Favole e romanzo della "città maledetta,,

Favole e romanzo della "città maledetta,, Favole e romanzo della "città maledetta,, L'antico Gévaudan e famoso per la belva che ne porta il nome, la « Bete du Gévaudan », spaventoso animale che in pieno Settecento, secolo dei lumi, fece correre per l'Europa la fiaba delle sue portentose grinfie e zanne, della sua fatata e demoniaca potenza e invulnerabilità, richìpì di sè la Corte, Versailles e Parigi, e le chiacchiere di mezzo mondo, e un'infinità di stampe e di racconti popolari. E non era altro che una vecchia lupa più grossa e robusta e più astuta del solito. Luigi XV mandò il suo archibugier maggiore a darle la caccia; fu uccisa, ridotta alle sue vere proporzioni: la fiaba no, che circolò, s'ingrandì, ed è ancora notissima e forse qualche cantastorie la canta tuttavia. Convien dire che la fantasia dei « gevodanesi » fosse più straordinaria assai di quella lupa, tant'è vero che nelle Gole del Tarn, che corre, nel fondo del suo immane spacco, ricco di fresche e colorite ed uberi acque a spese degli alti pianori piovosi ed aridi, dei grandi « causses » dolomitici e carsici, tutti bucherellati, che raccolgono e imbucano le acque per riméttergliele da decine di polle e bócche e risorgive; nelle Gole del Tarn m'è parso che non ci sia rudere, casale, borgata, castello, dirupo, che non abbia la sua leggenda sacra o profana, o per lo meno un nome fantasioso. Così un giro di scogliere del Causse Méjan, si chiama addirittura la Fin del Mondo, Florac vorrebbe dire « fior dell'acque », e la Malène, villaggio delle Gole, sarebbe « buco malo ». D'altronde, i deserti pietrosi dei pianori e gli immensi affossamenti in cui quel fiume e i suoi satelliti si sono scavati il letto fra sprofondi, dirupi, pareti e rovine vertiginose e torri e slavine formidabili, destano di per se stessi le fantasie più immaginose; e si potrebbe dire che il paese strano e stupendo « simile a sè le fantasie produsse ». Non è poi lontano il luogo d'una di tali costruzioni naturali così fantasiosa, che s'è favoleggiato essere il rudere di un'antica città, la cosiddetta « Montpellier Vecchia », città maledetta e città del diavolo per quei pastori e montanari. Enimia, principessa merovingia, fidanzata dal re suo padre contro l'intenzione di consacrarsi a Cristo, per evitare le nozze riceve da Dio la lebbra; peregrina fino ad una fonte delle Gole del Tarn, vi guarisce; ma se vuol uscirne, ricade nella malattia, sacro monito, tremenda tutela. Vi si ferma, e fonda, nel paese che di lei serba il nome, un monastero di pie vergini. Allora tocca al demonio infuriare e fare ogni suo sforzo contro Enimia, non solo con inganni e tentazioni, ma diroccando le mura del convento. Enimia però non si accontenta di resistergli e di respingerlo, ma lo assale, lo mette in fuga, lo insegue, e, da santa battagliera e figlia di re guerrieri, vorrebbe co stringerlo a battaglia decisiva, e schiacciarlo per sempre. Satana fugge a salti e lanci, di precipizio in precipizio, di cresta in cresta, da una torre e da una guglia all'altra sulle voragini delle Gole del Tarn, cercando d'uscire dal la serra dei monti e del paese do ve Enimia lo perseguita invincibile. Lei se lo vede sfuggire, e, nella maggiore stretta delle Gole, gli fa con un miracolo franare di sotto i piedi la scogliera. Satana precipita in un rovinìo di sassi a valle, sul letto del fiume dove un roccione, l'enorme Roque Sourdc, gli cade addosso e lo macera e pesta ben bene. Ma come l'acqua del fiume si fa strada ancor oggi serpeggiando e imbucandosi fra le roccie di quella frana, così Satana pieno di lividi sguiscia a valle sotto l'immane sassaia, e scampa all'inferno, lasciando in pace Sant'Enimia. Quella stretta si chiama Pas de Souci, ossia Passo Sospettoso, immagino perchè è il punto più adatto agli agguati dei briganti di strada, di bosco e di riviera, e alle imposizioni ed angherie dei taglieggiatori castellani, di cui fu sempre fertilissimo il Gévaudan: « pays du Gévaudan, pays de ryrans », solevasi dire, quasi che di tiranni e prepotenti le pianu re avessero più scarsità che monti. Un prodigio di genere più profano si manifestò'a Castelbouc, i cui ruderi torreggiano ancora sopra un roccione a picco. Al tempo delle Crociate, tutti gli uomini erano andati in Terrasanta, e il paese si vuotò di maschi. Ne approfittò il castellano, unico rimasto fra tante donne sole, con tanto zelo libidinoso che si sfinì e morì di sfinimento, il ludro. In punto della sua morte, apparve sul castello, fosse il diavolo o l'anima peccaminosa, un enorme caprone, da cui il nome di Castelbecco, molti secoli appresso diroccato per ordine del Re, dato che quei castellani angariavano la valle con troppo poca discrezione, eccedendo in ruberia come l'antenato in lussuria. (1 sangue non è acqua. Nelle Gole s'incontra pure un'immagine ridente ed amena, di quando vi pervenne la RinaKenza, e le otto e tutte bellissime figliuole di Soubeyrane Alamand, castellana di Caze a specchio di un < planiol » del Tarn, furono ritratte in una sala del castello da un pittore venuto d'Italia. Erano celebrate, paganeggiando; col nome di Ninfe del Tarn. E' spesLsddczsntTamccslRldpcendMasaqgOgvmeCucsfgtcbe storia, e anch'essa, sorridendo, spar fiaba. sIntanto, maturavano le guerre re le fazioni di religione, e il pae- gse dei Causses, fra Cevenne e Linguadoca, fu lungamente rissoso e riottoso. Seguendo e riprendendo inveterati sistemi di lotta, durante il Terrore « rosso » giacobino, renitenti e controrivoluzionari vi condussero una semisotterranea guerra d'agguati e nascondigli nell' accidentatissimo terreno. Mi figuro che anche il Terrore « bianco » reazionario vi abbia fatta qualche sua prova, mentre alla Malène si mostra ancora una parete rocciosa affumicata da un incendio di rappresaglia, appiccato, dopo una fucilazione in marsa, dai soldati della Repubblica pei reprimere quella locale « vandea ». Parlano di questi vecchi ricordi le panoplie d'armi militari e popolaresche, con una mannaia, che in mani di boscaiuoli dovette essere arma terribile, che adornano una stanza dell'alberghetto della Malène, antico feudo dei Montesquieu In quell'albergo assai grazioso, arredato con vecchi mobili e suppellettili del paese, ci sono altre panoplie d'armi, africane queste; e c'è una raccolta di oggetti provenienti dall' Estremo Oriente, di fattura, se non m'in ganno, piuttosto dozzinale, prò venienti dalla manifattura e com mercio per uso di collezionisti in economia, del resto senza pretese C'è anche il trofeo di caccia di una grande pelle di tigre. Sono, come documentano le fotografie sbiadite dal tempo, i ricordi d'A frica e d'Asia, algerini e sahariani, siamesi e tonchinesi, delle guarnigioni e caccie di un capitano delle truppe coloniali francesi, il quale andando in pensione, apri alla Malène cotesto alberghetto, arredato, fra l'esotico e il locale, con molto buon gusto. Non so con quanta fortuna, perchè fra le Gole il sole d'estate è rovente, e d'inverno fa gran freddo, e dubito che i passaggi più popolosi che animano la Ma lène siano ancora quelli delle greggi di montoni transumanti, che vi passano a guado il fiume in autunno e primavera. Sta di fatto che lo stile dell'albergo e la collezione di tali ricordi locali ed esotici, rendono pur viva immagine e figura della disposizione francese alla narrativa realistica e di costume, al romanzo. E' proprio, senza parole, in oggetti e figure, il romanzo autobiografico del vecchio «caussard » e vecchio ufficiale delle colonie. E pare di riudire i suoi czbdasdrTiiiiiiiMiiiiiiiint riiiiiiin iiiiiiiiiitiiiiiii soliloqui e i racconti, le troppe sere solitarie e quelle in cui si riuniva qualche amico a sorseg giare un bicchierino o un vino caldo: ed egli riattaccava, a sazietà ed oltre, il racconto di quel bel colpo sulla tigre indocinese, dei costumi d'Africa, delle sue avventure coloniali, che dall'insieme dei trofei si direbbero modeste; ma questo appunto conferisce il suo particolar sapore al romanzo autobiografico figurativo del capitano. Intanto, fra le Gole,'il vento e le furiose e repentine piene del Tarn, avevano la voce di quando vi urlavano Satana inseguito da Sant'Enimia, e la Bestia; quando dalla natura e storia del paese strano rampollavano sogni d'epica e grandiosa fantasia favolante, nell'antico Gévaudan. Riccardo Bacchetti ■imiiimuiiiiiiiiimiiiiiiiiiuiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiim Il maestro Igor Strawinsky mentre dirige l'orchestra iMiu^^

Persone citate: Causse, Favole, Igor Strawinsky, Luigi Xv, Roque

Luoghi citati: Africa, Asia, Estremo Oriente, Europa, Italia, Linguadoca, Parigi, Versailles