Cosa hanno creato nel Chenia i Missionari della Consolata di Italo Zingarelli

Cosa hanno creato nel Chenia i Missionari della Consolata Cosa hanno creato nel Chenia i Missionari della Consolata Mezzo secolo di attività - 200 scuole con oltre 26 mila allievi - Assistenza medica e caritativa - Case, cliniche, centrale elettrica, acquedotto, opifici, tipografie - La chiesa-ossario (Dal nostro inviato speciale) Nairobi, settembre. Nel Chenia le distanze si misurano a centinaia di miglia: è cosi in tutta l'Africa, e non è diversamente in Asia. Sorrido pensando ai romani che trovano il quartiere di San Giovanni troppo lontano dal centro e ai torinesi per i quali è scomodo abitare in collina: la gente che lavora a Nairobi abita in ville e villette lontane dalle 15 alle 20 miglia e i coloni, i settlers, considerano le 150 e le 200 miglia una passeggiata. Stanno in belle case, ma l'ufficio postale più vicino è ad una quarantina di chilometri. Il medico bisogna andare ad avvertirlo con la macchina; la farmacia la si tiene a domicilio. Non c'è telefono. Comunque si vive e al vive bene, dimenticando l'Europa, Londra, Roma, presi dal mal ddrlcsammgusbqsdr7arIatmaA i 11 ■ ■ 11 m i r 111 m 11 t 1111 m 111111111111 t 1111 [ 111111 ■ i ( 111111111 dell'Africa che in larga parte deve trarre origine dal fattore « superdimensionale ». Se le distanze si calcolano in centinaia di miglia, le estensioni delle tenute si contano a migliaia di ettari, il bestiame a migliaia di capi, i domestici a diecine. Si posseggono più automobili, per più usi, dàlia caccia si ritorna stracarichi di selvaggina, si bevono non uno, ma tre o quattro bicchieri di whisky. E siccome ogni giorno la strada da percorrere è molta, di regola ci si alza fra le 6 e le 7, al più tardi alle 7,30: negli alberghi di Nairobi i camerieri vi svegliano col tè a ore Inverosimili anche se non li avete incaricati di farlo e certamente considerano un anormale chi non esce di camera assai per tempo. La mia permanenza in Africa è tutta un succedersi di levatacce fra le 4 e le 6, 111111111 m 111111 r 11111 f t 111 r 11 m f 1111111 ( r 111 r t 11 m i r i r o per prendere un aereo, o per percorrere le rituali cento e più miglia in automobile, alternando belle strade con piste. Molte strade del Chenia le hanno costruite i prigionieri di guerra italiani. Sulla strada fra Nairobi e Naivasha, hanno lasciato pure una cappella dedicata a Santa Maria degli Angeli, terminata nel '43: l'abbellisce una copia della Madonna della rosa di Bernardino Luino dovu:a a Roberto Pittori, e una dicitura suona: « Chi crede in me, anche se è morto vive ». Il Cristo in legno lo scolpi un prigioniero, i candelieri un altro. Le porte sono sempre spalancate e sempre vedi davanti alla cappella macchine ferme: i viaggiatori non sono di sicuro tutti cattolici, ma quel grazioso edificio voluto da italiani che fabbricandolo si riposavano della dura fatica del fare strade — e che ora sono lontani, lontanissimi -— lo si torna a visitare con piacere, lasciando fiori sull'altare e un obolo al custode negro. La spìnta di Torino i Altri italiani, i missionari della Consolata, hanno fatto sorgere in mezzo secolo a Nyeri — dove siamo arrivati dopo tre ore di automobile — un prodigioso centro di cui tura; chi non abbia idea di ciò che sia il lavoro di una missione cattolica venga qui, seguendo l'assegno postale col quale, se bontà lo spinge a farlo, usa versare la sua offerta. Il missionario è per i più un religioso che gira fra gl'infedeli con la croce in pugno alla maniera di Pietro l'eremita, cercando di battezzare a tutto splano, e poi si busca un colpo di lancia o di freccia, o arrostisce sopra un rogo mentre una tribù gli balla intorno: come soggetto da stampa popolare va ab bastanza bene, ma in realtà il missionario è un pioniere, che s'intende di mille cose, sa lavorare il legno e cuocere i mattoni, ordinare un ospedale e somministrare medicine, montare una tipografìa e scoprire una sorgente, quindi coltivare — a seconda del terreno — grano, caffè, erba me dica, banane o tè. La nostra comitiva è sbucata a 1800 metri d'altitudine sulla piazza, direi, d'un gran villaggio con le sue case, le sue chiese, le sue officine e le sue cliniche, e la piazza era tutta festoni e bandiere quali bian che, quali rosse e quali verdi Sullo sfondo si levava imponente la vetta del Chenia, che da 5000 metri sfida il cielo Il dlscorsetto del vescovo S. E. Cavaliere, l'ho ascoi tato come una lezione: la Consolata fondò la missione di Nyeri nel 1904, poi altre tren ta nella zona, e all'assistenza caritativa e medica accoppia l'attività scolastica. Oggi le scuole sono più di 200, gli allievi oltre 26.000, ed esistono anche 8 scuole medie per ragazzi e due per ragazze. Di cattolici se ne contano 60.000, ci sono bel seminari e conventi per indigeni e scuole normali per maestri e maestre. L'ospedale è diretto dal dott. Paolo Chloni, coadiuvato da un padre e da una dottoressa inglese, e c'è un di spensarlo. Sua Eccellenza Ca vallerò afferma che la popò lazlone locale è intelligente laboriosa e anerta alla civil tà: ha piena fiducia nell'awe nire dell'Africa e dichiara che questo continente è in mar eia... Tacendo il vescovo, gli studenti del seminario suhaill hanno intonato un coro in latino, sotto la direzione di un collega teologo; si sono poi fatti avanti un seminarista suhaill che ha salutato l'onorevole Brusasca In buon in glese (questa è nel Chenia la lingua ufficiale, d'insegnamento obbligatorio nelle scuole) e una novizia indigena che leggeva, pure in inglese, mol to intimorita dalla solennità della circostanza e evidente¬ mdlcfppacglfqeqddbpsprztldambvtCdsdnlBmfuinl a 0 a e i a a e i r i , e l e e i l n oi a a ) e à ¬ mente preoccupata di concludere per poter consegnare all'illustre signore ignoto un cestino di fiori artificiali confezionati da lei e dalle compagne. H rettore del seminario ha posto fine alla gravità della atmosfera ordinando all'orchestra un valzer, subito seguito dal « Trillo dell'usignolo ». Gli orchestrali 11 hanno formati i padri, alcuni dei quali stanno a Nyeri dal 1908; e da un bel pezzo deve stare qui la brava suora direttrice della sartoria che riattaccandomi, durante una sosta, un bottone della giacca, mi ha parlato della sua Brianza. Di si memoràbile giornata la parte che stenterò a ricostruire sarà il discorso di ringraziamento e saluto pronunziato dall'onorevole Brusasca nella sua qualità di Presidente degli amici della Consolata, avendo io dedicato tutta la mia attenzione non all'orato(e gliene chiedo scusa), bensì all'interprete Padre Cavicchi, di Bologna, il quale traduceva in kikuyu: padre Cavicchi, che risiede a Nyeri dal '38. assicura che il kikuyu sia lingua facile, e infatti traduceva senza accento petroniano ch'era una gioia sentirlo, me ad un certo istante Brusasca, pervaso da legittimo entusiasmo per le magnifiche realizzazioni dovute ad un'iniziativa piemontese, ha illustrato nel natio dialetto la necessità di correggere « Turin bógia nen » in « Turin ca bògia ». Padre Cavicchi, colto alla sprovvista, non trovava l'equivalente in kikuyu e volgeva accorato gli occhi al cielo. Infine, sospirando, ha declamato: «Reu neogo Torino esambedesia gothle na gotive koosogamia...», attirandosi generale ammirazione. « Bravo, padre, bene », gli ho detto pregandolo di trascrivermi la sonora frase; ma come se l'è cavata? « Eh, — ha fatto padre Cavicchi bolognese accarezzandosi la fronte che non era imperlata di sudore, grazie alla altitudine: — l'ho dovuta prender larga... ». « E cosa ha detto ? ». «Ho detto: Finalmente Torino si muove e non c'è chi la fermi... ». Non la fermiamo. n i r si le asi oel fiei e ao n do io l tà l na ni n al le i iin nu lusi le a aglili e, ngo Per i morti italiani Non la fermiamo, perchè Torino e ad altre generose città d'Italia si debbono i risultati qui raggiunti: le magnifiche culture, le case, la clinica per partorienti, la sala operatoria, la scuola per infermiere, l'impianto per la radiografia, il piccolo tubercolosario, la centrale elettrica, l'acquedotto, la falegnameria che fornisce mòbili di qualsiasi genere a tutte le missioni della zona e la tipografia, con personale bianco ed indigeno, in grado di assumere lavori commerciali per terzi. Le suore indigene hanno i loro dormitori, le loro cucine, i loro laboratori e il loro orto: i mezzi per il proprio sostentamento sono esse a procurarseli lavorando. Queste suore che oggi girano per i villaggi rispettate e ascoltate per fare opera di carità e di assistenza, anni fa non venivano ben capite: la gente, per quanto usa alla bigamia, si domandava come mai i missionari avessero bisogno « di tante mogli » e si preoccupava del fatto che non prendendo una ragazza marito, in famiglia ci sarebbero state meno braccia per lavorare. -E certe madri, intuita la vocazione delle ragazze, si presentavano ai missionari e alle missionarie assicurando che non si sarebbero opposte (la popolazione indigena è pagana); soltanto avrebbero voluto che prima di ritirarsi nel convento le raazze avessero messo al mon,0 un paio di figli... Ora immaginate cosa abbia significato far comprendere a gente primitiva la forza morale di una regola. A Nyeri, 1 missionari della Consolata nei prossimi mesi condurranno a termine un'altra iniziativa: quella di ordinare in una chiesa ossario le F-.lme degl'italiani morti in prigionia, in sei anni, nel Chenia, nel Tanganica e nella Uganda. La mortalità non fu fortissima, calcolandosi che su 70.000 prigionieri si siano avuti all'lncirca 800 decessi, ma le salme sono disperse in cimiteri molto lontani l'uno dall'altro. Un campo per ufficiali esisteva a Eldoret, a nord est del lago della Regina Vittoria, e da quel campo fuggi travestito da inglese il romano Orsini, che stupì tutti rimpatriando1 imbarcato sopra un nostro sommergibile; un campo stava a Ndarugu, a 17 miglia da Nairobi, uno a Bergere, uno a Londiani, uno a Gilgil, a Nyeri c'erano dei civili, c'era poi un campo a Ginja, nell'Uganda, e un altro ancora a Tabora, nel Tanganica. Monsignor Re ha già visitato i cimiteri nei quali vi sono salme da esumare. La chiesa ossario va costruita in ubbidienza alle leggi della stagione delle piogge, quindi si darà mano ai lavori iq ottobre per essere a buon puntò in febbraio: e già in febbraio le salme potranno incominciare ad affluire. Esternamente i muri della chiesa si svilupperanno secondo il disegno di una greca e nelle rientrature troveranno posto i loculi. I progetti sono pronti. Un Comitato italiano al quale il nostro console a Nairobi marchese Sanfelice ha dato tutto l'appoggio immaginabile va frattanto raccogliendo i fondi, giacché occorrono trenta milioni di lire. La generosità dei connazionali residenti nel Chenia e di italiani che dalla patria si sono fatti premura di effettuare rimesse in sterline giustifica l'ottimismo. Nel tempio di Nyeri, come ho già detto, verranno pure trasferiti, da Nairobi, i resti del duca d'Aosta e dei suoi cinquanta compagni. Italo Zingarelli

Persone citate: Bernardino Luino, Brusasca, Orsini, Paolo Chloni, Sanfelice, Vittoria