Jean - Jacques di Panfilo Gentile

Jean - Jacques Jean - Jacques Madame d'Epinay definì una Tolta Gian Giacomo: cun nano morale montato sui trampoli ». Da quel giorno fino ad oggi si è formata tutta una biblioteca sulla personalità morale di Gian Giacomo Rousseau e si sono moltiplicati i tentativi di riabilitazione. Ma, pur essendo stato accertato per la lamentevole storia dell'Ermitage che la bella e spirituale contessa aveva sufficienti motivi personali per non essere benevola verso l'infelice filosofo, non direi che il suo severo giudizio sia stato mai confutato in maniera persuasiva. E nemmeno quest'ultima apologia di Guéhenno (Jean-Jacques, Tornati et verité, editore Grasset) mi sembra che sia riuscita allo scopo. Lasciamo fuori questione le idee di Gian Giacomo. Si può essere amici o nemici delle sue idee. Sarebbe tanto sbagliato fare un torto all'uomo per le sue idee, quanto prendere le sue idee per giustificarlo. E quest'ultimo mi sembra il caso di Guéhenno, che pronuncia per Gian Giacomo un'assolutoria completa per il solo fatto che egli fu l'autore del «Discours sur l'inégalité» e del « Contrat social ». Quando Guéhenno scrive che niente poteva macchiare questo uomo, perchè era uno di quegli uomini di gran formato, pw i quali esiste solo la necessità del proprio perfezionamento; 0 quando aggiunge che le sue colpe non sono che aneddoti senza importanza che noi raccogliamo solo per il gusto di avvilire e di ridurre alla nostra misura degli uomini esemplari e vendicarci della loro grandezza; o sentenzia che non bisogna esigere dal genio l'osservanza delle nostre piccole regole e delle nostre piccole virtù e che il dovere supremo che annulla ed assorbe ogni altro dovere è quello di obbedire al proprio destino e di realizzarlo, sentiamo qua una rifrittura dei mediocri luoghi comuni nietzschiani con un pizzico di rimodernatura esistenzialista, che lasciamo, volentieri ai circoli decadenti d'Oltrealpe. Vero è invece che spesso la biografia e la storia intellettuale marciano separate, che l'uomo da un lato e l'artista o il filosofo dall'altro non s'accordano. Ed al più si potrà dire che un uomo commette delle buone azioni quando scrive dei buoni libri e ne commette altre pessime quando s'alza dal tavolino. Il buon Dio potrà pesare le une e le altre e vedere se e come si compensino. Noi non siamo autorizzati a tanto, e dobbiamo tenere separate le due contabilità. Lasciamo pure fuori questione le birbonate grosse di Gian Giacomo. Sono senza interesse appunto perchè troppo grosse. Gian Giacomo, senza batter ciglio, senz'ombra di rimorso manda l'uno dietro l'altro al brefotrofio i suoi cinque figli. Gian Giacomo tratta la povera Teresa per lunghi anni appena appena come un animale domestico. Lui, l'egualitario, il patrono 'ei poveri, il vendicatore delle ingiustizie sociali, si crede in diritto di ignorare e calpestare con implacabile indifferenza l'umanità di questa creatura solo per la umiltà delle sue origini e l'inferiorità della sua condizione. Vi è qualche cosa qua da discutere? Una difesa da immaginare? Una comprensione che possa essere nn perdono? Il giudizio di Madame d'Epinay vogliamo piuttosto metterlo a confronto di quello che fu il segreto profondo e permanente della personalità di Gian Giacomo ed allora sarà assai difficile contestarne la fondamentale esattezza. Il nanismo morale di Rous< seau stette nella sua impostura, nel suo arrivismo vanitoso, nei suoi risentimenti di fallito e di introverso, nelle sue suscettibili tà invidiose, nell'assenza d'ogni passione generosa, anche se da un lato una sensibilità facilmen te esaltabile e dall'altro la pole mica ideologica e sociale messa nei suoi libri potettero illudere sulle qualità del suo cuore. De buttò nella vita con un'impostura. Non vi è dubbio che quando, ragazzaccio di sedici anni, scappò da Ginevra e si indirizzò difilato verso Confignon per andare a bussare alla porta del curato De Pontverre, egli sapesse bene quel che faceva. Non era il povero fanciullo che si abbando nava incautamente alle avventure della strada maestra. Era i] bricconcello calcolatore, che, avendo saputo che nella vicina Savoia i .preti e il duca facevano incetta di anime, aveva pensato di offrirsi come catecumeno, es sendo cotesta una buona occa sione per sottrarsi agli ingrati mestieri di apprendista a Ginevra e trovare un asilo e un collo, cimento. Ragazzata, certo, la sua conversione al cattolicismo, ma ragazzata d'un piccolo maligno impostore. E chiuse la sua vita con una più solenne impostura: quella del saggio, del nuovo Diogene, quando per una supposta fedeltà alla tesi che aveva sposato fin dal c Discorso sulle arti » si era creato un personaggio e si era data una parte: egli doveva essere una specie di selvaggio di parata, l'esibizione vivente di un listema. Ma non ingannò nessuno dei contemporanei, che scoprirono il gioco e la posa. Egli avrebbe meritato l'apostrofe che Socrate aveva rivolto un giorno ad Antistene, il capostipite dei cinici: do vedo attraverso i bu¬ cnsagsmigtrttsfpfigdcepsrsalsqdssdrsvRteimagèpsldqlncnsdmol chi- del tuo mantello la tua vanità ». La psicologia di Rousseau fu soprattutto quella di un servo arrogante, di un cortigiano orgoglioso, che non seppe nè voltare sdegnosamente le spalle a un mondo di cui cercò invece tutti i favori, nè acconciarsi alle regole di quel mondo. Fu un cortigiano mancato e un mancato ribelle, perchè le sue ribellioni trovarono sempre la via delle transazioni più o meno ben dissimulate. Dove questa psicologia fu più manifesta, probabilmente per la debolezza dell'avversario, fu nella curiosa vicenda del suo impiego quale segretario del signor De Montaigu ambasciatore di Francia a Venezia. Gian Giacomo gustò con infinita delizia e senza la minima repugnanza i piaceri di una prossimità a una società aristocratica voluttuosa e riverita. Ma, approfittando che il suo signore era vecchio e sciocco, affacciò pretese di inaudita insolenza. Montaigu stesso ci ha lasciato un racconto divertente di questa storia. Rousseau pretende di avere nella gondola dell'ambasciatore un posto di precedenza sugli altri gentiluomini, sostenendo di essere, dopo l'ambasciatore, il primo in grado della missione. Quando l'ambasciatore invita a pranzo il duca di Modena, Rousseau protesta per essere stato escluso dalla tavola e per essere stato mandato a mangiare in un'altra sala con i gentiluomini del seguito. Si rifiuta di andare a raggiungere il suo signore a Padova, perchè non gli è stata accordata una carrozza privata e dovrebbe fare il viaggio sul burchiello pubblico. Quando l'ambasciatore ha qualche cosa da dettare avvengono scene di questo genere : « Rousseau — è l'ambasciatore che racconta — non trova conveniente la sedia che sta davanti alla mia scrivania, e si siede senza complimenti sulla mia poltrona; e mentre gli dettavo, se qualche volta mi fermavo nella ricerca delle parole, ordinariamente egli prendeva un libro e mi guardava con pietà ». Quando cadde nel giro di Ma- iiimmiiiiiiiiiiiiimiimimimiimiiiiiiimmii dame d'Epinay il gioco fu più sottile e misurato. Come aveva gustato i piaceri di Venezia, cosi si trovò magnificamente in quel circolo dell'Ermitage, in cui ogni tanto si trasferivano, sotto il pretesto della campagna, gli amori, gli intrighi, i balli, la musica e la conversazione della società parigina. E con la contessa De Houdetot, Rousseau recitò anche una parte da protagonista. Ma come a Venezia, il plebeo ginevrino avverti la distanza che malgrado tutto lo separava da quel mondo e non seppe viverci senza sentire il risentimento e le velleità dell'orgoglio ferito. Ponendosi come filosofo stravagante e personaggio d'eccezione cercò di superare il malessere di questa situazione ambigua e reticente. Può ammettersi che riuscì ad essere supremamente originale. Ma alla lunga il gioco non fu apprezzato. Rousseau stancò tutti. E Madame. d'Epinay vi vide acutamente una notevole miseria morale. Panfilo Gentile Una Magnani diversa da quella che II pubblico conosce, apparirà in un film di Visconti Ispirato al mondo del cinema Un soprabito per l'autunno disegnato da Jan Meredlth: In velluto a strisele grigie e nere con colletto sfuggente

Luoghi citati: Antistene, Francia, Ginevra, Modena, Padova, Venezia