Immagine dell'Europa

Immagine dell'Europa Immagine dell'Europa Voi che leggete vogliate immaginare per Un momento quello che sarebbe un'Europa senza più frontiere, un'Europa che appartenga a tutti noi europei, agli italiani come ai tedeschi, e ai francesi, agli inglesi, ai russi, agli spagnuoli, ai greci, ai norvegesiQuesta terra gloriosa, la più seducente, la più trasfigurata e adornata dalla mano dell'uomo, diventerebbe davvero, nel suo corrispondersi e completarsi di paesaggi naturali e spirituali, il giardino del mondo. Vorremmo darne un'immagine, saper esprimere la felicità delle sue campagne, gli uliveti d'Italia e i vigneti di Francia, le foreste di Germania e i pascoli d'Inghilterra, le betulle di Polonia e le messi delle pianure ungheresi e romene e ucraine... L'Europa dai grandi fiumi — non più umiliati a servir da frontiere ma sempre fluenti fra rive amiche — il Reno, l'Elba, il Danubio, il Nistro; e le possenti montagne — non più sbarrate ai valichi per separare i popoli dai popoli, ma ad ognun d'essi aperte come ad ogni vento — le Alpi, i Carpazi, i PireneiDolce Europa, chi non potrebbe amarla? Chi non ambirebbe' di sentirla viva e presente nel proprio spirito, dalle latomie di Siracusa ai fiordi di Narvik, dalle lande di Guascogna alle rocce di Crimea, dagli estuari della Loi'ra e del Tamigi ai golfi di Provenza e di Liguria, dagli arcipelaghi jonici ai vulcani del Tirreno, e ai laghi, alle nevi, ai ghiacci, alle lagune, alle_ rose, all'erica, agli aranci, agli infiniti prodigi compiuti dalla grazia in questo continente dove nulla appare di mostruoso, dove non vive la belva e la natura ha la calma di una dea? Vorremmo che come in Italia noi sentiamo « nostra » la Toscana anche se siamo lombardi, e « nostra » la Calabria anche se veneti o romani, cosi ogni europeo, ovunque fosse nato, sentisse che ogni regione ormai è « sua », la Stiria o la Baviera, la Scozia o la Cornovaglia, o la Bretagna, la Engadina, la Moldavia, la Volinia, la Carelia; e vorremmo che gli europei riconoscessero le loro glorie comuni a Les Baus come .a Ninfa, ad Assisi come a Canterbury, o a Chartres, e provassero una simile commozione filiale davanti a San Pietro come davanti a Santa Sofia, davanti al Cremlino, al Wawel o ai Hradcany come davanti a Casteldelmonte, a Versailles o a Schonbrunn; <s che potessero dire a Ravenna cóme'a Nimes, a Granata come a Cestochowa, a Sucevitza. a Lovanio, a Spalato, a Pomposa, a Coimbra, a San Gallo, a Leida, a Upsala: qui è nata e qui abbiamo custodito la nostra civiltà, dunque tutto ciò ci appartiene. E nelle nostre grandi città non troveremo forse la testimonianza di un genio europeo liberamente fiorito nei più mirabili aspetti, e che pure non 'ha mai tradito le comuni origini? Tutte sono « nostre », tutte sono fatte perchè possa abitarle gente come noi, nata per il piacere dell'armonia e insieme della libertà. La folla di Roma è simile a quella di Parigi, di Madrid, di Vienna, e a noi tutti è facile scoprire a Copenaghen, ad Anversa, a Stoccolma, un accento, un ritmo, una movenza che già avevamo scoperto a Venezia; e il dolore, lo smarrimento sofferti davanti ai quartieri distrutti di Torino, di Firenze, di Milano si rinnovano a, Dresda, a. Colonia, a Berlino, a Rouen, a Varsavia, a Cracovia; méntre la stessa febbre, la stessa violenza di vita ci investono a Napoli e a Marsiglia, a Genova e a Barcellona; o la stessa pace urbana e pietosa troviamo nei parchi di Londra e nei giardini di Catania, sulle colline di Praga e nei valloni di Berna. Città europee, liete di vivere, di espandersi, di contemplare, città dove genialmente.si alternano il traffico, la meditazione e lo spettacolo: ì musei e i teatri, i caffè e gli stadi, e le banche, le officine, le biblioteche, gli alberghi, in una profusione di energia e di volontà e di ingegno che nulla ignorano, nulla rifiutano, ma tutto trasformano in pietra, colore, movimento: le più belle, le più vere città dell'universo. In questa « grande patria » europea, potremmo ancora contenderci le glorie dello spirito? Sono anch'esse all'origine del nostro esistere, sono i ponti ideali che ci uniscono tutti, che ci hanno permesso di saperci fratelli anche nei giorni del furore. Vorremmo che l'europeo di Francia si sentisse fiero di Petrarca, di Goldoni, di Foscolo come l'europeo d'Italia dovrà sentirsi fiero di Ronsard, di Molière, di Vigny; e che in Inghilterra si amasse Puskin come lo si ama a Mosca, e in Russia si intendesse Keats come lo si intende a Londra; e si parlasse in Germania di Gongora e in Spagna di Hòlderlin, in Ungheria di Ibsen e in Norvegia di Petòfi... Vorremmo che ognuno in Europa potesse esclamare: «Noi abbiamo Giotto », come lo può dire oggi un toscano; e similmente per Goya o Van Dyck o Diirer, per Rossini o Beethoven o Mozart; che ad ognuno fossero congeniali Montaigne e Machiavelli, Cartesio, Campanella, Hegel, e_ tutti sentissero fraterni Swift, Kierkegaard, Stendhal, Heine, Sterne, e quegli altri principi di una intelligenza oggi più che mai necessaria come antidoto contro le superstizioni del provincialismo, le tentazioni dell'esotismo, e, sopra ogni altra cosa, le aberrazioni dell'ignoranza e della stupidità. Altri europei furono grandi: re, imperatori, ministri, condottieri, papi, riformatori; e Carlo V, Luigi XIV, Federico II, e Pietro e Caterina di Russia, e Vittoria d'Inghilterra, e Richelieu, Cromwell. Napoleone, Nelson, Disraeli, e Sisto V, e Giulio II, e Lutero, Huss, Calvino, fino a Marxfino a Bakunin... Ma non possjapio reprimere una certa esitazio¬ ne nel considerarli veri fautori di un'Europa che, sia per i tempi in cui vissero, sia per la singolare natura che li dominò, non poteva star loro a cuore come a quei poeti e filosofi e pensatori. Alcuni anzi, pur favoriti da forte animo e da acuto ingegno, di viséro o almeno separarono l'Europa anziché^ unirla, o si propo sero di dominarla con la forza, di sottometterla a una sola nazione, di disgregarla moralmente e spiritualmente; e insomma furono piuttosto provocatori di guerre o di lotte intestine che non menti preoccupate dell'avvenire: quell'avvenire che è oggi il nostro presente, e che essi non previdero quanto carico, anche per loro colpa, di sofferenze e sventure. Nulla togliamo alla sapienza politica di un Talleyrand, di un Mettermeli, di un Bismarck, o di tanti altri I consiglieri di re, principi, granduchi e arciduchi assuefatti a considerare l'Europa come un giuoco di carte dove gli stati e gli staterelli si potessero cedere o strappare a vicenda; e poiché proprio da simili consiglieri quei regnanti videro favorite le loro ambizioni e fomentate le loro tracotanze, noi oggi scontiamo le colpe tanto di un despotismn che produsse qualche bene e molto male, quanto di una cortigianeria che favorì gli astui pavidi, i remissivi anziché i generosi e gli impetuosi. Cosi a questi ultimi, ai liberatori delle loro patrie, si chiamino Mazzini o Cavour o Garibaldi, Maurocordato, Knssuth o Kosciutzko, va la nostra gratitudine: che esfurono veri europei proprio perchè, volendo l'indipendenza del loro paese, sottintesero l'indinendenza e la sovranità di tutti gli altri. Se l'immagine dell'Europa deve rimanere limpida, affidiamola dunque agli uomini che crearono una civiltà assimilabile in tutte le nazioni, una civiltà senza frontiere, priva di iattanza o di rancore. Questa Europa non tramonta, resiste alle catastrofi, vince le Fu¬ rie scatenate, disperde le Eumenidi. Come è rinato il grano nei campi sconvolti dai carri armati, e sono risorte le città crollate sotto le bombe, cosi gli uomini di aperto animo tornano alle opere e alla speranza. Questa Europa dovrà vivere. Noi vorremmo vederla fortissima e calma come l'arte, come il pensiero di coloro che scegliamo a suoi maestri e patroni. Vorremmo che, abbandonata per sempre ogni bramosìa di dominio, si proponesse al mondo come modello di saggezza, tuttavia pronta a rintuzzare ogni oltraggio, a sventare ogni disegno aggressivo, e a rifiutare il proprio aiuto a chi persegua mire insensate o sopraffanne!. « Malo mori quam foedari » : questa potrebbe ben essere la sua divisa. G. B. Angioletti IIMIIIIIUIIIIUIIIIIIItlllllllllllllllllllllllllllllllllll Il console gcnora'e Perego depone al processo (Telefoto)