Conformismo

Conformismo Conformismo H conformismo si può direilifaccia parte della personalità dell'individuo. Per lo Evi si nasce conformista, .'uomo è il più ricco di nature: egli può andare dalla mansuetudine alla ferocia, dalla pavidezza estrema all'eroismo. Il conformismo è uno stato psicologico intermedio, che bene si dipinge con la saporita frase romanesca: « tira a campa ». Non si può ancora dire una condizione immorale, ma si avvicina alla amoralità e, spesso, produce le stesse conseguenze della disonestà. Prescindo dal considerare i gravi casi occorsi, durante il fascismo, sia pure in via eccezionale, a magistrati che, per aderire, non dico alle vere e proprie minacce, si che si potesse prospettare una violenza morale non superabile che dai molto forti, ma anche alle semplici segnalazioni di più o meno eievati gerarchi, si determinavano ad archiviare denunce che, per rendere vera giustizia, non avrebbero dovuto archiviare. Prescindo, analogamente, dal considerare i casi in cui, sempre su specifiche segnalazioni, si procedeva penalmente contro per sone per fatti per i quali non si sarebbe, in via normale, proceduto, o si inseviva imi' manamente e antigiuridica mente per reati particolar mente perseguiti dalla enfatica politica fascista. In si mili ipotesi, più che di conformismo, era a parlarsi di agire disonesto. Intendo qui riferirmi alle forme meno appariscenti, meno intense, che lasciano al conformista una certa quantità di buona fede, sotto forma di opportunamente ra gionate convinzioni sulla sussistenza di serii motivi per comportarsi a quel modo. Tali forme, se, isolatamente, paiono non aver grande rile vanza, ove tendano a gene ratizzarsi portano a situa zio ni molto indesiderabili. Igor Marchevich, nel suo « Made in Italy» (tradotto in edizione italiana dalla Casa Einaudi) pone in evidenza in modo estremamente interessante quel conformismo che aveva spinto una grande quantità di Italiani alle adu nate oceaniche, a vestirsi dell'orbace e a compiacere i desideri del duce anche, se del caso, attraverso il cerchio infuocato e i pericolosi, per i maldestri, esercizi sciistici. Si trattava di un con formismo senza persuasio ne, bonario, che avviluppa va come in un velo di smorzamento la disciplina fascista, impedendo, con la passività conciliante, e con segreta ironia, condita da tante barzellette satiriche, al fascismo, di assumere quella posizione veramente seria ed implacabile che aveva assunto, pei intima differenza di carattere negli individui, in Germania, l'hitlerismo. Un certo vantaggio, dunque, era venuto all'Italia e agli Italiani, da un simile confor mismo. Ma vien fatto di chie dersi se il vantaggio non sa rebbè stato molto' maggiore se non fosse sussistito neanche cotesto conformismo attenuato. E penso, sinceramente, di dover rispondere affermativamente a cotesto quesito. Il fascismo potè giungere dove giunse, fino ad essere in grado, per la volontà di un solo uomo, di dichiarare, a un dato momento, la guerra, solo in virtù di quella parvenza di consenso che si esprimeva attraverso il conformismo delle masse. Ora il fascismo è caduto, è vero, ma il conformismo rimane in misura cospicua, sia pure sotto aspetti diversi e non facilmente riconoscibili. E' il timore riverenziale dell'inferiore verso il superiore: è il rispetto parossistico verso l'« autorità », che precludono la doverosa resistenza di quegli che avrebbe la piena possibilità, in un col dovere, di resistere. Ricordo che, qualche anno fa, in una Camera di Consiglio, io mi ero trovato ad oppormi a una opinione del Presidente: questi, poi che io mi mantenevo con molta decisione nella mia te si, raccolse i voti degli altri componenti del collegio, i quali aderirono al suo avviso. Orbene, subito dopo la Camera di Consiglio, un col lega che pure io stimavo per la sua provata onestà, mi confessò che « veramente » egli era della mia idea. Al che io risposi che « veramen te » quella dichiarazione era alquanto tardiva. La rive renza soverchia del subordinato verso il capo aveva fat to sì che l'individuo intelligente e cosciente abdicasse alla intelligenza e alla coscienza di chi rivestiva un grado superiore. Questo si gnilìcava, usando la pittore' sca espressione antifascista, « portare il cervello all'am masso » e si compendiava nell'idioto slogan: «Il duce ha sempre ragione ». Non è certo mia intenzione incitare i magistrati alla ribellione, perchè, se di ribel aterezisuririrevririgreriInggvccpvvtorzrrdtipadtfuspcbcsrssamvzilspnlavmslrtscsrttqcmdtasvacsdssSbssLp lione si trattasse, io subirei n a assai più ribellioni di quan te ne potrei io-stesso attuare, date le inverse proporzioni dei subordinati e dei superiori nei miei personali riguardi. D'altronde, l'inferiore non deve essere neppure troppo presuntuoso e deve pensare che spesso l'autorità dei più elevati in grado risiede, non nella posizione gerarchica, ma nel merito reale e nella maggior esperienza, che è maestra di vita. Intendo incoraggiare i magistrati a seguire con maggior aderenza il proprio convincimento, piuttosto che accedere, senza meditazione, al convincimento altrui, quasi per una specie di sfiducia verso se stessi e per una doverosa sottomissione all'autorevole avviso di chi sta, gerarchicamente, in una posizione superiore. E a questo punto, l'incoraggiamento potrebbe venire generalizzato, estendendosi dal campo dei magistrati a quello dei funzionari pubblici e anche, perchè no ?, al campo dei liberi cittadini. Un simile indebolimento della resistenza individuale traspare talora, anche all'infuori della influenza di un superiore, di fronte a chi sia più potente, e, anche più facilmente, di fronte alla pubblica amministrazione che, come tale, viene reputata as sai meno soggetta ad erra re, mentre, esplicandosi la sua volontà attraverso persone fisiche, essa è soggetta ad errare non meno dei comuni privati, con l'aggravante, talora, della prepoten za, contro la quale, tanto più il magistrato deve reagire, se sa rispettare il sommo principio « la legge è uguale er tutti», e se considera che la pubblica amministrazio ne che deve dare per prima l'esempio della ossequienza ai doveri giuridici e morali, Ora, la magistratura ha visto, se pure solo parzialmente, tradursi in atto quel sistema di indipendenza che la Costituzione ha ben chiaramente additato al legista tore di perseguire attraver so opportune istituzioni, pre cipua duella relativa al Consiglio Superiore, che libererebbe la Magistratura, in toto, dalla soggezione al potere esecutivo. Potrebbe essa quindi ormai permettersi anche il lusso di essere veramente indipendente, liberandosi da ogni scoria di opportunismo, grande o piccolo, e applicando sempre la legge secondo il suo personale con-, vincimento, senza delegarlo alle « istruzioni » o alle « circolari», o, comunque, alle superiori autorità. Ne deriverebbe un senso di maggior fiducia nella giustizia da parte dei cittadini : se ne avvantaggerebbe lo Stato, rafforzandosi la sua base morale e politica, e ne sarebbe elevata la funzione sacerdotale del giudice. D. R. Peretti-Griva a11!111m e 111;111111 < 1111111111111111i 1111 l 1111i111111111

Persone citate: Igor Marchevich

Luoghi citati: Germania, Italia