con procedimento da eseguirsi a Fiume con rito ungherese. Nell'aprile dell'anno successivo egli tornò per la stesura degli atti e mi chiese di riservargli sulla parcella la somma di diecimila lire a rimborso delle spese da lui sostenute; mi informò quindi che la persona in questione era la signora Guazzone Passalacqua in Scavia. Poiché ero in dimestichezza col dott. Scavia, gli risposi che non potevo compilare un atto a domicilio ignoto né fare una causa a sua insaputa. Mi impressionò anche il fatto che la signora Scavia, che egli si riprometteva di sposare, aveva 20 anni più di lui. Avv. Villabruna — Può dire qualcosa sulle condizioni finanziarie della signora? Teste — Mi risulta che avesse una rendita vitalizia di trecentomila lire l'anno. Grande insorge — E' stato dilatato enormemente un pettegolezzo. Non è vero che volessi sposare quella signora di cui a Tunisi conoscevo la vita avventurosa. A distanza di anni posso rivelare ciò che a suo tempo non potevo dire all'avv. Goria, ai quale ho dovuto simulare, con un pretesto, il mio interessamento per quella signora. In realtà io ho dovuto occuparmi di lei per ordini precisi ricevuti dai miei superiori. Tanto è vero che, a conclusione dell'episodio, ho avuto una promozione e sono stato trasferito al Consolato di Marsiglia, molto più importante di quello di Tunisi. Il dott. Ferdinando Gaudio riferisce un particolare collegato con la deposizione Berardelli. — Richiamato quale ufficiale di complemento — dice il teste — mi trovavo a Rivarolo Canavese. Una sera ero con amici in casa della signorina Plstono. Si parlava dell'arresto di Ettore Grande, che io non conoscevo, e riferii di avere in¬ teso dire di debolezze di carattere sessuale sul suo conto. Ripetei, irriflessivamente, un apprezzamento fatto da un mio conoscente. Sono addolorato di quanto è accaduto, e ritengo che egli sia innocente. Tale apprezzamento la signorina Pistono lo scrisse al fratello a Bangkok, il quale lo comunicò a Berardelli, che a sua volta lo mise in circolazione. Dei fratelli Nino e Carlo Carena, cugini di Vincenzina Virando, vengono lette le deposizioni rese a suo tempo, dalle quali risultano le note qualità di carattere e i suoi sentimenti religiosi e patriottici. Viene pure data lettura delle testimonianze del comm. Dionisio Carbonara e del dott. Renzo Bellati, i quali conobbero Grande rispettivamente ai consolati di Valona e di Charleroi, dando sul suo conto giudizi lusinghieri. Dello stesso tenore è la deposizione del prof. Enrico Enrietti, il quale fu compagno d'Università di Grande e lo considera una persona perfettamente a posto. « Partecipava a tutte le baraonde studentesche, ma a un certo punto si fermava. Era il migliore di tutti noi, per la sua saggezza ». Una carriera spezzata Che grado avrebbe oggi Ettore Grande in diplomazia se non gli fosso capitata la sciagura che lo ha fatto protagonista di questo processo? Sarebbe almeno ministro plenipotenziario. Tale è la qualifica raggirata dai colleghi che hanno m sua stessa anzianità, come è appunto per Castro Caruso, ministro plenipotenziario ali'Aja. — Ho iniziato la carriera quasi contemporaneamente a Grande — dice il teste — e fu proprio lui a darmi, al Ministero, i primi insegnamenti. Fin da allora ho potuto apprezzare le sue qualità di cuore e di mente. L'ho seguito a lungo nella carriera, perchè fui addetto per parecchi anni all'ufficio perdonale. Quando egli fu destinato a Bangkok, gli dissi che era una residenza classificata disagiatissima dalle nostre tabelle, tanto che i funzionari ricevono un aumento di 6/12 dello stipendio. Poco tempo dopo mi scrisse che avrebbe desiderato un trasferimento, perchè la moglie non sopportava il clima. Risposi che difficilmente 11 Ministero avrebbe potuto prendere in esame la sua richiesta, a causa della spesa del viaggio. Maggiore fu pertanto il mio dolore, alla notizia di quanto era accaduto. Grande — Può dare il teste i particolari del mio trasferi¬ mento da Tunisi a Marsiglia? Teste — Fu concesso come premio per l'esito di una missione dì carattere delicato. A Marsiglia ebbe infatti funzioni di grado superiore. Nell'austero saio bianco e nero dei domenicani, entra padre Enrico di Rovasenda, del convento torinese di Santa Maria delle Rose. — La mìa testimonianza — egli dice — riguarda le ripercussioni e i riflessi psicologici che il triste evento ha avuto sullo spirito di Ettore Grande. Desidero, anzitutto, dire che una persona, la quale sia incarcerata dalla giustizia sociale e incarcerata dalla sua coscienza, coglie l'occasione per evadere. Grande rifiutò la libertà che gli veniva offerta da tedeschi e partigiani, dimo strando di avere libera la coscienza. Ho riscontrato in lui una singolare costanza di affermazioni nel proclamarsi accusato senza colpa. Ieri, in quest'aula, è stato ricordato Bergson. Il grande filosofo francese è da citare anche oggi, quando egli dice che il colpevole sente il bisogno di gridare la propria colpa. Se c'è un uomo al quale una colpa possa essere gridata senza tema di essere traditi, questi è il sacerdote. Ho parlato ripetutamente con Ettore Grande. La psiche indebolita e tormentata da tanti anni di carcere non può resistere alla seduzione di comunicare a qualcuno il proprio | assillo. Grande però non ha mai fatto accenni del genere, perchè nulla egli ha da comunicare. Desidero aggiungere che 11 gesuita padre Stradoni, prima di morire, mi disse che era certo deli innocenza di Grande e mi pregò di fare quanto potevo perchè la sua innocenza venisse riconosciuta. « E1 importantissima questa prova psicologica — conclude il teste. — E' l'uomo che deve essere giudicato, quindi, è l'uomo che occorre esaminare. Io l'ho fatto. Vi porto i risultati del mio approfondito esame. Potendo evadere, egli non evade; un uomo che vede aprirsi una porta e non ne varca la soglia, è perchè non si sente prigioniero, è perchè è innocente. La precedente assoluzione dubitativa non poteva appagarlo; e per primo ricorse contro la sentenza. Infine, chi ha commesso un fallo non resiste a confessarlo a persona di sua fiducia; se non parla è perchè non ha peccato. Da questi fondamentali elementi psicologici, traggo la convinzione sicura che Ettore Grande è innocente ». Giuseppe Farad